domenica 30 novembre 2014

Tratta XXIII.6 – Tollerabilità per chi?



[Dialogante 1]  … ed è l’idolatria del progresso tecnologico, della crescita infinita.
[Dialogante 2]  È un argomento su cui siamo ritornati più volte, ben consapevoli di muoverci contro corrente, anche se non senza compagni di viaggio.
[Dialogante 1]  Il ‘progresso’ è da secoli l’ideologia dominante in Occidente e ha investito in tutti i suoi rami anche il pensiero scientifico e i suoi derivati nella pratica, appunto la tecnologia. Quale ne è il motore?
[Dialogante 2]  Possiamo nominare almeno quattro:
   un motore innato verso il ‘di più’
   un motore verso migliori condizioni di vita
    il motore della competizione e della supremazia
    il motore economico.
                     I primi tre si trovano in embrione anche nel mondo animale e forse addirittura in quello vegetale.
                     Il motore economico lo si ritiene specifico della specie umana, benché probabilmente derivato dai primi tre.
[Dialogante 1]  Tutti e quattro questi motori non sono di per sé dannosi per la nostra specie fin quando il loro rendimento non supera una certa soglia. Ora però tale soglia è superata da un pezzo e gli stessi motori lavorano per la nostra rovina.
[Dialogante 2]  Ce ne siamo accorti, ma non riusciamo a fermarli.
[Dialogante 1]  O piuttosto non vogliamo, perché i vantaggi che alcuni di noi – non certo tutti – ricavano dal loro pieno funzionamento sono nell’immediato tali da oscurare un futuro assai meno gradevole, questo sì per tutti.
[Dialogante 2]  E più si va avanti, più è difficile fermarli, questi motori, o anche solo ridurne il rendimento sotto la soglia della tollerabilità.
[Dialogante 1]  Tollerabilità per chi?
[Dialogante 2]  Per tutti coloro che da quel rendimento ricavano solo danni.

sabato 29 novembre 2014

Tratta XXIII.5 – Più figli alla patria




[Dialogante 2]  Che la Chiesa non faccia nulla per arginare la sovrappopolazione umana si può anche capire. Ma che pure i governi non solo non si pongano il problema ma talora incitino alla procreazione è politicamente irresponsabile.
[Dialogante 1]  E il singolo, l’individuo come la pensa, mediamente?
[Dialogante 2]  In genere il pensiero dell’individuo non è autonomo ma ubbidisce a quanto la religione o l’ideologia dominante gli impongono. “Più figli alla patria” si diceva in epoca fascista; e questo “più figli” voleva dire più bare anche se ogni madre sperava non toccasse al suo.
[Dialogante 1]  Una sorta di forza riequilibratrice sembra agire sotterraneamente scavalcando religioni, società e individui. Una sovrappopolazione di topi li spinge a divorarsi a vicenda. Alle periodiche invasioni di cavallette seguono anni in cui la specie muta addirittura aspetto producendo individui inadatti alla vita gregaria. Anche nella specie umana un freno culturale tende a limitare le nascite, mentre cadono alcuni tabù sessuali come la subordinazione della donna all’uomo o la condanna dell’omosessualità.
[Dialogante 2]  Ancora una volta vediamo la Chiesa impegnarsi nella repressione di ogni istanza liberatoria. Non è neppure chiaro se queste sue posizioni arciconservative le portino dei vantaggi nel consenso o alla lunga le allontanino i fedeli e perfino parte del clero.
[Dialogante 1]  C’è da supporre che in duemila anni di dominio sulle coscienze la Chiesa abbia imparato a riconoscere la via che li conviene tenere per non perdere questo suo dominio.
[Dialogante 2]  Un certo logoramento delle fedi e delle ideologie religiose si osserva tuttavia, non tanto nel venir meno del consenso, quanto nel indebolirsi dei comportamenti individuali e sociali che di quel consenso sono l’indice.
[Dialogante 1]  Non tutte le pratiche religiose sembrano però subire questo logorio, almeno da ciò che si osserva in molte parti dell’Asia.
[Dialogante 2]  C’è però un’altra idolatria, forse anche più pericolosa, che continua la sua inarrestabile avanzata…


venerdì 28 novembre 2014

Tratta XXIII.4 – "Crescete e molteplicatevi"



