Alla famiglia
dei Pieridi appartengono le farfalle che più di frequente capita di incontrare,
le cavolaie (genere Pieris) tra cui
la comunissima Pieris brassicae,
dalle ali bianco crema, ornate nella femmina da due vistose macchie nere. I
bruchi, verdognoli con macchie nerastre, sono estremamente dannosi alle
piantagioni di cavoli (Brassica oleracea).
Anche altre specie della famiglia sono assai dannose: oggi comunque anche i
Pieridi si vanno rarefacendo privando un poco alla volta città e campagne del
loro insostituibile ornamento. Certo, i bruchi arrecano notevoli danni,
infinitamente minori, tuttavia, da quelli arrecati dall’uomo.
Chi non ha mai
visto qualche rappresentante della grandissima famiglia dei Licenidi, piccole
farfalline dagli splendidi colori azzurro-cielo o oro bruno a seconda della
specie, non di rado iridescenti come i Papilio asiatici o le grandi Morpho americane. Le femmine sono in
genere alquanto più modeste, come si conviene a chi si trova a dover
trasportare un tesoro – le uova – ambito da troppi predatori perdigiorno.
Se il nostro
fosse un discorso serio e competente sui Lepidotteri, dovremmo soffermarci per
qualche centinaio di pagine sulla famiglia dei Ninfalidi, anche a volerci
limitare alle sole specie europee. Un tempo suddivisi in molte famiglie, i
Ninfalidi hanno subito un processo contrario a quello di altri gruppi: la
fusione, in una sola grande famiglia, di molte entità oggi considerate
sottofamiglie. Tra i Ninfalidi si contano, come tra i Papilionidi, numerose
specie più belle e spettacolari al mondo. Basti pensare alle già nominate Morpho sudamericane, di un abbagliante
blu elettrico (Morpho rhaetenero, Morpho
helena, Morpho menelaus ecc.) o alle Agrias,
Callicore (anche queste sudamericane) o alle Kallima asiatiche, che assomigliano in modo così impressionante a
foglie secche.
Ma anche tra le
specie nostrane molte ve ne sono di grande bellezza. Nomino per prima la Apatura iris, rarissima in Italia, ma
più frequente nell’Europa centrale. L’ho vista una volta sola, qualche tempo
fa, in Bulgaria, quando sono riuscito addirittura a prenderla mentre si stava
abbeverando a una pozzanghera. Per i pochi secondi che l’ho trattenuta tra le
dita ho provato un’intensa emozione: è una specie che ho sempre desiderato
avere, pur non essendo collezionista di farfalle, e, ora che ero riuscito a
prenderla, non potevo che lasciarla andare. Cosa che ho fatto dopo qualche
secondo, non senza imprimermi nell’animo il violetto cangiante delle sue ali.
Altro incontro
emozionante l’ho vissuto, alla fine degli anni Novanta, con il Charaxes jasius. Benché non raro come l’Apatura, non l’avevo mai visto nella
sobria veste bruna orlata di giallo e doppiamente caudata. È propria della
fauna africana, e da noi un relitto del tempo in cui il Mediterraneo era un
lago interno. E così una farfalla ci parla di storia della terra mentre altra
ci fa riflettere sul rapporto tra bellezza e funzionalità, una terza sulla
complessità del vivente. E noi ci diamo da fare per farle scomparire assieme al
pensiero che esse alimentano.
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