sabato 24 settembre 2016

Tratta XLI.2 – … talvolta anche l’ideologia può illuminare un tratto di strada.


[Dialogante 1]  Cambiamolo, certo, ma solo per la parte che concerne l’infausto personaggio insistiamo però ancora per un poco nel domandarci – come anche molti stranieri ci domandano – come è possibile che un popolo di antica civiltà e di grande tradizione nel campo del pensiero e dell’arte sia stato abbindolato da un uomo di così scarso spessore culturale e umano.
[Dialogante 2]  I meccanismi di captazione del consenso sono chiaramente altri da quelli che usiamo per valutare popoli e culture. La Germania nazionalsocialista era la stessa di quella classico-romantica del Sette-Ottocento? Evidentemente ne era la conseguenza, piaccia o non piaccia. Non sono i grandi nomi affari di un popolo quello che, o forse quegli stessi nomi non si riflettono nel popolo che riassume a portavoce, o ancora la loro appartenenza a quel popolo e del tutto casuale e non significativa, o infine la loro ‘grandezza’ richiede un’adeguata compensazione in termini di ‘stupidità collettiva’. In ogni caso quest’ultima non manca di rifarsi a danno dell’immagine di tutti, ‘grandi’ compresi.
[Dialogante 1]  Proprio per limitare questi danni non è possibile arginare la stupidità là dove si trova, praticamente dappertutto?
[Dialogante 2]  Scusa, ma non eravamo proprio noi due a negare la stupidità dei nostri simili?
[Dialogante 1]  Sì, ma la stupidità ‘primaria’, in quanto abbiamo tutti un cervello conformato suppergiù allo stesso modo e provvisto della stessa capacità. Non abbiamo mai negato una ‘stupidità secondaria’, prodotta dalla cultura ideologizzata.
[Dialogante 2]  Eppure delle culture abbiamo bisogno, se non altro per riconoscerci in quanto umani. E ora veniamo a scoprire che ci istupidisce.
[Dialogante 1]  Non è una scoperta di oggi, l’abbiamo sempre saputo, ma abbiamo lasciato che l’istupidimento riguardasse la massa’, riservando a pochi singoli una relativa immunità…
[Dialogante 2]  … anche perché questa immunità è faticosa e non di rado pericoloso da raggiungere e da mantenere.
[Dialogante 1]  Ma non è pensabile una cultura che non istupidisca, che lasci libero il pensiero di riflettere su se stesso e su ciò che lo sta momentaneamente occupando?
[Dialogante 2]  Non mi sento di escluderlo, ma l’effetto che la cultura ha su di noi o forse dovrei dire il nostro modo di accoglierla e di reagire ad essa è al tal punto complesso che è quasi impossibile separare il grano dal loglio anche perché non è univocamente chiuso quale sia l’uno e quale l’altro, e ci potrebbe essere chi preferisce il loglio al grano.
[Dialogante 1]  Hai ragione, non è neppure detto che ciò che oggi ci appare stupido, domani non ci mostri tratti di insospettate intelligenza.
[Dialogante 2]  Quindi il nostro giudizio potrebbe anche cambiare radicalmente, come tante volte è accaduto nel caso delle arti, inizialmente incomprese nella loro novità, poi spesso sovrastimate nel momento in cui se n’è impadronita alla moda.
[Dialogante 1]  Il problema sta probabilmente altrove: nella cristallizzazione del giudizio in un senso o nell’altro, laddove sarebbe forse meglio lasciarlo fluttuare nella contraddittorietà.
[Dialogante 2]  Una tesi che pochi approverebbero perché finisce per svalutare irrimediabilmente sia l’oggetto giudicato – o da giudicare – sia il giudizio stesso.
[Dialogante 1]  Sì, se compito del giudizio fosse di attribuire o sottrarre valore alle cose.
[Dialogante 2]  E quale altro potrebbe essere allora il suo compito?
[Dialogante 1]  Quello di ‘collocare’ gli oggetti nel posto che gli compete.
[Dialogante 2]  E come facciamo a sapere qual’è questo posto?
[Dialogante 1]  Provando e riprovando, infine scegliendo il posto che meglio rende funzionale l’oggetto al posto individuato e quest’ultimo alle caratteristiche dell’oggetto.
[Dialogante 2]  Indicazioni piuttosto vaghe che finiscono per giustificare tutto e tutti.
[Dialogante 1]  In un mondo effettivamente ‘delle pari opportunità’ non sarebbe poi tanto male se tutto, cose, pensieri e azioni avessero una loro ragione d’essere.
[Dialogante 2]  Utopia forse non troppo lontana dall’istupidimento ideologico di cui abbiamo parlato.

