[Dialogante 2] Purtroppo
non ricordo quasi nulla del greco imparato al liceo, cosicché mi mancano i
ponti che mi immetterebbero direttamente in quella civiltà; per raggiungerla
debbo servirmi di altre tratte che mi colleghino con tappe intermedie, così le
traduzioni, la storia della letteratura…
[Dialogante 1] … le opere
latine. Per esempio l’Eneida,
un’evidente derivato dai poemi omerici.
[Dialogante 2] Non sono
d’accordo (capita talora di non esserlo neppure con se stessi).
[Dialogante 1] L’ho detto
solo per provocarti. So benissimo la tua ammirazione per Virgilio e
naturalmente la condivido. Spesso mi martella le tempie lo splendido attacco
del II libro: Infandum, regina, iubes renovare dolorem, che Dante ha poi stemperato in
« Tu vuoi ch'io rinnovelli
disperato dolor che il cor mi preme »
altrettanto splendido nella sua italianità quanto
l’attacco nella sua latinità.
[Dialogante 2] Hai ragione:
mette conto il confronto, non certo per stabilire un’assurda graduatoria, ma
per osservare quanto un’adeguata competenza linguistica debba e sappia
rispecchiare lo ‘stile mentale’ proprio di una lingua. Puerile e inutile sarebbe inquinare con
la piana direzionalità dell’italiano l’ispido rigore del latino. Dicono che
l’italiano sia figlio del latino. Da un punto di vista strettamente
dizionariale è certo così. Il modo di pensare viene probabilmente da un’altra
parte.
[Dialogante 1] Lasciamo
queste questioni a chi se ne intende. Per parte nostra accontentiamoci di
poter, grazie al latino, pensare nell’uno e nell’altro modo.
[Dialogante 2] Mi sembra,
da quel che diciamo, che saremmo favorevoli a una massiccia reintroduzione del
latino nella scuola.
[Dialogante 1] Il problema
non è il latino. È la diversità espressiva raggiungibile in mille altri modi.
[Dialogante 2] D’accordo.
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