venerdì 27 febbraio 2009

Stop global warming:

Un video che gira in rete...Stop global warming.

lunedì 23 febbraio 2009

Parabola - ' La gara '

Lunedì: Boris entusiasta della partecipazione attiva dei visitatori del Blog ci dedica una delle sue parabole. Per sua volontà la colleghiamo direttamente al post 'Anonima Commenti' . La parabola inizia con questa introduzione ...

Due polli (fondamentalisti darwiniani) alle prese con 'le regole del gioco'.

Un’altra parabola per adulti, su cui non sarebbe male riflettessero anche certi ragazzi.

Nel mondo degli animali era annunciata una gara. Non si sapeva chi l’avesse promossa.
C’è chi diceva il Padreterno in persona, chi un certo Darwin, che però si schermiva dicendo che l’avevano frainteso. Fatto sta che tutti sapevano della gara e le varie specie di animali erano alle prese con i criteri di valutazione da adottare nella graduatoria. Questa sarebbe stata decisa in base alla somma di vari punteggi, relativi a parametri sulla cui scelta e valutazione si discuteva animatamente: ‘anzianità di servizio’, ‘vantaggio per la comunità’, ‘prestanza corporea’, ‘bellezza’, ‘intelligenza’ e cosi via. Erano stati riconosciuti circa 720 parametri. Soprattutto la valutazione relativa era oggetto di controversie a non finire: così la specie umana pretendeva che il parametro ‘intelligenza’ venisse valutato 100 a 1 sull’ abilità nel salto in alto, mentre le cavallette sostenevano il contrario. Dopo anni di lavoro fu raggiunto un accordo con un punto di maggioranza più un astenuto su molte migliaia di rappresentanti (tra questi si era infatti deciso di contare anche i rappresentanti di specie estinte).
Altri anni –o meglio secoli– furono impiegati per selezionare all’interno delle singole specie gli individui, non importa se ancora viventi o più o meno storicizzati, da iscrivere alla gara. Cosi una vera e propria battaglia fra fazioni della specie umana scoppiò a proposito del parametro ‘intelligenza’, battaglia che fu vinta da un oscuro matematico, scopritore della relazione 1+1=2. La gara non prevedeva né un giudice né una giuria, ma solo un calcolo numerico, preceduto però da lunghi e approfonditi dibattiti televisivi e su internet. La votazione sarebbe avvenuta anch’essa per via telematica.
La prima a presentarsi fu la balena, convinta di vincere se non altro nella categoria associata al parametro ‘prestanza corporea’. Fu invece surclassata da un dinosauro di cui si conosceva soltanto un osso, sufficiente però a calcolarne le dimensioni complessive. Vinse per ‘bellezza’ una farfalla brasiliana del genere Morpho, che tuttavia restò molto indietro nella classificazione generale per deficienza mentale. La specie umana, nonostante il vantaggio concessole nella valutazione dell’intelligenza, restò ai gradi più bassi, ottenendo addirittura punteggi negativi per ‘anzianità di servizio’, per ‘probabilità di sopravvivenza’, ‘vantaggi per la comunità’ e altri 123 parametri. Vincitrice assoluta risultò una specie di scorpione del paleozoico, pressochè identico alle specie attuali. Vi furono però dei ricorsi, in conseguenza dei quali fu riconosciuto un premio speciale a un batterio, non conosciuto allo stato libero, ma contenuto nelle sequenze geniche di tutte le specie viventi, uomo compreso, da considerarsi quindi pars immortalis della vita, parte un tempo chiamata ‘anima’.

venerdì 20 febbraio 2009

Qualcosa che era insieme ...


Qualcosa che era insieme male e gioia
mi ha percosso, ragazzo, la coscienza
rovesciato ogni ordine. Ma se il povero
mio stato si sperde al modo in cui si sperde,
prima della nascita, dentro i sensi,
dopo la fine, l'unicità dell'essere,
che stato resiste?
Vedo che lo stato
dell'Uomo sulla scorza del mondo
per me, uomo, divenuto il solo vero,
è di poca, sordida polvere: d'una
più cieca utilità, più misero ancora
dell'animale, questo dell'uomo, che
facendo del possesso la sua difesa al cosmo,
si è aggrappato al mondo con città
e cose, e inconsciamente l'ha creato.