[Dialogante 1]  D’accordo, ma talvolta anche l’ideologia può illuminare un tratto di strada.

venerdì 23 settembre 2016

Tratta XLI – Educazione disinteressata allo sviluppo del pensiero


[Dialogante 1]  È da molto che vediamo l’educazione disinteressata allo sviluppo del pensiero, interessata come è a indirizzarlo dove conviene ai momentanei detentori del potere.
[Dialogante 2]  Questo è stato così da sempre, indipendentemente da coloro che il potere lo gestivano.
[Dialogante 1]  Vero, ma almeno non si chiamavano Casa o Partito della Libertà.
[Dialogante 2]  Pensi anche tu che l’attuale governo (siamo in autunno 2011) non garantisce la libertà?
[Dialogante 1]  Lo spero, altrimenti devo credere a un istupidimento improvviso di tutto il popolo italiano.
[Dialogante 2]  Ma questo governo non avrebbe neppure la forza di istupidire un intero popolo come la ebbe già il fascismo o forse il solo Mussolini.
[Dialogante 1]  No, ma in alleanza con la democrazia capitalistica e populista, anche un Berlusconi è potuto riuscirci.
[Dialogante 2]  Vedo che abbiamo scarsa stima del personaggio…
[Dialogante 1]  … al punto che non staremmo qui a parlare se non fosse per l’incredibile consenso di cui ha largamente goduto senza che ci fosse il minimo appiglio per giustificarlo.
[Dialogante 2]  C’era invece, ed era la sua enorme ricchezza ottenuta con un’attività imprenditoriale apparentemente accessibile a chiunque.
[Dialogante 1]  Ecco il punto: ‘apparentemente accessibile’, ma forse bisognosa di particolari capacità per conseguire quel successo.
[Dialogante 2]  Credo che basti un forte interesse a ottenerlo, unitamente a una notevole mancanza di scrupoli e una marcata sordità per tutto il resto…
[Dialogante 1]  … sordità che è risultata evidente nel momento che Berlusconi ha perso il potere…
[Dialogante 2]  … quando un altro interesse è apparso centrale, anzi dominante, un interesse che la stessa sua ricchezza ha potuto soddisfare.
[Dialogante 1]  Mi sembra pleonastico parlarne, visto che non si parla d’altro e non solo in Italia.

[Dialogante 2]  … E allora cambiamo decisamente argomento!

venerdì 2 settembre 2016

Tratta XL.6 – … ma con la forza di un’investitura popolare…


 [Dialogante 1]  E se fosse solo questo, il danno sarebbe territorialmente limitato…
[Dialogante 2]  … vuoi dire che il ‘caso Berlusconi’ dimostra il fallimento della democrazia tout-court?
[Dialogante 1]  Non voglio arrivare a tanto, ma al fallimento di questo modello di democrazia, chiaramente sbilanciato a favore del capitale nei confronti del lavoro direi senz’altro di sì.
[Dialogante 2]  E dai tanta importanza a Berlusconi da assumerlo a prototipo di un modello, sia pur fallimentare, di democrazia?
[Dialogante 1]  Non credo sia lui il prototipo ma, come già Bush per gli Stati Uniti, un pedissequo rappresentante, sprovvisto del più elementare senso critico.
[Dialogante 2]  Il modello come tale è oggi diffuso in tutto l’Occidente e dilaga anche fuori da esso (in Giappone per esempio); ciò non toglie che dimostri quasi ovunque il suo fallimento: le crisi si susseguono alle crisi, gli scontenti aumentano in ogni paese.
[Dialogante 1]  Gli scontenti ci sono sempre, non ci si può basare su di essi per giudicare di un modello politico.
[Dialogante 2]  Sì, ma in questo caso hanno buone ragioni per esserlo: a parte i molti che perdono il lavoro, chi ancora ce l’ha, vive nella perenne incertezza di non averlo più domani.
[Dialogante 1]  È una condizione oggi comune a quasi tutti i paesi salvo in quelli dove si sta peggio. Comunque concordo nel vedere in Berlusconi un modello di ma la politica se non addirittura di indebita occupazione di una carica politica senza alcuna competenza.
[Dialogante 2]  Sì ma con la forza di un’investitura popolare…
[Dialogante 1]  … ottenuta come?
[Dialogante 2]  Con ‘libere’ elezioni.
[Dialogante 1]  Perché evidenzi ‘liberi’? Pensi forse che quelle elezioni fossero truccate?
[Dialogante 2]  … Assolutamente no! Per il semplice fatto che non c’era bisogno di truccarle.
[Dialogante 1]  … Che vuoi dire?
[Dialogante 2]  Che ad essere ‘truccato’ era il cervello degli elettori, e non da ieri. Truccato ad opera di un modello educativo disinteressato all’autonomia del pensiero.


