mercoledì 22 settembre 2010

NO al capitalismo privato - di Stato


Illustrazione di Michael Hacker

Questo titoletto suona irrimediabilmente ideologico e di parte. Se lo tollero in uno scritto tutto sommato ancora legato a IMC, è per due ragioni:

- Perché sul momento ritengo la deriva tardocapitalista estremamente pericolosa per la sopravvivenza,
- Perché non identifico ‘capitale’ con ‘capitalismo’ e considero il secondo come l’anima ideologica del primo e preferisco attenermi alla solidità corporea piuttosto che all’evanescenza dell’anima. Quindi SÌ all’oggetto ‘capitale’ come ‘strumento per …’, NO al capitalismo come principio di vita.

Per molti tuttavia il capitalismo è effettivamente un principio di vita, e semplicemente negarlo non porta a nulla. Bisogna quindi affiancargli altri ‘principi’ che offrano delle alternative appetibili. Tra queste la ricerca occupa uno dei primi posti, se ne riparlerà tra non molto. La ‘relazione d’aiuto’, cui di recente ho dedicato uno studio, è un’altra di queste alternative. Anche il trasferimento del capitalismo dal privato al pubblico nel cosiddetto ‘capitalismo di stato’ –come al suo tempo in Unione Sovietica e oggi, sebbene fortemente meticciato, in Cina– tenta di proporsi come alternativa. Ma questo trasferimento, se ha fatto della Cina un temibile concorrente del capitalismo euroamericano, non ha neppure affrontato i grandi problemi dell’ecocompatibilità, dall’inquinamento alla sovrapopolazione, all’eccesso dei consumi. NO quindi al modello cinese, capace solo di acuire i problemi dell’umanità, non certo di avviarli a una soluzione concordata.

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