P.P.P., 1950-1951, X

martedì 17 febbraio 2009

Domanda, risposte?

Una fototessera dell'Italia di oggi.

lunedì 16 febbraio 2009

Anonima Commenti

"Come in basso, così in alto!" Tranquilli, lettori, non è che questo diventi un blog esoterico. Semplicemente transformiamo in articolo autonomo un commento giuntoci poc'anzi, a proposito del post del 1 Febbraio 'Soldin, il Consumo e la Decrescita Felice'. Oggi ci girava così.

L'umano commentatore si chiede, giocando con una delle nostre più umoristiche autodefinizioni: "... l'uomo è davvero una specie superiore? ..."


Leggendo questo ed altri post mi viene da pensare che l'uomo si sia impegnato davvero molto nel tempo per arrivare ad un punto di ormai evidente insostenibilità del proprio sviluppo (anche in termini demografici). Ora, da non molto, si sta mettendo in discussione tutto quello che ha portato l'umano a "progredire". Mi domando: l'uomo è davvero una specie superiore? A cosa è dovuta allora questa miopia? Perchè, pur possedendo affinate capacità di previsione, ci si è spinti fino a questo punto? Ho molti dubbi e poche risposte, ma questo spazio virtuale, che apprezzo e leggo frequentemente, mi sembra possa accogliere anche interessate e poco assertive posizioni, come la mia.
Anonimo

Parabola: Dafne

Questo lunedì una parabola di Boris: Dafne. Si riprende il mito greco della ninfa che sfugge al dio Apollo trasformandosi in arbusto... qui le cose sono un pò diverse.


Abitava al limite di una foresta che le avevano detto fosse molto grande. Lei però non ci era mai entrata aldilà di una stretta cintura erbosa con ancora pochi alberi piuttosto distanziati tra di loro. Eppure la foresta l’attirava ma, quando era al dunque, ne aveva paura.
Quella mattina però, una bella mattina di maggio, era ben decisa a tentare l’avventura.
S’incamminò con passo fermo e ben presto ebbe superato la cintura erbosa. Il terreno era ancora umido dalle piogge primaverili e le orme lasciate dal suo passaggio tendevano a richiudersi per l’instabilità della fanghiglia. Anche l’erba calpestata dal suo agile piede si raddrizzava quasi subito. Strano, pensava la ragazza, forse gli steli sono ancora sufficientemente flessibili da non farsi spezzare dal mio lieve peso. Provò anche a tornare sui suoi passi per ritrovarne la traccia, ma invano. Se dovessi perdermi, pensò, non mi troverebbero di certo. Ma il pensiero, anziché preoccuparla, le provocò un senso di sicurezza, quasi un’investitura di autonomia, di responsabilità finora sconosciuta.
Gli alberi, intanto, si erano avvicinati l’uno all’altro e lei a loro. Le ampie chiome dei faggi e delle querce, inframezzate da nere macchie di abeti, stringevano l’azzurro del cielo entro spazi sempre più piccoli, da cui, sempre più rari, filtravano i raggi del sole.
Di regola le foreste d’alto fusto, specie se di faggi, non lasciano penetrare luce sufficiente per un ricco sottobosco. Qui invece, forse per la presenza di molte querce, il sottobosco non solo era rigoglioso, ma raggiungeva quasi il suolo, impedendo il passo al viandante.
La ragazza era sottile abbastanza per districarsi senza troppa difficoltà. A un certo punto però agli ostacoli dal basso altri se ne aggiunsero dall’alto. Una certa parte del bosco, che però sembrava occuparlo tutto, era infestata da liane parassite che pendevano da ogni ramo, pressoché impossibili da spezzarsi. Un coltellino che la ragazza aveva con sé riusciva a malapena a tagliare le più giovani, non ancora indurite. Alcune di queste liane –o erano erbe crescenti dal suolo?– avevano per giunta minuscoli dentini –o erano peli?– che si attaccavano ai capelli e agli abiti.
Questi si strappavano, ma quelle no. In breve, la ragazza si trovò immobilizzata in tutto il corpo, ma la cosa non le dispiaceva. Si ricordò di qualcosa di cui le avevano parlato a scuola: il mito di una ninfa, che, per sfuggire al suo inseguitore (ma perché aveva voluto sfuggirgli?), si era trasformata in un arbusto, e le sembrò che anche le liane e i rami che la tenevano prigioniera fossero braccia e gambe umane, e provò una grande dolcezza. No, non era lei ad aver subito la metamorfosi, era l’uomo che la stava abbracciando.