 [Dialogante 1]  Sarebbe bene poi che non ci dimenticassimo delle estinzioni tra i vertebrati, mammiferi, uccelli, rettili, anfibi.
[Dialogante 2]  Di queste è più difficile dimenticarsi, perché se ne parla addirittura nei notiziari televisivi.
[Dialogante 1]  Se ne parla, è vero, e si cerca anche di ovviarvi, al punto che alcune specie, fino a pochi anni fa in pericolo, oggi tornano a prosperare, come gli elefanti e i coccodrilli.
[Dialogante 2]  Mentre però altre, anche di grande utilità, come gli avvoltoi in alcuni città dell’India, sono di fatto scomparsi.
[Dialogante 1]  Ma soprattutto non è stata eliminata o almeno ridotta la causa prima di questa sparizione: la invadenza della specie umana, che, anche se non elimina più direttamente le altre specie animali, lo fa indirettamente distruggendo il loro habitat e togliendogli terreno vitale.
[Dialogante 2]  Una giovane africana, intervistata subito dopo il parto, ha dichiarato di contare almeno su altri cinque o sei figli. Appartiene a una comunità cattolica, ma non so se l’incoscienza del suo istinto alla procreazione sia da attribuirsi alla cultura di origine o alla sovraimpressione cattolica. Comunque la Chiesa non ha fatto nulla per renderla più consapevole dei propri atti.
[Dialogante 1]  La Chiesa è ferma ancora al “Crescete e moltiplicatevi”. Quel che succede poi non è affare suo. Le interessano le anime, non i corpi, e, più corpi si vedono, più anime ci sono. Ma le anime sono difficili da contare, quindi conviene contare i corpi. Più ce n’è, più aumenta la gloria del Signore.
[Dialogante 2]  È ovvio che le chiese siano interessate al numero. Il numero è il segno della loro potenza.
[Dialogante 1]  E del loro futuro. La Chiesa cattolica non fa eccezione. E per il potere vale la pena di rischiare qualche rinoceronte in meno e qualche assetato in più.

giovedì 27 novembre 2014

Tratta XXIII.3 – Normali fluttuazioni numeriche



[Ieri mio figlio Thomas mi ha portato dai Prati di Cottanello, dove era andato in gita con amici, una boccetta piuttosto piena di coleotteri, soprattutto stercorari, tra cui alcuni Copris lunaris, Pachilister inaequalis, Ontophagus sp e Aphodius sp. Erano vari anni che non ne vedevo, e già li avevo catalogati tra gli estinti. Ovviamente sbagliavo, ma non può essere che mi sbagliassi anche per altre estinzioni?]

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[Dialogante 1]  I coleotteri che ho ricevuto ieri hanno rimesso in forse le mie convinzioni sul declino degli insetti e sulle responsabilità che graverebbero su di noi.
[Dialogante 2]  Non penso che il ritrovamento di specie così comuni sposti la situazione. I sambuchi, le rose restano privi di cetonie, i mori illuminati continuano a non ospitare falene, api e vespe scarseggiano…
[Dialogante 1]  Può anche darsi che al regresso generale si sovrappongano le normali fluttuazioni numeriche della singola specie.
[Dialogante 2]  Non ci possiamo certo basare sulle sporadiche osservazioni di noi entomologi dilettanti…
[Dialogante 1]  … ma anche le osservazioni sporadiche, ripetute per anni e anni e suffragate da un buon numero di osservatori di indubbia serietà, vogliono bene dire qualcosa…
[Dialogante 2]  È possibile che la situazione sia meno catastrofica di quanto credessimo e che anche il calo numerico degli insetti rientri in una sorta di avvicendamento periodico.
[Dialogante 1]  Ritengo tuttavia improbabile che queste fluttuazioni riguardino un’intera classe zoologica.
[Dialogante 2]  Anche i dinosauri si estinsero in massa e contemporaneamente, ma lì le cause – sembra accertato – furono traumatiche per l’intero pianeta (impatto di un asteroide?)
[Dialogante 1]  E non potrebbe trattarsi anche in questo caso di un evento traumatico?
[Dialogante 2]  Quale?
[Dialogante 1]  L’impatto con la specie umana.
[Dialogante 2]  L’uomo, devastante come un asteroide?

