martedì 27 febbraio 2018

Tratta LI.12 (La sestina ipermetra) - Una possibile lettura politica della sonata per pianoforte op. 111 di Ludwig van Beethoven


[Chiudo questa sestina, doppia più che ipermetra, e con essa le Tratte e – forse – la mia attività di compositore, di suoni prima e di parole poi, suggerendo a chi verrà dopo di me, giovani e meno giovani, alcuni spunti comparativi di cui mi sarebbe piaciuto discutere se l’udito e la mente mi avessero ancora assistito.
               Se ti chiedessero che cos’è la musica, cosa risponderesti?
               La musica impegna più la ragione o il sentimento?
               La musica della quotidianità (alias ‘musica leggera’) e la funzione formativa.
               L’Ottocento operistico italiano e il ‘gusto’ musicale odierno.
               Musica, logica, matematica.
               Musica e parola.
               Musica, movimento, danza.
               La musica classica è sempre stata ‘classica’?
               Musica e socialità.
               Musica e pensiero.
               Musica, politica, formazione.
               Musica, arte romantica per eccellenza: sarà vero?
               La musica è un linguaggio? Se sì, è un linguaggio universale?
               Esistono più lingue’ musicali? Sono tutte comprensibili?
               Beethoven e Schubert, contemporanei per un tratto di vita. Lo sono anche nel pensiero?
               La musica ha un ruolo nella vita famigliare?
               Musica e tecnologia.
               La musica ha una forma?
               Conosci la musica di Bach, di Mozart? Che vuol dire che sono dei ‘classici’?
………
Non è difficile formulare argomenti come questi. La discussione può avvenire a diversi livelli di competenza. Allo scopo che qui ci interessa, che è di attivare il pensiero, non quello di verificare delle conoscenze, non è importante il livello, ma il coinvolgimento razionale ed emotivo dei partecipanti. Si raccomandi di far precedere ogni discussione da ascolti anche ripetuti, non però da ‘spiegazioni’ di esperti.]


lunedì 26 febbraio 2018

Tratta LI.11 (La sestina ipermetra) - Una possibile lettura politica della sonata per pianoforte op. 111 di Ludwig van Beethoven


[Anche se, come appena detto tra parentesi, non sono per nulla soddisfatto della mia analisi comparata “opus 111 – politica”, vorrei segnalarla come un possibile modello per una discussione (per esempio in una classe di liceo o un corso universitario) che esca dai confini specifici, qui della musica ma in genere di qualsiasi area disciplinare, per raggiungerne altri, anche assai lontani. In favore della loro raggiungibilità parla il nostro cervello, in grado di gestire i più improbabili confronti. Certo l’impresa può facilmente sfuggire di mano e cadere in un insopportabile pressappochismo. Non sono neppure certo di non esservi caduto anch’io nel mio temerario accostamento. Comunque, fin quando il discorso non pretende di istituire delle verità e si limita a una discussione accademica, non vedo perché la si dovrebbe evitare in nome di una ghettizzazione disciplinare che non è presumibilmente dell’oggetto in sé ma solo in chi lo guarda. Occorre naturalmente un buon autocontrollo per non far scadere il discorso in un vuoto chiacchiericcio di superficie, ma, perché ciò non accada, all’autocontrollo è bene si affianchi l’attenzione del docente.
La domanda ora è: sono preparati i nostri docenti a una funzione di questo genere e per ogni possibile coppia di argomenti che si presenti in una classe?
Naturalmente no, se si vuole che il discorso si mantenga a un accettabile livello specifico. Altrimenti, se il livello richiesto e – rispetto agli argomenti – ‘di base’, fondato cioè sulla competenza comune o su quella mediamente acquisita durante gli studi. Lo scopo di queste conversazioni di base non è tanto quello di esibire la propria preparazione né di rispondere a un determinato livello di competenza. Nel caso della musica ma ormai anche di molte altre discipline pur presenti nei curricula scolastici questi concetti sono notoriamente piuttosto bassi, e ciò che conviene incentivare non è tanto il ‘sapere’, l’accumulo delle conoscenze, quanto il ‘pensare’, l’utilizzo di queste nozioni nelle situazioni concrete. L’indirizzo che si vorrebbe seguito anche nello studio della musica è quello descritto in un piccolo saggio del 2002 intitolato Dal sapere al pensare[1]. Il presente scritto sull’op. 111 e la politica può tra servire da traccia, nonostante il peso, forse eccessivo, della specifica competenza di un ex-compositore.]



[1]    Vedi [11] Dal sapere al pensare, nel Volume IV – Riflessioni sociopolitiche delle Indagini metaculturali.

domenica 25 febbraio 2018

Tratta LI.10 (La sestina ipermetra) - Una possibile lettura politica della sonata per pianoforte op. 111 di Ludwig van Beethoven


[Mi rendo conto di aver condotto questo parallelo tra l’op. 111 e la politica in maniera confusa e inconcludente mentre all’inizio – prima cioè di cominciare a lavorarci – mi era sembrato oltremodo chiaro e convincente. La cosa non è nuova, anzi da qualche anno è diventata di tutta normalità: che una visione nettissima mi si intorbidi col passare dei giorni fino a trasformarsi in un guazzabuglio senza né capo né coda. Non dovrei far passare i giorni e cogliere l’immagine al suo primo presentarsi. Non sono però ha affatto sicuro che quella prima chiarezza non sia un inganno della mente obnubilata dall’età così come la grafia sia fatta piccola e indistinta, tanto che in genere non ce la faccio neppure a rileggere ciò che ho scritto o, messo pure che ci riesca, spesso non lo capisco più. Qualcuno dirà, e con ragione, “perché non lasci perdere: quello che avevi da dire l’ha detto, ora non puoi che confondere la mente anche agli eventuali lettori.”Eppure mi intestardisco a continuare. Perché?
Per riempire ancora i giorni che mi rimangono (frase insulsa perché priva di un oggetto definito: quanti sono questi giorni?). O forse per dare testimonianza di un pensiero che, spegnendosi, perde di incisività, si fa inutilmente ripetitivo e consapevolmente insignificante…
Alt! Potrebbe essere insignificante e inutile per me e per chi vi cercasse un significato e un’utilità in ciò che dice. Ma non per chi vi cercasse il modo di dirlo, l’espressione, soprattutto se confrontata con i modi di ieri, quando ero ancora – relativamente – padrone del mio pensiero, o lui di me… Forse qualcuno – uno psicologo, un psicoanalista – potrebbe ricavare da uno scritto come questo un buon materiale di studio sulla senescenza della mente. In altri tempi la cosa avrebbe potuto interessare anche me; oggi è già molto se riesco a scrivere queste note informative. In ogni caso penso di aver risposto per parte mia al “Perché” di prima. Lascio che anche altri vi rispondano, se vorranno…
La vecchiaia è spiacevole a vedersi, talora difficile da sopportare, ma non priva di interesse per chi la sopporta e – forse – per chi la osserva.]