domenica 15 febbraio 2009

Cultivons la paix! (CCB 5)

Per questa quinta puntata, vorrei proporre anch’io una fiaba –una specie di apologo– letta nel bel libro di Adolfo Perez Esquivel, premio Nobel per la Pace 1980, Cultivons la paix! (Desclée de Brouwer, 2000). Esquivel pittore e scultore, militante per la non-violenza, fu imprigionato e torturato sotto la dittatura della giunta militare argentina, liberato grazie alle pressioni internazionali, ha proseguito la lotta per i diritti umani, richiamando, fra i primi, l'attenzione internazionale sul dramma dei desaparecidos:



« Credo che la gente –e non soltanto i giovani– consumi il tempo cercando fuori di sé risposte al proprio senso di disagio. Non abbiamo più tempo da dedicare a noi stessi, forse per paura o per negligenza. Per conto mio, mi sforzo di intrattenermi con me stesso, di nutrire un dialogo interiore che abbia come motore la speranza. La speranza è la mia fonte di energia. Una fiaba di Tagore parla di questa ricerca della pietra filosofale. […] Un uomo, dice Tagore, dopo diversi anni passati nella meditazione e nell’ascesi, parte in cerca della Verità, di quella pietra filosofale, dell’essenza dell’essere. Lungo il cammino incontra un sapiente e gli chiede “dove trovarle?” Il sapiente non sa, ma lo indirizza presso un eremita che sta in cima ad una montagna, distante sei lune di cammino. L’eremita a sua volta gli dice di cercare ancora, e lo manda nella foresta, dove non trova niente. Quell’uomo consuma tutta la sua vita nella vana ricerca della pietra. Stanco, rinuncia a cercare e si siede in riva al mare. Un fanciullo che stava giocando gli si avvicina e gli domanda il motivo della sua tristezza: “Sono in cerca della verità e ancora non l’ho trovata. Ho percorso montagne e foreste, ho incontrato sapienti eppure ancora non so nulla” - risponde l’uomo. “È qui” - dice il fanciullo, mostrandogli il cuore ».

giovedì 12 febbraio 2009

Bambine, bambine



Oggi proponiamo un'altro visitante al blog. Si tratta di Juan Ramón Jiménez, Premio Nobel di Letteratura 1956. Tanto qui di bambini ce ne sono già passati un bel po'.

Assieme ad una ricca opera poetica, Juan Ramón ha pubblicato una specie di credo estetico, di natura aforistica, sotto il curioso nome di Ideolojia. Questa idea suona già assai metaculturale -esplicitare il proprio universo culturale è la miglior prevenzione della prevaricazione ideologica, nevvero?-.

Ma guardate alcune delle storielle che trascrive:
Dissi a una bambina: 'quanti anni hai?'
Mi rispose, 'sette'.
Dissi io di nuovo, 'e dove li hai?'.
Di nuovo mi rispose, 'lo sa il tempo'.


Ideolojía, 4056

'Giochiamo a scambiarci i nomi?' ascoltai dire a una bambina che stava giocando con un'altra.
- Sì, diciamo che io mi chiamavo Eleonora.
- Vabbene, Eleonora, diciamo che io, Consolata. Tu eri venuta a trovarmi ed io ero tanto stanca. Perché non te ne vai?


Ideolojía, 4061
Domanda ad alta voce: prima della sua morte, avvenuta nel 1958, si sarà forse ispirato Juan Ramón all'opera poreniana?

martedì 10 febbraio 2009

Gregory Bateson e Boris Porena:


Mauro Scardovelli, parlando delle proprie influenze, nomina il nostro Boris mettendo in luce delle affinità con Gregory Bateson: riportiamo qui l'articolo pubblicato su 'il Blog di Mauro Scardovelli' e sul sito di Mauro Scardovelli.

