lunedì 28 luglio 2014

Tratta XVI.6 – Ordine ha da essere





[Dialogante 2]  Hai chiuso la tua parentesi con una citazione tedesca presa da qualche parte:
Ordine ha da essere
Perché ricerchiamo l’ordine, quando sembra che nel mondo domini il disordine?
 [Dialogante 1]  Molti, anche tra i filosofi e gli scienziati non pensano che sia così (che domini cioè il disordine). Per non parlare delle religioni, soprattutto quelle ‘rivelate’, che nel mondo vedono addirittura un ordine divino.
[Dialogante 2]  Altre teorie non meno ben accreditate, sostengono una crescita infinita del disordine anche se qua e là nell’universo l’ordine può localmente affermarsi, dandoci l’illusione che sia una legge generale…
[Dialogante 1]  … mentre legge generale sarebbe la ‘non legge’.
[Dialogante 2]  A quanto pare il mondo è più aperto di noi: ammette l’ordine come il caos. Contiene la contraddizione. Anzi, a noi che non l’ammettiamo, ce le mostra in azione.
[Dialogante 1]  Forse ne fa addirittura l’origine –il primum movens– del divenire, della pluralità.
[Dialogante 2]  Vuoi dire che senza questo primum movens non avremmo il tempo, il molteplice?
[Dialogante 1]  Precisamente. Ma la contraddizione non può seguire l’affermazione, deve esserle consustanziale. Filius consustanzialis patri.
[Dialogante 2]  Quante citazioni delle sacre scritture!
[Dialogante 1]  Quanta ambiguità nei nostri scritti!


domenica 27 luglio 2014

Tratta XVI.5 – Simbolo dell'eternità



[Alla tua parentesi non c’è che da rispondere con un’altra parentesi.
Dallo stesso terrazzino da cui ammiriamo la torre (o campanile) di Ponzano vedo anche il viavai delle lucertole sui rami della robinia. Sono le stesse dell’estate scorso? Non lo so, ma mi piace pensare che lo siano. Mi piace vederle come un simbolo di persistenza se non di eternità. Una coppia di lucertole non può che essere la stessa di anno in anno. Poco importa se gli individui non sono gli stessi. Lo è la loro immagine e questa è l’unica cosa che ho di loro. Già anni fa[1] ho elevato i bruchi della Thaumatopea processionea (la Processionaria del pino) per la stessa ragione a simbolo dell’eternità. Ora è la volta di due lucertole. Dubito che per loro la cosa sia di qualche importanza. Chissà se la percezione del tempo è la stessa per tutti gli animali: per uno di noi che vive decine di anni e per un afide che vivrà si e no qualche giorno? Se percepiamo il tempo in relazione alla durata della nostra vita, una delle due: per la maggioranza degli animali la vita è tanto corta da non essere neppure immagazzinata in qualcosa come una memoria (voglio dire che non valeva la pena far evolvere uno strumento così complesso per una finalità così effimera); ovvero la durata di un secondo è enormemente limitata per un afide o anche una lucertola. Il tempo avrà forse una sua oggettività, addirittura numerabilità, i viventi tuttavia non ne hanno una percezione unitaria né nel senso che sia la stessa per tutte, né che lo sia in ogni momento. Durante il sonno per esempio la durata del tempo si accorcia naturalmente (talvolta però si allunga), inoltre è difficile sostenere che cinque minuti dal dentista durino come cinque minuti con l’amata (o l’amato).
Di dove nasce allora l’idea di un tempo –e di uno spazio– ’assoluto’?
Non certo dalla percezione e neppure dall’osservazione.
Da una matematizzazione a priori, che a certe proiezioni e osservazioni associa un numero, cioè un elemento di un costrutto mentale che ci serva per dare ordine alle cose perché ordnung muss sein.]

