lunedì 17 novembre 2014

Tratta XXII.1 – Particolari connessioni



[Nella sestina precedente, anzi in tutto questo libro – che, vorrei ricordare, non è ovviamente quello che non scriverò mai – mi sono servito, a tratti, non sistematicamente, della metafora ferroviaria, a essere precisi della ‘rete’ ferroviaria per rendere l’immagine della totalità comunicazionale in cui siamo immersi.
Perché questa immagina, non certo attualissima, e non l’altra, più a portata di mano, di rete telematica o televisiva?]
È assai probabile che qui sia in gioco la mia età e la mia infantile passione per i treni. Le ‘reti’ tradizionali, come qui quella ferroviaria, ma anche una rete autostradale o semplicemente viaria, hanno la caratteristica di essere fisse, inamovibili, mentre quelle che oggi penetrano nelle case e ci raggiungono ovunque noi siamo non sono solo mobili, ma si può dire che non esistono – o meglio i singoli percorsi non esistono – se non potenzialmente fin quando non le attualizziamo con particolari connessioni.
Non chiedetemi vuol dire quel “attualizzare con particolari connessioni”. Non solo, come non lo sa un qualsiasi bambino che preme i tasti della televisione e non si meraviglia neppure che sullo schermo gli appaiano gli orsi dell’Alaska (che chissà dov’è) o i leoni sub sahariani (credo si trovino tutti allo zoo vicino casa). Le faccende delle onde elettromagnetiche ce l’hanno spiegate pure a scuola con tanto di formule. Le formule le abbiamo dimenticate e la cosa in sé continuiamo a non capirla.
O forse l’immagine della rete – ferroviaria o telematica – rispecchia la rete neuronica del nostro cervello, che utilizziamo fin dalla nascita, senza avere la minima idea di che cosa vi succeda quando pensiamo per esempio a un barattolo di marmellata: lo vediamo cogli occhi, sentiamo il sapore della marmellata, ne annusiamo l’odore, gustiamo il sapore, riflettiamo su quanto costa? E, anche se percepiamo tutte queste cose assieme, come fa il cervello, questa inerte massa gelatinosa a trasmetterci tutte queste informazioni? Trasmetterle a chi? A me, che quindi siamo tutt’altro del nostro cervello. E io che credevo di essere tutt’uno col mio cervello!
Certo gli scienziati ne sapranno molte di più, sul mondo, su noi stessi. Ne sapranno abbastanza per dire: ho capito!]

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