Gregory Bateson, insieme a Boris Porena, è stato uno dei pensatori che hanno maggiormente influenzato la mia formazione. Non in alcuni aspetti, ma alle fondamenta.

Bateson, che non ho mai conosciuto personalmente, e Porena, che ho incontrato una trentina di anni fa e continuo a frequentare -il primo antropologo, sociologo, linguista; il secondo musicista, compositore, filosofo della cultura-, sono accomunati dallo stesso profondo interesse: indagare le premesse epistemologiche che guidano la nostra vita, e mettono a rischio la nostra stessa sopravvivenza su questo pianeta.

Negli anni ’50, Bateson, con le famose ricerche sulla schizofrenia e sul doppio legame, con le nuove concezioni di circolarità e retroazione, ha aperto le danze all’approccio relazionale-sistemico, alla terapia famigliare, alla pragmatica della comunicazione umana, e in ultimo alla programmazione neuro-linguistica.

Porena, a partire dal libro Musica e Società negli anni sessanta, in trent’anni e più di ricerche sulla pratica compositiva di base con bambini e adulti, ha rivoluzionato il modo di pensare alla musica e alla pedagogia musicale, allargando via via il campo di indagine ad altre pratiche e discipline, come il disegno, il corpo-movimento, il linguaggio verbale, la matematica ecc. Giungendo infine a formulare un’ipotesi, che è diventata centrale in tutto il suo pensiero: l’ipotesi metaculturale, con il circuito autogenerativo come strumento di lavoro. Boris Porena, all’epoca, non conosceva Bateson. Ma perviene ad una visione del mondo assai simile."


L'articolo di Mauro continua ... per leggerlo clicca qui.

lunedì 9 febbraio 2009

Parabole di Almotasim

Saluti a tutti dal blog, oggi proponiamo le ' parabole di Almotasim ' scritte da Boris.



Parabola - Parabole di Almotasim:



'...Un giorno Almotasim passeggiava nel deserto sotto il sole cocente...'

'...perchè vuoi che il mio pensiero non raggiunga il sole?'

...dove abita Almotasim? Alla porta accanto. Accanto a quale? A tutte...'

venerdì 6 febbraio 2009

Epistola ai Genovesi

Cari amici del Cantiere musicale, del Conservatorio, di Genova tutta, sapete quanto sono legato a voi, alla vostra straordinaria città, che frequento, pur con interruzioni,dall’ormai lontano 1981. Per me ogni occasione è buona per mettermi in contatto con voi, e così sono ben contento di darvi un saluto sulla vostra rivista. Ma non sarà un saluto musicale, come sarebbe ovvio: da quasi un anno ho smesso di occuparmi di musica perché le mie orecchie si rifiutano di riconoscerla (per loro anche Mozart suona atonale).

Quindi vi parlerò di altre cose. Per esempio di quanto spesso i musicisti –genovesi esclusi– non si occupino di altre cose, convinti ancora, o meglio illusi, di essere dispensati in nome dell’Arte. E' questa una parola che faremmo bene a usare con grande parsimonia perché il minimo abuso la rende insignificante. Un consiglio che i miei 81 anni mi permettono di dare ai giovani e giovanissimi studenti di musica è: anche se avete talento, non limitatevi a coltivare questo solo interesse. La musica non gode più della centralità culturale di un tempo: la seconda metà del secolo scorso, sia per la crisi delle avanguardie che per il dilagare del consumo musicale a basso costo, dovrebbe avervi insegnato a spogliare la musica (e l’arte in genere) di quell’eccesso di idealità che ancora la grava nella mente di molti. Oltretutto, se la musica dovesse tradirvi –come sta facendo con me– sareste in grado di ricambiarla con uguale moneta.

Come alcuni di voi probabilmente sapranno, da molti anni –circa trenta– accanto all’attività di compositore mi sono occupato con pari impegno di formazione generale e delle necessarie premesse filosofiche e epistemologiche. Le risultanze di queste ricerche –condotte in gran parte con il Centro di ricerca e sperimentazione Metaculturale (CMC)– non sono purtroppo ancora pubblicate, salvo sporadiche eccezioni, per la mia inettitudine in tutto ciò che non attiene propriamente al mio lavoro.

