domenica 22 giugno 2014

Tratta XIV.4 – Infandum, regina, iubes renovare dolorem





[Dialogante 2]  Purtroppo non ricordo quasi nulla del greco imparato al liceo, cosicché mi mancano i ponti che mi immetterebbero direttamente in quella civiltà; per raggiungerla debbo servirmi di altre tratte che mi colleghino con tappe intermedie, così le traduzioni, la storia della letteratura…
[Dialogante 1]  … le opere latine. Per esempio l’Eneida, un’evidente derivato dai poemi omerici.
[Dialogante 2]  Non sono d’accordo (capita talora di non esserlo neppure con se stessi).
[Dialogante 1]  L’ho detto solo per provocarti. So benissimo la tua ammirazione per Virgilio e naturalmente la condivido. Spesso mi martella le tempie lo splendido attacco del II libro: Infandum, regina, iubes renovare dolorem, che Dante ha poi stemperato in
« Tu vuoi ch'io rinnovelli
disperato dolor che il cor mi preme »
altrettanto splendido nella sua italianità quanto l’attacco nella sua latinità.
[Dialogante 2]  Hai ragione: mette conto il confronto, non certo per stabilire un’assurda graduatoria, ma per osservare quanto un’adeguata competenza linguistica debba e sappia rispecchiare lo ‘stile mentale’ proprio di una lingua.  Puerile e inutile sarebbe inquinare con la piana direzionalità dell’italiano l’ispido rigore del latino. Dicono che l’italiano sia figlio del latino. Da un punto di vista strettamente dizionariale è certo così. Il modo di pensare viene probabilmente da un’altra parte.
[Dialogante 1]  Lasciamo queste questioni a chi se ne intende. Per parte nostra accontentiamoci di poter, grazie al latino, pensare nell’uno e nell’altro modo.
[Dialogante 2]  Mi sembra, da quel che diciamo, che saremmo favorevoli a una massiccia reintroduzione del latino nella scuola.
[Dialogante 1]  Il problema non è il latino. È la diversità espressiva raggiungibile in mille altri modi.
[Dialogante 2]  D’accordo.


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