mercoledì 26 novembre 2014

Tratta XXIII.2 – La profezia espressa…





[Dialogante 2]  Della sparizione delle api ci preoccupiamo per via del miele, della cera, della pappa reale, così utile in cosmetica. Già molto meno ci preoccupa la faccenda dell’impollinazione. Se mancano le api, provvederanno altri insetti.
[Dialogante 1]  E se venissero a mancare anche quelli? Sono anni che noi entomologi dilettanti – e, spero, anche i professionisti – lamentiamo il progressivo, vistosissimo calo della fauna entomologica in Europa.
[Dialogante 2]  Delle farfalle cosidette notturne – o ‘falene’ – ciascuno può accorgersi guardando i muri dietro le luci a casa, un tempo ricoperti di nottue, bombici e geometre, oggi le spoglie di vita, salvo qualche sparuto piralide o litosode.
[Dialogante 1]  Lo stesso vale per l’intero ordine di coleotteri: quasi introvabili le – un tempo comunissime – Cetonia, Potosia, Oxutirea, i prati fioriti del Parco Nazionale d’Abruzzo pressoché deserti. Perfino i ditteri (mosche, mosconi, tafani, non però le zanzare) in forte regresso.
[Dialogante 2]  Sembra avverarsi la profezia espressa da Rachel Carson con il libro best-seller Primavera silenziosa (1966), giudicato da buona parte dei fautori della crescita del welfare inutilmente allarmista.
[Dialogante 1]  Oggi, osservando l’attuale stato di cose, lo diremmo addirittura timido nelle accuse rivolte all’invadenza della specie umana fino al limite, e oltre, della tolleranza da parte del pianeta.
[Dialogante 2]  Di tutto questo l’uomo della strada (e, senza la passione per i coleotteri lo saremmo anche noi) sembra non rendersi conto, ben contento che diminuiscano mosche, vespe e scarafaggi…
[Dialogante 1]  … e le api? Poco male, il miele lo importeremo, poi quello che serve, dall’estero, alle candele provvede la stearina e per l’illuminazione natalizia è preferibile l’elettricità.
[Dialogante 2]  Giusto! Pensiamo le cose serie! Credo che dovrò comprarmi una macchina nuova, prima che la mia si svaluti del tutto.

martedì 25 novembre 2014

Tratta XXIII.1 – … ricondurlo a maggiore modestia



[Dialogante 1]  Ieri pomeriggio un documentario televisivo ha ripreso il tema, già più volte affrontato, della sparizione delle api. Sparizione estesa, a quanto pare, all’intero pianeta con la sola eccezione dell’area africana, abitata da una razza assai più resistente dell’ape comune.
[Dialogante 2]  Ma anche più aggressiva, il che sconsiglia di favorirne l’acclimatazione in altre regioni.
[Dialogante 1]  Non si conosce a tutt’oggi la causa di questa sparizione. L’ipotesi più probabile è un insieme di concause, tutte però in qualche modo attribuibili alla presenza umana.
[Dialogante 2]  Non sarebbe la prima volta che la moltiplicazione incontrollata di una specie ne abbia ‘soffocate’ delle altre fino a portarle all’estinzione.
[Dialogante 1]  Sì, ma la cosa non ci riguardava, o perché non c’eravamo, o perché con la specie colpita non avevamo e non abbiamo un rapporto diretto.
[Dialogante 2]  Alle api tuttavia siamo legati da millenni, addirittura da tempi preistorici per il miele, la cena, il propoli e, non da ultimo, per la funzione impollinatrice che esse svolgono con ammirevole zelo.
[Dialogante 1]  Eppure la specie che le sta portando all’estinzione è proprio la nostra.
[Dialogante 2]  Singolare dimostrazione di intelligenza da parte di un animale che dell’intelligenza ha fatto la sua bandiera per autoproclamarsi ‘re del creato’, …
[Dialogante 1]  … assecondato in questo anche da chi avrebbe dovuto ricondurlo a maggiore modestia.
[Dialogante 2]  Ma la modestia non è la virtù di chi per autoproclamarsi ‘re del creato’ ha inventato la Creazione, un Dio e se stesso come Figlio di Dio.
[Dialogante 1]  Sicché anche le api sarebbero vittime della superbia umana…
[Dialogante 2]  … come ne è vittima lui stesso…
[Dialogante 1]  … che però cerca sempre di addossare a qualcuno o qualcos’altro la colpa di ciò che reputa sua disgrazia.

