venerdì 20 ottobre 2017

Tratta XLV Farfalle – Papilionidi – XLV.5 – Un Pieris brassicae


Alla famiglia dei Pieridi appartengono le farfalle che più di frequente capita di incontrare, le cavolaie (genere Pieris) tra cui la comunissima Pieris brassicae, dalle ali bianco crema, ornate nella femmina da due vistose macchie nere. I bruchi, verdognoli con macchie nerastre, sono estremamente dannosi alle piantagioni di cavoli (Brassica oleracea). Anche altre specie della famiglia sono assai dannose: oggi comunque anche i Pieridi si vanno rarefacendo privando un poco alla volta città e campagne del loro insostituibile ornamento. Certo, i bruchi arrecano notevoli danni, infinitamente minori, tuttavia, da quelli arrecati dall’uomo.
Chi non ha mai visto qualche rappresentante della grandissima famiglia dei Licenidi, piccole farfalline dagli splendidi colori azzurro-cielo o oro bruno a seconda della specie, non di rado iridescenti come i Papilio asiatici o le grandi Morpho americane. Le femmine sono in genere alquanto più modeste, come si conviene a chi si trova a dover trasportare un tesoro – le uova – ambito da troppi predatori perdigiorno.
Se il nostro fosse un discorso serio e competente sui Lepidotteri, dovremmo soffermarci per qualche centinaio di pagine sulla famiglia dei Ninfalidi, anche a volerci limitare alle sole specie europee. Un tempo suddivisi in molte famiglie, i Ninfalidi hanno subito un processo contrario a quello di altri gruppi: la fusione, in una sola grande famiglia, di molte entità oggi considerate sottofamiglie. Tra i Ninfalidi si contano, come tra i Papilionidi, numerose specie più belle e spettacolari al mondo. Basti pensare alle già nominate Morpho sudamericane, di un abbagliante blu elettrico (Morpho rhaetenero, Morpho helena, Morpho menelaus ecc.) o alle Agrias, Callicore (anche queste sudamericane) o alle Kallima asiatiche, che assomigliano in modo così impressionante a foglie secche.
Ma anche tra le specie nostrane molte ve ne sono di grande bellezza. Nomino per prima la Apatura iris, rarissima in Italia, ma più frequente nell’Europa centrale. L’ho vista una volta sola, qualche tempo fa, in Bulgaria, quando sono riuscito addirittura a prenderla mentre si stava abbeverando a una pozzanghera. Per i pochi secondi che l’ho trattenuta tra le dita ho provato un’intensa emozione: è una specie che ho sempre desiderato avere, pur non essendo collezionista di farfalle, e, ora che ero riuscito a prenderla, non potevo che lasciarla andare. Cosa che ho fatto dopo qualche secondo, non senza imprimermi nell’animo il violetto cangiante delle sue ali.

Altro incontro emozionante l’ho vissuto, alla fine degli anni Novanta, con il Charaxes jasius. Benché non raro come l’Apatura, non l’avevo mai visto nella sobria veste bruna orlata di giallo e doppiamente caudata. È propria della fauna africana, e da noi un relitto del tempo in cui il Mediterraneo era un lago interno. E così una farfalla ci parla di storia della terra mentre altra ci fa riflettere sul rapporto tra bellezza e funzionalità, una terza sulla complessità del vivente. E noi ci diamo da fare per farle scomparire assieme al pensiero che esse alimentano.

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