venerdì 10 settembre 2010

NO al guadagno illimitato

Perché limitarlo e come?

Alla prima metà della domanda non è difficile rispondere: siccome la produttività del nostro piccolo pianeta e di conseguenza il reddito che possiamo trarne sono limitati, deve esserlo anche il guadagno della singola persona. Più problematico rispondere alla seconda metà: come contenere questo guadagno entro limiti politicamente accettabili e controllabili. Una ripartizione egalitaria non è riproponibile dopo il fallimento del modello comunista. L’accumulo capitalista è parimenti fuori discussione per l’impossibilità di localizzare inequivocabilmente i capitali. Anche la loro permanente fluttuazione nel limbo della concorrenzialità scontenta pericolosamente ampi strati della società, che da un momento all’altro si vedono precipitare nel sottosviluppo mentre piccoli gruppi di potere accrescono i loro guadagni oltre ogni limite.

Avvertiamo tutti la necessità di ridisegnare questi limiti in modo da ridurre progressivamente i dislivelli economici che il guadagno illimitato ha prodotto. Non tocca a noi, che ne saremmo del tutto incapaci, progettare un modello di sviluppo che preveda un contenimento dei guadagni entro quei limiti.

Ma –si domanderà qualcuno– quei limiti ci consentiranno ancora di parlare di ‘sviluppo’? Forse bisognerà includere nella progettazione del modello anche la ridefinizione del concetto di sviluppo. Fino a oggi la versione ‘moderna’ di questo concetto è quasi esclusivamente economica. Altre modalità di sviluppo vengono intese tutt’al più come concomitanti (sviluppo del pensiero, delle capacità critiche, della creatività, della consapevolezza, della solidarietà planetaria, ecc.). A fronte di queste ‘altre’ modalità di sviluppo la concentrazione su quella economica appare eccessivamente riduttiva e soprattutto inadatta anche solo a porsi il problema della sopravvivenza nei termini perentori richiesti dalla situazione attuale. La produttività della mente umana penso sia tale da risolvere anche questo problema come tanti altri ne ha risolti nei corso dei secoli. La particolare difficoltà cui oggi ci troviamo esposti è –così credo– il superamento della crescita unilateralmente economica attraverso l’apertura metaculturale della mente.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Un postino al postino “NO AL GUADAGNO ILLIMITATO”

Da Moby Dick di Melville: “E c’è una bella differenza tra pagare ed essere pagati. Il dover pagare è probabilmente la condanna più seccante che i due ladri del frutteto ci abbiano lasciato in eredità. Ma l’esser pagati… cosa c’è di meglio? La cortese sollecitudine con cui l’uomo accetta il denaro è davvero sorprendente, considerando come noi si sia profondamente convinti che il denaro stia alla radice di ogni male terreno, e che in nessun caso un uomo danaroso possa entrare nel regno dei cieli. Ah! Con quanta allegria ci consegniamo alla perdizione!”

Ma insomma, questo denaro, ci piace o no? …A volte sì, a volte meno! E spesso è proprio dall’ambiguità che si sviluppano sistemi, come quello economico, sotto il segno delle disuguaglianze. Il desiderio di arricchirsi e il disprezzo verso il ricco fanno il paio e in essi si confondono il bisogno di affermazione sociale e la critica alle disparità sociali. Così, al di là delle parole e delle affermazioni di principio, le azioni concrete, singole o collettive, sfumano e i gap aumentano.
Alle considerazioni sociologiche si aggiungono quelle ben note sull’economia moderna del profitto: un ‘sistema aperto’ basato sulla crescita illimitata. Il risultato attuale è un neoliberismo e una globalizzazione d’assalto; un campionato mondiale dell’economia senza regole, in cui il controllo dei poteri pubblici si ritira di buon ordine per favorire un neocolonialismo a vantaggio di pochi.
Già, a vantaggio di pochi, poiché anche la crescita impetuosa dei ‘paesi emergenti’ coinvolge marginalmente i lavoratori locali, con i loro salari bassissimi, gli orari massacranti e l’assenza di diritti.
In compenso, come sappiamo, gli stipendi dei dirigenti aziendali, o manager come li si voglia chiamare, sono aumentati nei decenni a ritmi esponenziali. Si sono recentemente confrontati i compensi dei dirigenti FIAT negli anni Settanta, alcune decine di volte superiori a quelli degli operai dell’epoca, con quelli attuali, centinaia di volte superiori. "Non è uno scandalo!", affermano gli economisti di professione: l’importante sono i risultati.
Ma, ritornando a riflessioni sociologiche, tutto questo non ci riporta a una separazione netta tra due mondi: quello del principe e del povero? Un ultimo punto di domanda. La corsa sfrenata dei potenti dell’economia verso il guadagno personale, non nasconde in fondo la consapevolezza della durata effimera di questo sistema economico? Il bisogno di accumulare provviste per un lungo inverno? Forse occorrerebbe dire NO a questo guadagno illimitato.

da Alberto