[Dialogante 2] Il tuo
“credo” esprime un dubbio o una certezza? Il verbo ‘credere’ è ambiguo.
[Dialogante 1] Certo, è
strano che lo si sia scelto per affermare il fondamento di una fede.
[Dialogante 2] Forse non è
questo che si vuole affermare ma il nostro atteggiamento nei suoi confronti: c’è
una fede e ci sono io che l’affermo.
[Dialogante 1] L’affermi
per te o per tutti?
[Dialogante 2] E come
potrei, essendo io uno, affermarla
per tutti?
[Dialogante 1] Se fosse
così, non ci sarebbe nulla da obbiettare. Ma che senso avrebbe affermare un’ovvietà?
[Dialogante 2] Il fatto di
affermarlo presuppone che non sia un’’ovvietà’ e che ci possa essere qualcuno
non d’accordo.
[Dialogante 1] Il punto è:
questo qualcuno, per il fatto di non condividere un’’ovvietà’, è da condannare?
[Dialogante 2] Dipende.
[Dialogante 1] Da che?
[Dialogante 2] Da quanto
questa ovvietà è condivisa.
[Dialogante 1] Cioè, se ho
capito bene, non da circostanze fattuali, ma dall’opinione di alcuni.
[Dialogante 2] Quanti debbono
essere questi ‘alcuni’ per determinare un’’ovvietà’?
[Dialogante 1] Certo una
maggioranza!
[Dialogante 2] Quindi
toccherebbe prima stabilire quando, in che condizioni un certo numero di
persone –quali, quante?– costituiscono una ‘maggioranza’.
[Dialogante 1] Supponiamo
che tutto –numero, condizioni, opinioni, certezze confluiscono in un’accettazione
condivisa– che ne concludiamo? che il nostro ‘credo’ abbia perso di ambiguità?
[Dialogante 2] Se lo avesse
fatto avremmo perso la nostra maggiore ricchezza.
[Dialogante 1] Credi?
[Dialogante 2] Credo.
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