domenica 20 luglio 2014

Tratta XVI.4 – Studi e triangolazioni astronomiche





[Dal terrazzino sul retro della nostra casa, dove da qualche tempo sono abituato a prendere la colazione del primo mattino, una muraglia verde limita a pochi metri la vista. In primo piano una poderosa robinia, tragica per due grossi rami tagliati e festoni di corteccia penduli, copre un’oscura massa di allori che occlude buona parte dell’orizzonte. Sulla destra un grande tiglio appena sfiorito che ancora spende l’intenso profumo dei suoi fiori ormai rinsecchiti, e a sinistra, sopra la casetta di Paola, la rigogliosa chioma di un sambuco e, poco distanti, alcune altre robinie, giovani ma vigorose di fitto fogliame. Il balconcino e la parete ovest della casa sono quindi in ombra per tutta l’estate, il che permette una buona abitabilità anche nei giorni più caldi. Si sta come all’interno di un folto bosco, che col suo verde ha inghiottito mura e finestre della casa vicina, dandoci l’illusione che il resto dell’umanità non giunga fino a noi.
Ma la coperta arborea che ci circonda e copre ha una falla: un piccolo discostarsi del fogliame nella robinia di sinistra, là dove la nera muraglia degli allori si mantiene ancora a una certa distanza, inquadra una porzione di paesaggio collinare, dietro al quale diquadra l’ultimo pendio meridionale del Soratte. La luce che promana da questo squarcio è di un grigio celestrino per la distanza, certo alcuni chilometri fino al Soratte. Ma non è una luce uniforme: al centro del quadratto –cui la nostra robinia e l’alloro fanno di cornice– la sagoma chiara di un paese mi avverte che non siamo soli al mondo e che probabilmente altri ci stanno vedendo come una macchia più chiara sul fondo scuro dei monti sabini. Ma anche la sagoma chiara che sto guardando non è uniforme: nel mezzo l’indice puntato di una torre, forse il campanile della chiesa parrocchiale. Un paese come tanti qui in Bassa Sabina, provincia di Rieti.
Accurati studi e triangolazioni astronomiche mi hanno convinto che si tratta di Filacciano. Poi ho chiesto in giro.
Si tratta di Ponzano in provincia di Roma.]

sabato 19 luglio 2014

Tratta XVI.3 – Lottare col divino




[Dialogante 2]  Se la logica binaria fosse un prodotto umano, non potrebbe distruggersi per forza propria, senza il consumo di chi l’ha fatta. Orbene la logica proprio questo fa: si autoelimina quando abbiamo ancora bisogno di lei. Segno che è un prodotto divino.
[Dialogante 1]  Non basterebbe definirlo ‘alieno’?
[Dialogante 2]  Non credo, perché i principi su cui si basa la logica non sono in alcun modo contingenti e abbiamo tutte le ragioni per ritornarli ‘universali’.
[Dialogante 1]  Ho capito: mi stai prendendo in giro.
[Dialogante 2]  Il cielo me ne scampi. Sto semplicemente provocando me stesso, il mio debole cervello, perché mi liberi del tutto dalla schiavitù del divino.
[Dialogante 1]  E non ti bastano il pensiero e IMC?
[Dialogante 2]  No perché IMC non è che una forma di pensiero, quindi non resta che quest’ultimo a lottare con il divino, come già Giacobbe con l’Angelo e sappiamo che ne uscì con le ossa rotte.
[Dialogante 1]  Diventi addirittura biblico… se non fosse che ti trovo patetico.
[Dialogante 2]  Sto combattendo, da mercenario, una battaglia di ritirata.
[Dialogante 1]  Per avere una benché minima probabilità di successo dovresti provvederti di armi migliori.
[Dialogante 2]  Cioè più forti di IMC?
[Dialogante 1]  Ma IMC non esclude nulla, neppure il divino!
[Dialogante 2]  E qui sta la sua forza. Nel momento che IMC comprende[1] il divino, lo supera. Ho l’impressione di aver vinto la battaglia.
[Dialogante 1]  Quindi l’hai persa…
[Dialoganti 1 e 2, a due]         … perché nel nostro gioco
(piano in eco) dell’oco
vince chi perde,
perde chi vince.



[1]             Nel doppio senso, materiale e intellettivo.

mercoledì 16 luglio 2014

Tratta XVI.2 – Questa logica doveva essere ben fragile...



Un fiore che esplode del fotografo Martin Klimas

[Dialogante 2]  Si diceva dell’autoreferenza. È un punto dove la semiotica sconfina nella metafisica: l’Io di ‘Io sto mentendo’ non è infatti solo un pronome personale ma un effettivo soggetto che si autoelimina con le stesse parole che sta pronunciando. Quell’Io è impossibile, meglio: indecidibile, cioè può essere e nel contempo non essere; quindi l’Io che dice “sto mentendo” è certamente un altro.
[Dialogante 1]  Tu ci giochi con l’autoreferenza, ma Gödel l’ha presa terribilmente sul serio fino a mettere in crisi tutta la logica classica da Aristotele a Hilbert.
[Dialogante 2]  Se ne deduce che questa logica doveva essere ben fragile se è bastata una parola (al limite: ‘mento’) per farla precipitare su se stessa.
[Dialogante 1]  Non condivido la deduzione: perché ciò accadesse c’è voluto tutto il carico di millenni di studi logici. L’odierna crisi della logica classica non si deve a una frase o parola, ma all’interpretazione che le si è data entro quella logica.

domenica 13 luglio 2014

Tratta XVI.1 – La trappola dell'autoreferenza




[Dialogante 1]   Credo che la sulla trappola dell’autoreferenza sia stato detto tutto.
[Dialogante 2]   Eppure l’autoreferenza continua a mietere vittime, e anche questo libretto non fa eccezione.
[Dialogante 1]   Aveva una volta un gatto tra gli altri, che non brillava per eccesso di intelligenza. Un giorno mise la testa in un barattolo da cui non riusciva più a uscire. Non si lasciava prendere, fuggendo non appena sentiva avvicinarsi qualcuno. Restò così tre giorni, digiuno, sbattendo la testa da tutte le parti, finché un vicino di casa riuscì a sorprenderlo e a liberarlo. Compì però l’errore di lasciare sul luogo il barattolo, cosicché dopo poco fu nuovamente avvistato nei paraggi lo strano mammifero della testa di latta.

domenica 6 luglio 2014

La relazione d'aiuto?

mercoledì 2 luglio 2014

Tratta XV.6 – Riconducibile a una geometria...