Per ovviare a questa inettitudine alcuni gruppi di amici volenterosi hanno deciso di prendersi cura di tutto ciò che mi è capitato di fare in tanti anni di attività. Già nel 2003, proprio qui a Genova, Giorgio De Martino, Patrizia Conti ed Edoardo Lattes hanno pubblicato per la casa editrice Zecchini un volume documentario-critico, l’Utopia possibile, che molto efficacemente inquadra la mia opera di compositore nella più ampia cornice dei mie interessi culturali e metaculturali.

Da qualche mese un secondo gruppo, composto da Claude Cazalè-Berard, Alessandro, Oliver e Fernando, ha preso la decisione di informatizzare il tutto e di curarne la diffusione in rete. Attualmente è in funzione un blog (Il Blog di Boris Porena), che mi sembra assai vivace e interessante.

Questo perché non è incentrato sulla mia persona –non è cioè un blog propagandistico– ma vorrei dire che la prende a pretesto per proporre una discussione aperta sui più diversi argomenti che si offrono oggi alla nostra preoccupata attenzione; dall’ecologia alla sopravivenza, dalla ragione alla teologia, dall’elezione di Obama al concetto di libertà. Spesso questi argomenti sono introdotti da un mio breve testo con funzione, non certo esplicativa, ma di semplice avvio alla discussione. Ancora più spesso l’avvio è dato da citazioni di autori ben noti: Marx, Pasolini, Ungaretti, Thomas Mann, Latouche, Vigée ecc. Il discorso che si sviluppa on line da questi più o meno illustri incipit è non di rado assai ricco e interessante, anche se mi piacerebbe vi fossero coinvolte più persone. Ma, mi dicono, i tempi di diffusione di un discorso on line sono piuttosto lunghi e quanto sin qui raggiunto testimonia già di un buon funzionamento. Stiamo anche collegandoci con altri movimenti e iniziative come la Decrescita felice di Maurizio Pallante, oltre naturalmente il CMC.

Per quanto mi riguarda, confesso la mia pressoché totale estraneità al mondo di Internet e dei computer, cosicché anche nel caso che mi riguarda non posso che restare a guardare ciò che altri fanno per me. Ciononostante e nonostante il mio sopravvenuto divorzio dalla musica, conto di fare inserire nel blog qualche spunto musicale. Prego gli amici musicisti di Genova di intervenire in quell’occasione anche per riaccendere nei più giovani l’interesse per ogni tipo di musica oltre il pop e il rock. Ci si può campare per più di ottant’anni.

Un affettuoso saluto a tutti e a risentirci presto.

Boris Porena

Cantalupo in Sabina, 30-01-09

lunedì 2 febbraio 2009

Metaparola ' Storia '

Di nuovo lunedì e come d'abitudine eccoci con il nostro appuntamento.

Quest'oggi vi mostriamo questo video, estratto dall' Intervento di Boris Porena proiettato al Museo di Anzio il 28-11-2008, Boris ci legge la metaparola ' storia '.

Per leggere che cos'è una metaparola clicca qui.

Metaparola 'Storia'



'...Sembra che ci teniamo tanto alla storia, spesso ci riempiamo la bocca con questa parola...'

'...non crediate che questa sia un analisi veridica o accettabile in tutti i punti, può darsi che sia un'analisi tendenziosa, che non vi sta bene, meglio!...'

'...se non vi sta bene scioglitevi la mente e dite perchè...'

domenica 1 febbraio 2009

Soldin, il Consumo e la Decrescita Felice

Abbiamo ricevuto un nuovo commento nella notte, invitiamo tutti a proseguire le discussioni. Comunicare è possibile!

Una parola chiave cui fa riferimento il nostro amico Soldin, questo è il nome del 'commentatore notturno', è la parola consumo. Ci è capitato recentemente, il 23 Gennaio '09, di pubblicare un articolo sul sito della Decrescita Felice; nome del pezzo: Consumo - Consumismo.
Questo del consumismo sembra un tema sempre più centrale da discutere, la nostra civiltà dovrebbe iniziare ad affrontarlo seriamente.