giovedì 1 settembre 2016

Tratta XL.5 – … sbagliati di grosso…


[Dialogante 1]  Evidentemente la percezione che abbiamo di Berlusconi non è affatto omogenea e ciò che agli uni appare insopportabilmente superficiale e incompetente, altri lo vedono come un modo nuovo, più ‘libero’ di gestire la politica.
[Dialogante 2]  Da un punto di vista ‘assolutamente’ relativistico non ci sarebbe nulla da obbiettare, ma se consideriamo l’UCL in cui noi e lui ci troviamo non possiamo fare a meno di domandarci se questo modo più ‘libero’ ha una qualche probabilità di attecchire.
[Dialogante 1]  E su questo molti di noi si sono sbagliati di grosso. Io per esempio, fin dal suo primo manifestarsi, non avrei scommesso due soldi sul suo successo.
[Dialogante 2]  E non solo il successo c’è stato, ma travolto ogni resistenza, anche la più moderata, quella che il semplice buon senso giudicava ovvia e condivisibile.
[Dialogante 1]  E come te lo spieghi?
[Dialogante 2]  Con una sorta di ipnosi di massa, la stessa che esercitano i mass-media, e non è un caso che Berlusconi si sia impadronito praticamente di tutto il parco delle emittenze televisive nazionali.
[Dialogante 1]  Molti lo vedono come segno di lungimiranza politica…
[Dialogante 2]  … la stessa che avevano avuto, mezzo secolo prima, Goebbels e Mussolini stesso, un chiaro segno invece di aspirazione a un potere totalizzante.
[Dialogante 1]  E nessuno che si sia opposto?
[Dialogante 2]  È effettivamente singolare come l’arrestabile ascesa di questo novello Arturo Ui[1] non abbia incontrato una adeguata resistenza da parte dell’opposizione.
[Dialogante 1]  Come Mussolini, Hitler e Stalin, Berlusconi ha avuto dalla sua il favore della cecità popolare che n’ebbe alla vista anche ai veggenti della politica e del pensiero.
[Dialogante 2]  Ed è questa la ragione per cui a questa sestina si addica il titolo di
Silvio Berlusconi
ovvero
il fallimento della democrazia in Italia



[1]             Der aufhaltsame Aufstieg des Arturo Ui è un dramma del 1941 del drammaturgo tedesco Bertolt Brecht.

mercoledì 31 agosto 2016

Tratta XL.4 – …popolaresca, priva di sussiego…

 

[Potremmo continuare per pagine e pagine a enumerare carenze e negatività del personaggio – e che di un personaggio si tratti è difficile dubitare. Come infatti sarebbe giunto ad essere il capo del governo, ma soprattutto ad avere un tale consenso elettorale se, a fronte delle sue carenze e negatività, non avesse delle qualità che almeno l’elettore medio percepisce come positive. Vediamo.
Dicono che sia simpatico, anche se il termine è troppo generico per essere significativo. Il suo comportamento appare cordiale e disinvolto, disinibito, quasi inconsapevole del suo ruolo, il suo linguaggio semplice, da tutti comprensibile, spesso infiorato di aneddoti, battute, barzellette, non sempre – anzi, quasi mai – di buon gusto; anche la gestualità non è sempre commisurata alle situazioni, in compenso è popolaresca, priva di sussiego. Quanto ai contenuti dei suoi atti comunicativi, sono in genere tenui, problematici, compiacenti verso l’interlocutore di cui sono convinti di tradurre il pensiero, come nella sua stereotipata invettiva contro inesistenti ‘comunisti’. Elemento di forte attrattiva e la sua straordinaria ricchezza, di cui non fa mistero, che mai reclamizza, ma senza sfacciataggine, quasi che l’esser tanto ricco sia l’ovvia conseguenza del suo talento imprenditoriale. In ogni caso la sua generosità, come già detto, compensa largamente lo squilibrio economico tra lui e la maggioranza dei suoi elettori, che non provengono, come si potrebbe pensare, solo dalla borghesia medio-alta, a quelle legherebbe la comunanza di interessi, ma altresì dal ‘popolo’ che vedrebbe in lui la possibile realizzazione dei suoi ‘sogni proibiti’.
E le donne? Stando a un recente sondaggio tra le giovanissime di un liceo romano, l’ottantatré percento delle intervistate ‘ci starebbero’ per un invito ad Arcore. Se questo è il risultato – ma ho i miei dubbi – allora si spiega anche il successo della persona e l’assenso duraturo ai suoi comportamenti.