[Dialogante 2]  Non penso che i problemi si risolvano; si vanificano cambiando l’orientamento del pensiero.
[Dialogante 1]  Altre volte abbiamo sostenuto che non si risolvono, ma si spostano.
[Dialogante 2]  Sono cioè sempre relativi a uno spazio, forse non tri- ma multidimensionale…
[Dialogante 1]  … quindi non afferrabile dai nostri sensi, ma costruibile dalla nostra mente.
[Dialogante 2]  Detto altrimenti, la conoscenza è riconducibile a una geometria.
[Dialogante 1]  Nulla di nuovo. Ne era convinto già Einstein.
[Dialogante 2]  Ma perché cerchiamo sempre di nuovo. Come se non fosse contenuto nel vecchio!
[Dialogante 1]  Basterebbe cioè spostare il punto di osservazione, cambiare l’orientamento dell’oggetto dello spazio multidimensionale, e il vecchio diventerebbe nuovo o viceversa.
[Dialogante 2]  Se non sbaglio, l’oggetto delle nostre riflessioni non è più il mondo, la realtà, ma una ipotetica ‘geometria’, costruita o costruibile dal nostro cervello.
[Dialogante 1]  In definitiva è di questo che ci stiamo occupando…
[Dialogante 2]  … non una psicologia della scienza, ma direttamente una psicologia del mondo…
[Dialogante 1]  … proprio ciò che gli scienziati non vogliono. Il cervello che sia rivolta contro se stesso, meglio si dovrebbe dire: la mente…
[Dialogante 2]  Né potrebbe essere diversamente, perché è la mente a fabbricare la conoscenza, non a trovarla predisposta nella realtà.
[Dialogante 1]  Affermazione ideologicamente dura, niente affatto metaculturale, che per essere accettata metaculturalmente avrebbe bisogno di essere localizzata in qualche UCL.
[Dialogante 2]  Un tentativo di ribellione? In nome di quale UCL?
[Dialogante 1]  Se fosse possibile trovare un UCL in grado di giustificare se stesso –come l’omino che si tira su per i piedi– ecco, sarebbe quello giusto, e la ribellione dovrebbe dirsi riuscita.
[Dialogante 2]  Domanda: Dio è capace di tirarsi su per i piedi?

martedì 1 luglio 2014

Tratta XV.5 – Un sistema autoregulato




[Dialogante 1]  Possiamo considerare il cervello come il sistema regolatore della vita individuale in rapporto all’ambiente…
[Dialogante 2]  … che a sua volta può essere visto come un sistema vivente anch’esso, anche se la parola ‘vita’ si addice solo a una parte di esso.
[Dialogante 1]  Del resto già la separazione tra individuo e ambiente è artificiale e funzionale all’uomo in quanto ‘emergenza biologica’.
[Dialogante 2]  Ma un cervello non è altrettanto un’emergenza biologica? o una mosca, un radiolario?
[Dialogante 1]  Potremmo per esempio considerare, come molti oggi fanno, tutta la biosfera un unico organismo e allora sorge la domanda: quale ne è il sistema regolatore?
[Dialogante 2]  Mi sembra che l’unica risposta possibile sia: la biosfera stessa.
[Dialogante 1]  In altre parole: la vita sarebbe un sistema autoregolato?
[Dialogante 2]  Cioè a dire un sistema senza un ‘fuori’, senza un ambiente con cui fare i conti?
[Dialogante 1]  Abbiamo ancora una volta separato indebitamente ciò che è biologico da ciò che non lo è…
[Dialogante 2]  … mentre vediamo benissimo che il non biologico –l’inorganico– interagisce pesantemente con la vita: una nube di gas, una temperatura troppo alta, troppo bassa sono sufficienti a cancellarla.
[Dialogante 1]  Forse ci conviene includere in un solo sistema l’organico e l’inorganico.
[Dialogante 2]  Eh già, avremmo eliminato l’uno dei due grandi problemi: la nascita del cosmo e quella della vita.
[Dialogante 1]  Resta l’unico problema dell’origine della materia.
[Dialogante 2]  Problema, anche questo, che nasce nel momento in cui il nostro cervello si compiace di distinguere la materia dal nulla.
[Dialogante 1]  Secondo recenti ricerche anche il nulla ha un’energia, è quindi omologo alla materia…