[Dialogante 2] Abbiamo sinora
parlato di tratte costruite verso il passato. Ci sono o sono immaginabili anche
ponti verso il futuro?
[Dialogante 1] Sono certo
immaginabili. Che lo diventino realmente non saprei dire.
[Dialogante 2] Se consideriamo la
parola ‘futuro’ in relazione a un punto del tempo sufficientemente passato…
[Dialogante 1] Alt! Comincio già a
non capire. Che vuol dire ‘sufficientemente passato’? O è passato o non lo è.
[Dialogante 2] Scusami, ma
intendevo dire il passato da un tempo tale che anche il suo futuro, nella
misura che qui ci interessa, appartenga anche al nostro passato!
[Dialogante 1] Questo si chiama
parlare chiaro! Comunque ho capito.
[Dialogante 2] È del tutto normale
che certi fatti del passato siano stati preceduti da altri che li hanno resi
possibili, e sono questi ultimi che chiamerei ‘ponti’ gettati sul futuro.
[Dialogante 1] Puoi farmi un
esempio o preferisci che te lo faccia io?
[Dialogante 2] … Democrito, che con
la sua visione atomica del reale in particolare con l’ipotesi del dinamou sembra gettare un ponte verso il
pensiero scientifico odierno.
[Dialogante 1] O Beethoven che
nelle sue ultime opere sembra precorrere la dissoluzione delle forme classiche
e nella Grande Fuga perfino della
sintassi e grammatica tonale, quale si verificherà un secolo dopo.
[Dialogante 2] Ma perché ci
sentiamo ambedue in dovere di attutire le nostre affermazioni con quel ‘sembra’,
mentre il ‘ponte’ è lì, davanti ai nostri occhi, inequivocabile?
[Dialogante 1] Sulla sua
inequivocabilità ci sarebbe da ridire. Anzitutto che i contemporanei di allora,
non conoscendo il futuro, non avrebbero certo parlato di ‘ponte’, semmai di
follia, di blasfemia; solo più tardi, a trasformazioni avvenute, si sarebbe
potuto parlare di anticipazioni, preveggenza.
[Dialogante 2] Però, in qualche
caso almeno, il futuro è esplicitamente previsto e teorizzato, a cominciare da
Wagner[1],
poi da innumerevoli ‘Manifesti’, politici e artistici degli ultimi due secoli.
[Dialogante 1] Che a questi ‘Manifesti’
siano seguite effettivamente delle realizzazioni non è dovuto a un loro potere
premonitore, ma alla realtà di chi è venuto dopo. È come se i ‘ponti’ siano
stati costruiti dopo esserci passati
su.
[Dialogante 2] Infatti gli autori
di quei manifesti vi hanno profuso certo molto più fantasia che preveggenza.
[Dialogante 1] In più di un caso
tuttavia –si veda per tutti il Manifesto
del Partito Comunista– i loro contenuti futuribili attendono ancora una
scelta adeguata…
[Dialogante 2] … e si potrà parlare
di ‘ponte’ solo se una scelta del genere si verificherà, altrimenti il ‘ponte’
resterà immaginario, tutt’al più fideistico, come i messaggi delle religioni.
[Dialogante 1] Ma mi hanno detto
che il Manifesto sunnominato una sua
realizzazione ce l’ha avuta, solo che la storia l’ha rifiutata.
[Dialogante 2] Ancora due mitizzazioni
gratuite: da un lato l’identificazione dell’Unione
Sovietica con l’utopia marxista, dall’altro la divinizzazione della Storia come reggitrice delle sorti
umane.
[Dialogante 1] Solo il futuro si
potrà dire se il “Manifesto” è o non
è stato un ‘ponte’ verso un nuovo modo di convivenza umana o un tentativo
fallito…
[Dialogante 2] … perché
fallimentare in partenza o perché divenuto tale in corso d’opera.
[Dialogante 1] Fino allora qualcuno
resterà ancora in attesa.
[Dialogante 2] Credi?
[Dialogante 1] Credo.
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