L'articolo che vi riproponiamo qui è stato scritto dal gruppo di lavoro Rigobaldo, aperto a chi vuol collaborare e per questa volta formato da Boris, Alessandro, Francesco e Fernando.
Riprendendo i temi della metaparola di Boris 'Consumo-Consumismo' consultabile sul blog delle metaparole e cristallizzando parte della discussione pubblicata qualche mese fa sul medesimo argomento, siamo arrivati alla stesura di quest'articolo collettivo che può essere considerato come un inizio di analisi, uno spunto di riflessione e discussione...

Dentro la Parola
23 Gennaio 2009 sito della Decrescita Felice:

Mettere in discussione il nostro modo di pensare sembra l’unico approccio possibile in un mondo di assurdi. Porsi in maniera problematica di fronte a ciò che diamo per scontato, confrontando visioni diverse della realtà, permette di comprendere meglio il nostro modo di riflettere ed agire. Se penso criticamente, se esco da un punto di vista assoluto, se vado oltre la superficie dei fatti posso capire meglio ed esprimermi più efficacemente.

Usciamo di casa ogni mattino sicuri delle nostre ragioni, impazienti di dare una scossa a tutti, di risvegliarli davanti ai disastri ambientali, di convincerli a cambiare comportamenti … e troviamo parecchie persone -increduli, scettici, addirittura oppositori- che non ci ascoltano. Perché? Forse ci hanno etichettato come “ambientalisti”, “già sentiti”, “utopisti”? Senz’altro ci scontriamo con le loro confortevoli abitudini, con le loro posizioni prese. Ma abbiamo fatto i conti con le nostre? Siamo disposti a riflettere su ciò che diamo per scontato? Sulle nostre modalità di comprensione, di comunicazione?

L’intento è quello di ragionare insieme cercando una comprensione migliore delle cose, aprendo la finestra a nuove idee. Da un po’ di anni abbiamo infatti sviluppato una pratica per farlo.

L’esercizio della pratica culturale di base -per noi prioritaria, anche se supportata da analisi teoriche- si è sviluppata dal 1968 col lavoro di Boris Porena intorno a diverse ‘discipline’ (musica, espressione visiva, didattica ecc.). Oggi ci appare chiaro che la si debba applicare soprattutto alla questione ambientale; nulla al nostro giudizio di più urgente.

Come lavoriamo? Persone di varie estrazioni e competenze ragionano insieme rispettando e valorizzando tutti i contributi. Lo scopo è comporre le riflessioni tra loro (integrarle piuttosto che addizionarle) scambiarsi stimoli che allarghino la visione di un problema.

Le stesse idee ispirano questo intervento: partendo dall’analisi della parola consumo proporremo riflessioni aperte e -ci auguriamo- interattive per scavare dietro l’ utilizzo consueto e magari capirci qualcosa in più. Non possediamo delle verità assolute, anzi, non le cerchiamo.

Consumo:


Il periodo in cui viviamo è detto anche ‘civiltà dei consumi’. Gli uomini hanno ovviamente sempre consumato e da un certo punto in poi anche prodotto; allora perché questa qualifica non troppo esaltante per il nostro tempo? Ridurre i consumi dicono gli uni, aumentare i consumi dicono gli altri, da un lato l’ecologia dall’altro il welfare e gli interessi economici di pochi.

Da consumo deriva consumismo, connotato negativamente. Per il semplice fatto di vivere qui ed ora, usare una macchina, scaldarci, nutrirci, nel consumismo ci siamo dentro fino al collo. Questa constatazione potrebbe demoralizzare, farci sentire incapaci di sfuggire a questo ciclo, persino un po’ ipocriti.

Ma prima di deprimerci, proviamo a capire meglio.

C’è un solo tipo di consumo?

Tutti noi parliamo del consumo materiale, ovvero quello in cui l’oggetto consumato sparisce (cioè si trasforma), visto come chiaramente distruttivo. Il consumo di oggetti, spesso di vita breve nonostante il riciclaggio, incide irreversibilmente sulle risorse primarie. Tuttavia ci sono anche consumi materiali nei quali vediamo una componente costruttiva determinante: quelli necessari alla vita, al suo sostentamento. Un bruco che rode una foglia non consuma l’albero, almeno fin quando questo è in grado di rigenerarla.

