sabato 30 luglio 2011

Una cinquina teologale (iii)

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Dio, un problema semantico? Tradizionalmente il problema ontologico per eccellenza: dove cercare un fondamento per l'essere se non nell'idea di Dio? Per secoli, millenni è stato così, poi, con Cartesio, il principio fondante si è trasferito sull’io, presto però sostituito dal anonimato del ‘fenomeno’, poi dell’Io idealistico. Affezionate a un Dio-persona sono rimaste le religioni, anche se non tutte. Sembrerebbe un anacronismo nell’ora tecnologica dove perfino le immagini, le voci, i pensieri vagano nello spazio senza legarsi a nessun corpo, eppure è un fatto che gli uomini non riescono a staccarsi da uno ‘stile di pensiero’ che gli ha accompagnati per tanti anni anche senza riscontro alcuno nella realtà. So benissimo che su questo punto non concorderanno i fedeli di qualsiasi religione, per i quali il mondo stesso testimonia della presenza di Dio, è cioè segno prima ancora che sostanza e come tale fa di Dio un problema semiotico, risolvibile attraverso la sola interpretazione. Sia che questa sia pubblica garantita da un’istituzione come la Chiesa –presso i cattolici– sia ‘privata’ garantita dalla coscienza del singolo –presso i protestanti–, è sempre l’interpretazione, non la lettera, ad avere l’ultima parola.

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