[Dialogante 2] La libertà
consiste nell’autocontrollo?
[Dialogante 1] Mi aspettavo
che dicessi: forse. Comunque il ‘forse’ è assai più formativo del sì e del no.
Spinge a pensare di più, a indagare oltre, pur sapendo che il pensiero non
supererà mai lo stadio del forse.
[Dialogante 2] Ed è bene
che sia così. Il sì e il no bloccherebbero il pensiero che dal conto suo
vorrebbe trovare sempre nuove strade come se le strade ci fossero e non fosse
lui –il pensiero– a costruirle.
[Dialogante 1] È la stessa
storia delle tratte. Vie e tratte sono opera nostra e sono rese
possibili dagli stessi ‘forse’ che il cervello ci crea a ogni domanda che si
pone.
[Dialogante 2] E perché li
ricrea?
[Dialogante 1] Per
sopravvivere. Domande e risposte in continua alternanza solo a questo servono:
a tenerci in vita. Ideologicamente: a mantenerci degni di lei.
[Dialogante 2] Ora esageri
con la retorica: un po’ di autocontrollo perbacco!
[Dialogante 1] Ecco: per un
poco l’ho scosso e che ne è venuto fuori? una
paccottiglia ideologica in cui le parole acquistano senso solo perché sono
detti.
[Dialogante 2] Ma non è
capitato solo in questa sede. Ne siamo testimoni pressoché ogni giorno e noi
stessi usiamo delle parole a questo modo.
[Dialogante 1] È già
qualcosa se cominciamo a rendercene conto. Questo intendiamo parlando di ‘autocontrollo’.
Non certo esprimere un giudizio, neppure quando è palese la sua perdita. Che
non tanto è perdita quanto deliberata rinuncia.
[Dialogante 2] Ricordo una
volta – ero ancora un ragazzo di sì e no venti anni e non mi ero ancora mai
ubriacato. Decisi di esperimentare il momento in cui si perde il controllo continuando
a bere (credo che fosse whisky, che
detesto cordialmente): mi sono sentito malissimo, ho vomitato l’anima, ma il
controllo non l’ho perso.
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