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Ingiustizia della meritocrazia
È da quando è in
vigore la scuola dell’obbligo che si è avvertita la necessità democratica di
una scuola non discriminante né per censo né per opportunità. Questo come
reazione a una visione elitaria della società, che interpretava la cultura
–soprattutto certi modelli culturali– come fattori di privilegio, riservato
alle ‘classi alte’. Negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra
mondiale, ideologicamente dominati dall’immagine politica della Resistenza, la
democratizzazione della scuola ha compiuto alcuni dei suoi passi avanti fino
verso la fine degli anni Settanta, dopodiché ha avuto inizio un lento movimento
di riflesso con la rivalutazione della scuola privata, in Italia gestita
soprattutto dalla Chiesa. Come correttivo di questo spostamento ‘a destra’ la
classe politica –tutta, compresa la sinistra– ha riportato in auge la meritocrazia, già efficacemente
analizzata e criticata precedentemente in ambito marxista.
La specie umana ha
evidentemente ricevuto in dono dall’evoluzione la memoria corta, perché ha
visto improvvisamente rinverdire argomenti che già negli anni Cinquanta avevo
considerato logicamente e politicamente indifendibili. Ne riporto qui alcuni
che mi sembrano a tutt’oggi validi.
·
Il
merito non è disgiunto dall’avere, il figlio di un noto avvocato potrà
beneficiare dello studio paterno oltreché della notorietà famigliare.
·
È
molto probabile che sia facilitato negli studi un ragazzo cresciuto in un
ambiente universitario o provvisto di una nutrita biblioteca.
·
Genitori
abbienti spendono in genere per l’educazione dei figli più di un addetto
all’ufficio postale.
·
Mozart
avrebbe faticato molto di più ad essere Mozart se non fosse stato figlio di
Leopold.
·
La
famiglia Bach era una garanzia.
·
Non
sono tanto i meriti acquisiti da te a farti fare strada, quanto quelli
acquisiti da tuo padre.
·
Ha
fatto un decisivo salto di qualità con la morte dello zio miliardario.
·
A
scuola era rimasto indietro fin quando il padre non gliela comprò.
·
Era
sempre stato il primo della classe fin quando la scuola non venne comprata dal
padre dell’ultimo.
Come si fa a credere
nella meritocrazia?
Vediamo ancora.
Schubert aveva
indubbiamente ciò che si dice una eccezionale vena melodica. Non solo le sue
melodie fiorivano con una naturalezza e spontaneità come se fossero esistite da
sempre, eppure ognuna di esse è di una irripetuta originalità. Pensate che gli
vadano riconosciuti dei meriti per questo?
È risaputo che
Picasso aveva un tratto grafico di straordinaria sicurezza. Ne aveva anche il
merito?
Einstein, dietro un
irrisolto problema scientifico, sapeva individuare l’inedito ‘stile di
pensiero’ che l’avrebbe risolto. Sia lode al merito!
‘Ma come!’ –potrebbe
dire qualcuno– Costoro già erano stati favoriti dalla sorte per aver ricevuto
in dono una genialità che nessuno studio avrebbe mai potuto produrre, e noi
dovremmo in sovrappiù […] anche il merito?
“Sì, perché a
beneficiare di quella genialità siamo anche noi.”
“D’accordo, vuol dire
che parte di quel dono è toccato ad altri. Ma dove sta il merito?”
“Nel lavoro che da un
dono ha tratto un beneficio per tutti.”
“Quindi il merito va
al lavoro compiuto e non al beneficio procurato.”
“È un modo di
ragionare moralistico. Certo, quel lavoro avrebbe potuto essere compiuto solo a
vantaggio proprio, ma probabilmente la soddisfazione per un vantaggio condiviso
è maggiore, quasi un secondo regalo aggiunto al primo.”
“E quindi, secondo
te, l’unico modo per trasformare in ‘merito’ un dono ricevuto è di non farne
uso o di non riconoscerlo come un ‘dono’ e quindi neppure come motivo di
gratitudine.”
“Sì, non fosse altro
per la scarsa simpatia che provo per la ‘gratitudine’”.
“Sei tutto strano!
Non dovremmo riconoscere alcun merito a Schubert, Picasso ed Einstein per tutto
quel che hanno donato al mondo, e neppure essergliene grati. E che ci
guadagniamo pensando a questo modo?”
“Ma perché dovremmo
guadagnarci? Non basta che non ci perdiamo? O che ci guadagniamo per aver perso
di ipocrisia?”
“Io però non riesco a
fare a meno di questa ipocrisia.”