martedì 24 giugno 2014

Tratta XIV.6 – Razionalità estrema



[Dialogante 2]  Ora, se permetti, una breve riflessione sul linguaggio musicale, che dopo tutto è il nostro passato. Di questo linguaggio abbiamo quasi sempre parlato –ma anche lo abbiamo praticato– come se fosse unicamente un prodotto razionale senza alcuna partecipazione della sfera emozionale…
[Dialogante 1]  … certo una falsità, anche intesa soggettivamente. Chi ci conosce sa quanto siamo piuttosto al contrario, un eccesso di emotività che ci ha costretto a rifugiarsi dietro un paravento di razionalità per evitare il ridicolo.
[Dialogante 2]  Questo non vale del tutto per l’attività produttiva, che risente spesso di una certa secchezza si direbbe programmatica.
[Dialogante 1]  … Ma non era nostra intenzione parlare di questo, ma, più in generale, nel ruolo dell’emotività nella produzione artistica e nella musica in particolare, che viene spesso invocata come l’arte sentimentale per eccellenza…
[Dialogante 2]  … e tale resterebbe anche nei suoi esempi di razionalità estrema, come L’Arte della fuga o l’Offerta musicale.
[Dialogante 1]  È una valutazione fatta in assenza di strumenti analitici specifici, che tuttavia coincide singolarmente con il dettato della ragione.
[Dialogante 2]  Riesce spesso anche la controprova: così i Lieder schubertiani  che non lasciano nessun ascoltatore con il ciglio asciutto –come Erlkönig o la Winterreise o gli Heine-Lieder–reggono perfettamente alle più severe delle critiche formali.
[Dialogante 1]  Vuoi dire che non c’è contrasto tra la più intensa espressività e il più implacabile rigore di scrittura?
[Dialogante 2]  Ovviamente. Ma c’è coincidenza?
[Dialogante 1]  Direi che la questione è malposta. Ci sono progetti compositivi che includono l’emotività, anche estrema –tipo Amami, Alfredo–, e altri che non l’includono, come appunto L’Arte della fuga, indipendentemente dalla qualità espressiva. C’è una espressività che passa per le ghiandole lacrimali e un’altra che si ritrae prima di raggiungerle.

Nessun commento: