[Dialogante 1] Cambiamolo, certo,
ma solo per la parte che concerne l’infausto personaggio insistiamo però ancora
per un poco nel domandarci – come anche molti stranieri ci domandano – come è
possibile che un popolo di antica civiltà e di grande tradizione nel campo del
pensiero e dell’arte sia stato abbindolato da un uomo di così scarso spessore
culturale e umano.
[Dialogante 2] I meccanismi
di captazione del consenso sono chiaramente altri da quelli che usiamo per
valutare popoli e culture. La Germania nazionalsocialista era la stessa di
quella classico-romantica del Sette-Ottocento? Evidentemente ne era la
conseguenza, piaccia o non piaccia. Non sono i grandi nomi affari di un popolo
quello che, o forse quegli stessi nomi non si riflettono nel popolo che
riassume a portavoce, o ancora la loro appartenenza a quel popolo e del tutto casuale
e non significativa, o infine la loro ‘grandezza’ richiede un’adeguata
compensazione in termini di ‘stupidità collettiva’. In ogni caso quest’ultima
non manca di rifarsi a danno dell’immagine di tutti, ‘grandi’ compresi.
[Dialogante 1] Proprio per
limitare questi danni non è possibile arginare la stupidità là dove si trova,
praticamente dappertutto?
[Dialogante 2] Scusa, ma
non eravamo proprio noi due a negare la stupidità dei nostri simili?
[Dialogante 1] Sì, ma la
stupidità ‘primaria’, in quanto abbiamo tutti un cervello conformato suppergiù
allo stesso modo e provvisto della stessa capacità. Non abbiamo mai negato una
‘stupidità secondaria’, prodotta dalla cultura ideologizzata.
[Dialogante 2] Eppure delle
culture abbiamo bisogno, se non altro per riconoscerci in quanto umani. E ora
veniamo a scoprire che ci istupidisce.
[Dialogante 1] Non è una
scoperta di oggi, l’abbiamo sempre saputo, ma abbiamo lasciato che
l’istupidimento riguardasse la massa’, riservando a pochi singoli una relativa
immunità…
[Dialogante 2] … anche
perché questa immunità è faticosa e non di rado pericoloso da raggiungere e da
mantenere.
[Dialogante 1] Ma non è
pensabile una cultura che non istupidisca, che lasci libero il pensiero di
riflettere su se stesso e su ciò che lo sta momentaneamente occupando?
[Dialogante 2] Non mi sento
di escluderlo, ma l’effetto che la cultura ha su di noi o forse dovrei dire il
nostro modo di accoglierla e di reagire ad essa è al tal punto complesso che è
quasi impossibile separare il grano dal loglio anche perché non è univocamente
chiuso quale sia l’uno e quale l’altro, e ci potrebbe essere chi preferisce il
loglio al grano.
[Dialogante 1] Hai ragione,
non è neppure detto che ciò che oggi ci appare stupido, domani non ci mostri
tratti di insospettate intelligenza.
[Dialogante 2] Quindi il
nostro giudizio potrebbe anche cambiare radicalmente, come tante volte è
accaduto nel caso delle arti, inizialmente incomprese nella loro novità, poi
spesso sovrastimate nel momento in cui se n’è impadronita alla moda.
[Dialogante 1] Il problema
sta probabilmente altrove: nella cristallizzazione del giudizio in un senso o
nell’altro, laddove sarebbe forse meglio lasciarlo fluttuare nella
contraddittorietà.
[Dialogante 2] Una tesi che
pochi approverebbero perché finisce per svalutare irrimediabilmente sia
l’oggetto giudicato – o da giudicare – sia il giudizio stesso.
[Dialogante 1] Sì, se
compito del giudizio fosse di attribuire o sottrarre valore alle cose.
[Dialogante 2] E quale
altro potrebbe essere allora il suo compito?
[Dialogante 1] Quello di
‘collocare’ gli oggetti nel posto che gli compete.
[Dialogante 2] E come
facciamo a sapere qual’è questo posto?
[Dialogante 1] Provando e
riprovando, infine scegliendo il posto che meglio rende funzionale l’oggetto al
posto individuato e quest’ultimo alle caratteristiche dell’oggetto.
[Dialogante 2] Indicazioni
piuttosto vaghe che finiscono per giustificare tutto e tutti.
[Dialogante 1] In un mondo effettivamente
‘delle pari opportunità’ non sarebbe poi tanto male se tutto, cose, pensieri e
azioni avessero una loro ragione d’essere.
[Dialogante 2] Utopia forse
non troppo lontana dall’istupidimento ideologico di cui abbiamo parlato.
[Dialogante 1] D’accordo,
ma talvolta anche l’ideologia può illuminare un tratto di strada.