martedì 21 settembre 2010

NO alla sperequazione economica


Ritengo intollerabile il fatto che sul nostro minuscolo pianeta coesistano, spesso gomito a gomito, individui sotto la soglia di povertà, affamati, assetati, divorati dalle malattie e altri (tra cui annovero me stesso), partecipi di un immeritato benessere o addirittura ricchi al di là del immaginabile. Un alieno sufficientemente ingenuo ma non indotto di aritmetica troverebbe subito la soluzione del problema, così come l’aveva trovata l’ideologia comunista, fallendo però nella pratica. Ora si attende con trepidazione il fallimento dell’ideologia contraria: il capitalismo concorrenziale. Che questa non possa essere la soluzione lo dimostra il suo stesso meccanismo. Questo infatti si basa sulla crescita infinita, impossibile su un pianeta finito, impossibile però anche per la concomitante crescita della sperequazione economica che prima o poi porterebbe alla distruzione della nostra specie.

È pensabile una via di mezzo tra comunismo e capitalismo?

Non credo se permane nella società umano lo ‘statuto culturale’ che attualmente la domina. Questo è sostanzialmente esclusivo: o/o. Mentre oggi ne serve uno inclusivo e-e: non un modello culturale dominante come tuttora quello euroamericano, ma una pluralità di modelli coesistenti alla pari. Detta così la cosa ha del banalmente utopistico; non più se riuscissimo a elaborare un ‘supermodello’ immune alla contraddizione. In linea di principio, un tale supermodello è a portata di mano nell’ipotesi metaculturale (IMC), di cui però sono ancora da esplorare molti aspetti pratici e politici. In particolare è da studiare un modello economico in cui la sperequazione tenda asintoticamente a zero.

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