mercoledì 5 novembre 2014

Tratta XXI.2 – Separare il grano dal loglio



[Dialogante 1]  Qualcuno potrebbe chiederci: perché la forma aforistica, trionfante nei Postini e qui stancamente ripresa?
[Dialogante 2]  Sappiamo benissimo questo, perché non facciamo alcun tentativo di nasconderlo: perché le forme brevi si dominano più facilmente di quelle lunghe. A scrivere un pario di frasi non del tutto idiote ci riusciamo tutti.
[Dialogante 1]  Già, ma qui le frasi con questa pretesa sono varie centinaia.
[Dialogante 2]  Di cui quelle ‘riuscite’ sono solo una piccola frazione.
[Dialogante 1]  A gettar via le altre ci penserà la selezione culturale.
[Dialogante 2]  Pensi che qualcuno si prenderà cura di separare il grano dal loglio? Oltretutto senza la certezza di trovarne.
[Dialogante 1]  Gli umani sono sempre in cerca dell’eccezione. La normalità la vivono giorno per giorno in attesa che quella si manifesti. Cosa più probabile in una sequenza di considerazioni sconnesse che nella coerente sequenza di un romanzo di settecento pagine.
[Dialogante 2]  Esistono anche romanzi sconnessi, desultori.
[Dialogante 1]  Nessuno ti impedisce di leggere anche i Postini e queste note come un romanzo particolarmente sconnesso la cui ‘unità’ tocca a te costruirla, sempreché tu ne abbia voglia.
[Dialogante 2]  Mi sembra che cerchi di giustificare la nostra propensione per la brevità.
[Dialogante 1]  Non lo escludo, ma non credo ne abbiamo bisogno: tutt’al più non ci leggeranno.
[Dialogante 2]  Il che andrebbe benissimo se scrivessimo romanzi. Molto meno per gente come noi, illusa di cambiare il mondo a forza di Postini e metafore ferroviarie.
[Dialogante 1]  So perfettamente che per cambiare il mondo ci vuole ben altro…
[Dialogante 2]  … chi ti assicura inoltre che il mondo, cambiato come vorremmo noi, sarebbe più disposto a farci sopravvivere.
[Dialogante 1]  Non ce lo assicura nessuno, certo. Non ci resta che una duplice speranza: che ci sia così e che qualcuno ci dia retta.

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