sabato 22 novembre 2014

Tratta XXII.6 – Tracotante comportamento…



[Dialogante 1]  Hai appena detto che per sopravvivere dobbiamo rinunciare alla crescita. Di che cosa? Non credo del nostro cervello, che non ha probabilmente alcuna necessità di crescere, anzi potrebbe essere utile che regredisse un poco. O piuttosto, anziché regredire, basterebbe che indirizzasse altrove le sue energie.
[Dialogante 2]  Cosa intendi con ‘altrove’?
[Dialogante 1]  Non alla crescita materiale, ma alla redistribuzione più equilibrata dei suoi prodotti.
[Dialogante 2]  E pensi che questo basterebbe?
[Dialogante 1]  Forse, in una prima fase. Subito dopo o addirittura contemporaneamente, credo si dovrebbe pensare a una diversa utilizzazione del nostro ipertrofico cervello.
[Dialogante 2]  Hai qualche idea in proposito?
[Dialogante 1]  Non sono io ad averne, è il nostro stesso essere uomini che ce ne offre. Anzitutto il pensiero che è gratificante per sé, indipendentemente da ciò che produce, così come è gratificante camminare anche senza partecipare a una maratona. Poi tutte le attività che si fanno per il piacere di farle, e di farle sempre meglio, anche senza un traguardo o competizione.
[Dialogante 2]  Così si riunisce settimanalmente nel nostro Centro Metaculturale un gruppo di giovani e meno giovani per un’attività di ricerca sul disegno, volta unicamente allo studio della nostra mente entro progetti di composizione visiva. La frequenza e l’impegno dei partecipanti, nonché il loro evidente piacere dimostrano sufficienza la ricchezza anche emotiva di questi incontri.
[Dialogante 1]  Così come per anni abbiamo potuto osservare nelle esperienze di composizione musicale di base condotte con bambini di scuole primarie.
[Dialogante 2]  Probabilmente anche nelle attività finalizzate alla produzione di guadagno una buona parte di esse produce anche piacere e soddisfazione di per sé e continuerebbe a farlo anche se è guadagno calasse di molto.
[Dialogante 1]  Un poeta, un pittore, un musicista solo in seconda istanza cercano il successo e la conseguente agiatezza. Sono ben noti i casi di artisti costretti in vita all’indigenza per poi aver arricchito oltremisura gli eredi. Dico questo non per evidenziare il fatto che essi hanno comunque prodotto ricchezza monetabile, ma per dimostrare che il loro lavoro non era primariamente legato al guadagno e neppure al benessere materiale bensì a una sorta di necessità vitale.
[Dialogante 2]  Si tratta comunque di eccezioni. L’uomo comune lavora per guadagnare, per migliorare il suo stato sociale, le sue condizioni di vita.
[Dialogante 1]  Se è così, è perché la cultura glielo impone con i modelli della concorrenzialità e della crescita infinita. Dubito però che le cose stiano a questo modo.
[Dialogante 2]  In ogni caso la duttilità della specie umana le permetterebbe di conformarsi a una cultura diversamente indirizzata.
[Dialogante 1]  Se quindi d’accordo che una cultura non esclusivamente asservita al guadagno e alla crescita formerebbe una società non produttivistica, o meglio con un’altra idea di produzione da quella oggi dominante.
[Dialogante 2]  Altre culture, soprattutto orientali, non sembra abbiano avuto questa ossessione per il ‘di più’, per la crescita e il progresso. Tutt’al più accettavano la disparità delle caste, ciascuna delle quali sostanzialmente immobile nel suo status sociale. Forse il solo Occidente si è lanciato con tanta determinazione oltre le colonne d’Ercole.
[Dialogante 1]  Oggi però, tutto o quasi il genere umano sembra essersi lanciato oltre le frontiere dell’ecologicamente compatibile. Non per nulla la parola ‘sfida’ è tra le più usate nel mondo imprenditoriale e perfino in quello delle scienze.
[Dialogante 2]  … Più che alla sfida, credo che dovremmo dedicarci seriamente a un accordo pacifico tra di noi e tra noi e il nostro pianeta.
[Dialogante 1]  Non dovremmo dimenticarci che non è il pianeta ad appartenerci ma noi a lui.
[Dialogante 2]  I Greci avevano un bel termine per designare il comportamento tracotante degli uomini nei confronti della divinità: hybris. E gli dei rispondevano con la nemesi. Attenta, umanità!

venerdì 21 novembre 2014

Tratta XXII.5 – Idoneità alla sopravvivenza?



[Dialogante 2]  Idoneità alla sopravvivenza: possiamo misurarla e come?
[Dialogante 1]  Non certo dal numero di individui di una certa spezie conviventi in un certo tempo sul nostro pianeta. I più idonei risulteremmo noi – insetti e microrganismi esclusi – …
[Dialogante 2]  … mentre siamo i più in pericolo di estinzione…
[Dialogante 1]  … non però per intima debolezza della specie…
[Dialogante 2]  … bensì per cattiva gestione di noi stessi e dell’ambiente in cui viviamo.
[Dialogante 1]  Ma questa cattiva gestione non è essa stessa sintomo di debolezza, di inidoneità alla vita?
[Dialogante 2]  E a chi se deve questa inidoneità?
[Dialogante 1]  Da una qualche malformazione genetica che in un primo tempo offre direi vantaggi, poi però risulta letale.
[Dialogante 2]  E quale potrebbe essere questa malformazione?
[Dialogante 1]  L’ipertrofia del cervello.
[Dialogante 2]  E non ci sono rimedi?
[Dialogante 1]  Dirottarne l’uso.
[Dialogante 2]  Che vuoi dire?
[Dialogante 1]  Finora il nostro ipertrofico cervello ha indirizzato la sua iperattività alla crescita di tutto ciò con cui veniva a contatto: crescita della conoscenza, del sapere; crescita della nostra presenza sul pianeta, crescita della produzione, della ricchezza, del guadagno, del welfare
[Dialogante 2]  …nel contempo però anche crescita della povertà, della miseria, della fame…
[Dialogante 1]  Non si può riequilibrare un po’ la situazione?
[Dialogante 2]  Certo, rinunciando…
[Dialogante 1]  … al nostro cervello?
[Dialogante 2]  No, alla crescita.