Questa assai superficiale analisi del fenomeno Berlusconi va almeno completata da un altrettanto superficiale analisi del comportamento della controparte: come è stato possibile un così tenace a una così evidente mediocrità umana e a una altrettanto evidente nullità di disegno politico?]

martedì 30 agosto 2016

Tratta XL.3 – …'modello comportamentale'…


[Dialogante 1]  E che dire degli ‘scandali berlusconiani’?
[Dialogante 2]  A dire il vero sono assai poco interessato. Anche gli aspetti ‘morali’ del suo comportamento non mi sembrano siano argomenti degni di particolare attenzione, non fosse che per il fatto che siamo costretti tutti i giorni a leggerne sui giornali, a sentirne i resoconti televisivi.
[Dialogante 1]  Però se ne occupa anche, e insistentemente, la stampa straniera.
[Dialogante 2]  Questo è effettivamente un punto su cui riflettere. Che l’Italia interessi il mondo soprattutto per questioni di escort, di spiritosaggini del nostro premier – del tutto sprovvisto, oltretutto, di senso dell’umorismo – è cosa che dovrebbe occuparci, e non tanto per la cosa in sé, ma perché vuol dire che non rappresentiamo più null’altro su cui valga la pena di soffermarsi.
[Dialogante 1]  Non credo neppure io sia la futilità degli argomenti a far occupare le colonne dei giornali o le rubriche dei notiziari televisivi. È piuttosto lo scadimento qualitativo delle nostre agenzie d’informazione a incuriosire ma anche a preoccupare il lettore straniero, consapevole del fatto che la nostra presenza – non secondaria – nell’Unione Europea potrebbe, se l’Italia non fosse più in grado di mantenere la sua posizione, essere un pericoloso fattore di instabilità per tutte le nazioni collegate.
[Dialogante 2]  E la funzione di ‘modello comportamentale’ che, volere o no, inerisce a ogni carica pubblica?
[Dialogante 1]  Non credo che questa funzione si eserciti fuori dai confini nazionali, credo però che essa sia abbastanza forte al loro interno. “Se c’è riuscito lui, o può permetterselo, non vedo perché non posso anch’io.” È un modo di pensare primitivo, che poi agisce ancora nelle nostre menti, acculturate si, ma non per contrastare questo primitivismo di comodo.

[Dialogante 2]  C’è poi il fatto principale: che nell’elenco presentato al primo paragrafo di questa sestina, Berlusconi non è più competente di te e me, né è in grado di sopperire con l’intelligenza alle sue macroscopiche incompetenze.

