mercoledì 1 settembre 2010

Identità e ... identitarismo


Boris insiste regolarmente affinché io scriva. Oggi mi permetto di presentarvi qualche idea –evidentemente molto ispirata al suo pensiero, persino alle sue espressioni– che si è consolidata al seguito dei recenti dibattiti in Germania (caso Sarrazin) e in Francia (espulsioni del governo Sarkozy). Ho avuto l’occasione di esporle nella pagina web di Federico Mayor Zaragoza, ex-presidente dell’Unesco e attuale presidente della Fundación Cultura de Paz, convergente assai con il messaggio ormai pluridecennale di Boris e del Centro Metaculturale.

N.B. Stile di pensiero, relazione d'aiuto e composizione delle differenze sono termini che acquistano un senso specifico nelle opere di Boris Porena, dove sono stati sviluppati dettagliatamente. Anche la citazione d'Orazio è stata utilizzata in diverse occasioni in queste opere. 'Prendere consapevolezza per agire, agire per prendere consapevolezza' rispecchia trasparentemente il poreniano analizzare per comporre, comporre per analizzare.

Quando due culture entrano in contatto reciproco, si influiscono a vicenda (Grecia capta Romam cepit, osservò non del tutto senza sagacia un ‘conquistatore conquistato’ più di venti secoli fa). Gli arrivati e/o conquistati (oggigiorno, la conquista per eccellenza è la mescola di sfruttamento economico ed emarginazione sociale) si dibattono tra due pulsioni contrastanti. Da un lato, pulsione verso l’integrazione (bisogna dire l’ovvio – se non ne esistesse almeno in ragionevole misura, non sarebbero venuti). Da un altro, pulsione verso l’identità.

Risulta spiegabile che le nostre società si concentrino sulla parte problematica, che è chiaramente la seconda. Davanti ad essa, ci sono alcuni anni che stiamo provando con una combinazione di paternalismi di facciata e, sotto la loro copertura, delle bastonate dell’accidente). Ma è chiaro che questo cocktail non funziona e spazia – non aiuta l’integrazione, non riduce le diseguaglianze. E davanti alle bastonate l’identità semmai si rinforza – proviamo a chiederlo ai guerriglieri di tutte le epoche.

Con ciò, il senso di identità si sclerotizza e comincia a diventare identitarismo. (Costruisco questa parolaccia con la desinenza –ismo perché denota un’ideologia, che pretende di avere valore assoluto). Questo fenomeno non avviene soltanto nei margini radicali del gruppo bastonato; l’identitarismo salta, come vero virus ideologico, i tenui confini tra culture, e modifica il ‘DNA culturale’ del gruppo dominante. Genera uno stile di pensiero che, senza prendere consapevolezza di questa retroalimentazione negativa, si lancia a proporre politiche identitariste (talvolta tesi, come quelle di Sarrazin in Germania, talvolta azioni, come le espulsioni attuate dal governo Sarkozy).

Leggere di più ... Cosa propone concettualmente questo identitarismo dominante? Al mio parere, sono tre le sue linee d’azione. Primo, diffonde dati sprovvisti di contesto e strutturati secondo stereotipi (‘i musulmani costano di più al nostro sistema di protezione sociale’, ‘gli zingari rubano’ e così via). Secondo, rifiuta i paternalismi dell’odierno apparato sociale. Terzo, non solo non denuncia le corrispondenti bastonate ad hoc ma persino chiede che si rinforzino.

Come combattere questo virus? Non penso che valgano repressioni né tanto meno censure politicamente corrette. Neanche vale rincarare la dose di politiche di dimostrata inefficacia. Forse valga la pena, invece, adoperare uno stile di pensiero lucido, relativizzante, orientato alla realtà, che scommetta decisamente per la pace.

Davanti alla prima proposta identitarista, bisogna fornire informazioni e situare nel contesto appropriato i dati divulgati. Mi si permetta un esempio sarcastico: senza contesto, potremmo anche affermare che i residenti di Buchenwald ne uscivano scheletrici (i sopravvissuti, si intenda bene) e che probabilmente questi anoressici privi della più elementare gratitudine erano afflitti da un gene che gli impediva di metabolizzare il salutare brodo di pietre che ivi gli veniva generosamente offerto, assieme a un’ampia gamma di attività fisiche all’altezza della miglior palestra. Senza contesto, potremmo anche affermare che gli immigrati fanno affondare il nostro sistema sociale, oppure che gli zingari rubano. Siamo liberi di farlo, ma non solo descriveremmo in modo storpiato la realtà, ma anche danneggeremmo le nostre speranze di pace.

La seconda proposta dell’identitarismo merita applauso parziale, anche venendo da dove viene. Il paternalismo non ha nulla a che vedere con l’aiuto all’integrazione, come non ha nulla a che vedere con l’educazione. Il paternalismo finge la pace presente ma non fa nulla per prevenire la guerra futura. Ma non basta con denunciare il paternalismo: bisogna progettare ed eseguire un’azione di aiuto non paternalista che rispetti la dignità di quello che riceve l’aiuto e di quello che lo porge. L’obiettivo della relazione d’aiuto sarà la composizione armonica delle differenze, che sono relative; non può essere pretestuale, misericordia di uno ‘che vale di più’, che spinge qualche tozzo di pane secco nella mano di un altro che ‘vale di meno’ per tranquillizzare la propria coscienza, evitare sommosse … e giustificare le bastonate che continua ad amministrare in parallelo.

La terza proposta deve essere denunciata. Non serve rinforzare la pioggia di bastonate sui già bastonati. Serve invece rinforzare il principio di legalità, senza eccettuarne nessuno –so che in italiano suona sovversivo–. Questa legalità deve consolidarsi nell’ambito dello Stato, per tutti coloro che vi abitano. Successivamente, deve emanarsi e propagarsi verso la comunità degli Stati, come legalità internazionale. Solo attraverso la legalità diventa possibile una pace vera e duratura.

Prendere consapevolezza per agire, agire per prendere consapevolezza. Appunto perché non consideriamo positivo il senso assoluto dell’identità –in modo fondato, poiché è pericoloso per la pace– non possiamo combatterlo con un identitarismo di senso contrario, ugualmente assolutista.

L’affermazione assoluta dell’identità, assieme alle disuguaglianze economiche e sociali, e al disastro ambientale, sono le tre grandi minacce per la pace. Oggi, le minacce per la pace hanno implicazioni senza precedenti nella storia dell’umanità. Sono diventate minacce per la specie, se non per l’intero pianeta, dovuto alla straordinaria densità che abbiamo raggiunto, e ai mezzi tecnologici disponibili per fare la guerra – purtroppo le bastonate, che già in ambito sociale sono più che metaforiche, in ambito planetario rischiano di diventare ‘megatonate’, letteralmente, se la discordia ci scappa di mano, a furia di avvivare il fuoco degli identitarismi.

Prendere consapevolezza è un processo a 360°. Le identità che vengono affermate come assolute non si trovano soltanto ‘fuori’ dalle nostre società, incarnate in individui di pelle oscura, vestiti diversi, abitudine strane. Esistono altre identità assolute che si affermano in modo altrettanto insidioso dentro alla nostra cultura, come sono i nazionalismi, i gruppi di potere religioso, politico, ideologico, economico, … chi più ne abbia più ne metta.

Dobbiamo prendere consapevolezza della minaccia molteplice. Se non interveniamo urgentemente e decisamente per relativizzare le identità, tutte le identità; per ridurre le disuguaglianze; per proteggere l’ambiente che è casa di tutti … si annunciano tempi brutti, molto brutti. Per tutte le identità e per i loro portatori.

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