Rimanendo nel campo materiale, possiamo scorgere differenze tra consumi tangibili o intangibili ai nostri sensi. Molto più facile percepire il consumo di un panettone che quello energetico di una lampadina accesa. La nostra comprensione sembra assai condizionata dalle percezioni dirette: riusciamo ad apprezzare meglio ciò che si vede e si tocca, a dargli il giusto valore.

Valutare razionalmente un atto di consumo può dunque risultare complesso: esso è spesso pieno di implicazioni soggettive (la mia comodità e/o convenienza) e inoltre le informazioni che ci servirebbero per caratterizzarlo possono essere frammentate, o addirittura assenti. Quanta energia consuma? Che tipo di materie prime ha divorato? Con quale grado di riciclabilità? Che utilità ha per me/per gli altri? (di nuovo la soggettività) E così via.

‘Scegliere bene’ in termini ambientali richiede di integrare molti fattori, senza trascurare le loro interazioni.

Questa complessità non sembra trovare riscontro nel campo dell’economia: ad esempio in un unico parametro (il Prodotto Interno Lordo) si confondono fenomeni assai diversi tra loro, mentre altri vengono trascurati. Che tale semplificazione si sia dimostrata inefficace pare evidente, tuttavia il discorso economico mainstream continua ad essere fortemente autoreferenziale: è da posizioni di questo tipo che nascono molte obiezioni immediate alle nostre proposte di diminuire i consumi.

Se vogliamo essere ascoltati ed incidere in qualche modo sui comportamenti, è consigliabile attuare dei compromessi strategici. Di dubbia utilità ogni condanna generalizzata ai ‘consumisti’: oltre a bloccare la comunicazione, porrebbe semplicisticamente tutti sullo stesso piano.

In ogni caso sembra importante mantenere aperta la comunicazione: l’obiezione può generarsi da un pensiero di cui dobbiamo ricercare le radici, e servire da spunto per approfondire meglio il problema.

A volte parliamo del consumo di valori, di rapporti consumati … Oltre al consumo materiale può esistere un consumo culturale? Ascoltare mille volte un brano musicale o tappezzare le pareti con infinite copie de della Gioconda sembra diluirne progressivamente il valore. E lo stesso accade anche con una barzelletta: se la sento tre volte non mi farà più ridere, pur essendo di fatto rimasta immutata, e per divertirmi me ne occorrerà una nuova. Allora cosa si è consumato? Davanti ad informazioni non più fresche solitamente reagiamo dicendo “questa è vecchia”, lasciando intendere che nel ‘nuovo’ risieda un qualche valore aggiunto. Contrariamente ciò non accade quando ascoltiamo più e più volte un brano a cui siamo affezionati, oppure quando sentiamo il bisogno di riascoltare più volte perchè la comprensione risulta impegnativa (cosa che a sua volta dipende dalle capacità e dagli interessi di ognuno…)

Dunque ad influenzare la nostra volontà di consumo concorrono molti fattori, tra cui: il valore attribuito a ciò che consumiamo, le informazioni in esso contenute -quanto esse risultino prevedibili-, il nostro interesse, la nostra capacità percettiva, i ricordi che ci evoca… Stimolati da un prodotto ‘nuovo’ o da un prodotto ‘classico’, siamo dilaniati tra la familiarità rassicurante e la ricerca del nuovo ad ogni costo. Quest’ultima può diventare un atteggiamento compulsivo che accomuna molti consumi, includendo quelli materiali.

Proprio questa ‘ricerca del nuovo’ potrebbe identificare un meccanismo comune ai diversi consumi. Tuttavia il fatto che a fronte della varietà di accezioni si utilizzi per tutte una sola parola rivela la scarsa attenzione che la nostra “civiltà” gli ha dedicato.

Niente soluzioni magiche quindi… c’è invece tanto da discutere, da pensare insieme.

Grazie per l’attenzione!

Gruppo di lavoro Rigobaldo (Boris Porena, Alessandro De Rosa, Francesco De Rosa, Fernando Sanchez) - “Ringraziamo Boris Porena per averci permesso di utilizzare -anche letteralmente- alcuni concetti della sua metaparola Consumo-Consumismo”