lunedì 29 agosto 2016

Tratta XL.2 – … dissolto il proprio lavoro…


Siccome non sono competente (non so, non capisco) delle cose di cui nella precedente lista – e in molte altre ancora – , non scriverò il predetto libro ma mi limiterò alla presente ‘tratta’, non potendo purtroppo cancellare quella percorsa dalla nostra gente dalla ‘discesa in campo’ di Berlusconi in poi. O forse dovrei antedatare la tratta a un imprecisato tempo precedente, per esempio agli anni del boom economico (anni Sessanta)? Sarebbe come chiederci quando ha avuto inizio e quando è finito il fascismo o il comunismo. La storia è punteggiata di date ma conosce solo – seppure – i percorsi (le ‘tratte’). E così ‘Berlusconi’ non è che un nome, significa però una tendenza, un modo di pensare già diffuso nella popolazione, non solo italiana. E qual è questo modo di pensare?
Quello centripeto che convoglia ogni interesse su di sé, voglio dire sulla persona che ha quell’interesse. Dicono che Berlusconi sia estremamente generoso di natura; non esito a crederlo, in quanto la generosità si dà a vedere come centrifuga mentre è il suo contrario, sempreché se lo possa permettere senza pregiudizio per la sostanza, che nel nostro caso pare che sia notevolissima.
Qui entra in gioco un mio pregiudizio che riconosco come tale, ma de cui non riesco a liberarmi, anche perché non trovo un alleato sufficientemente forte nella ragione: ritengo le persone troppo ricche (ma quando la ricchezza è troppa?) penalmente perseguibili (non dirò ‘colpevoli’ che implicherebbe un giudizio ‘morale’ in cui non voglio invischiarmi). E la ‘pena’ dovrebbe consistere nel restituire alla società almeno l’80% del patrimonio accumulato: in altre parole una ‘patrimoniale’ secca da corrispondersi in euro o in strutture produttive a compensare le diseguaglianze sociali. Si dirà che nessuno avrà più voglia di essere produttivo per poi vedere dissolto il proprio lavoro nell’anonimato sociale. Ed è qui che occorrerebbe una mutazione culturale. La produzione in quanto tale andrebbe a beneficio della società tutta (non necessariamente limitata ai confini nazionali), che dal conto suo saprebbe a chi dovere tale beneficio. Nulla di nuovo: l’opera di molti artisti, pensatori, ricercatori, scienziati è di questo tipo. Né Mozart, né Kant, né Ariosto[1] né Einstein hanno visto il loro ruolo dissolversi nell’anonimato. Ampliando l’Io fino a comprendere la natura umana e oltre, la soggettività non si perde, addirittura si rafforza[2] uscendo dalle strettoie particolaristiche per respirare un’aria di effettiva, non ideologica libertà.
Non possiamo incolpare Berlusconi di non saper uscire dalle angustie della sua persona. Tutti noi ne siamo incapaci ma evitiamo per questo di atteggiarci a salvatori della politica quando ci interessa di fatto soltanto di serbare noi stessi e ciò che riteniamo sia nostro. E su questo punto, sul concetto di proprietà dovrebbe prodursi la mutazione culturale cui ho accennato.
Ma non abbiamo già assistito a una tale mutazione, con le conseguenze che sappiamo? Forse quelle conseguenze non si debbano tanto alle riflessioni sul concetto di proprietà quanto alla non avvenuta mutazione. In tal modo le conseguenza sono tate imposte – dove è stato possibile – senza che il nuovo stile di pensiero, maturato nella angustia, non di una persona, ma di una buia biblioteca londinese, avesse ricevuto un’adeguata convalida sociale. Diffusa con la forza in una regione, pur vastissima, ma non ancora conquistata dall’ideologia del ‘progresso’, la nuovissima ideologia della ‘parità’ si offriva a tutti gli oppressi come potente strumento di riscatto sociale e al tempo stesso veniva percepita come inammissibile ostacolo sul proprio cammino. La violenza fisica del progresso ha avuto facile ragione della relativa inerzia della parificazione e si è imposta come vincitrice su tutto il pianeta. Non ha però fatto i conti col pianeta stesso e si trova oggi in una crisi che la induce a riconsiderare sotto tutt’altra luce la scontata alternativa di una pregiudiziale parificazione e pacificazione universale, da cui partire per avviare la mutazione (meta)culturale necessaria alla sopravvivenza.
Questa semplice riflessione è inaccessibile al ‘nostro’, o a tal punto contraria ai suoi interessi da fargli perfino di passare por un incapace mentale a veder messa in dubbio la sua ideologia del possesso.]



[1]             Parva sed certa mihi.
[2]             Vedi Ich hoch sechs, Parabole.

domenica 28 agosto 2016

Tratta XL.1 – Se fossi…



[Se fossi competente di economia
se fossi competente di finanza
se fossi competente di politica
se fossi competente di manageriato
se fossi competente della cosa pubblica
se fossi competente del privato
se fossi competente del commercio
se fossi competente dell’industria
se fossi competente del lavoro
se fossi competente di diritto
se fossi competente dell’organizzazione sindacale
se fossi competente dell’organizzazione statale
se fossi competente dei rapporti internazionali
se sapessi bene che cos’è una banca
se sapessi se le banche sono strutture pubbliche o private
se sapessi che cosa sono le banche centrali
se sapessi che vuol dire la ‘moneta unica’
se sapessi la differenza fra federazione e confederazione
se sapessi perché alcuni sono ricchissimi e molti poverissimi
se sapessi che vuol dire ‘democrazia’
se sapessi che vuol dire ‘Italia’,
mi piacerebbe scrivere un libro dal titolo:

Silvio Berlusconi
ovvero
il fallimento della democrazia in Italia]