[Dialogante 1] Ma torniamo
alle nostre tratte, da cui forze
esterne fanno di tutto per distoglierci.
[Dialogante 2] Vorrei che
dedicassimo qualche considerazione alle tratte –metaforiche– che si dispongono
nel tempo, non nello spazio.
[Dialogante 1] È come se la
nostra avidità di possesso volesse impadronirsi anche delle cose che il tempo
ha cancellato o sta cancellando.
[Dialogante 2] Vuoi dire la
storia… o addirittura la preistoria e
le sue tracce.
[Dialogante 1] Anche la
conoscenza di epoche passate è come un ponte che ci ricongiunge a quelle.
[Dialogante 2] Così quando
non solo vediamo, ma tocchiamo, prendiamo in mano un trilobite fossile di tre-
o quattrocento milioni di anni, eccolo lì il ‘ponte’ che il cervello si rifiuta
di comprendere, ma le dita accarezzano come un oggetto qualsiasi.
[Dialogante 1] Se esistesse
qualcosa come la ‘venerabilità degli anni’, i nostri vecchi dovrebbero andarsi
a nascondere di fronte a un trilobite o a un semplice mammut.
[Dialogante 2] Ma per
fortuna i trilobiti non sono più che sassi e i mammut solo mucchi di ossa senza
movimento. La domanda è: questi sassi, queste ossa sono per noi veramente il
ponte che ci fa andare a ritroso per migliaia, milioni di anni?
[Dialogante 1] Sai
benissimo che non sono loro il ponte e non lo è, non lo può essere neppure un
ricordo che non c’è.
[Dialogante 2] Lo è però la
conoscenza, il sapere, costruito o meglio ricostruito dall’intelletto sulla
base di quelle pietre e ossa.
[Dialogante 1] Che cosa c’è
di reale in tutto questo: l’immagine
ricostruita? il suo luogo nell’immaginaria serie di ceti che si sono susseguiti
nel tempo? il tempo stesso o la sua traduzione in numeri?
[Dialogante 2] Niente di
tutto questo. Di reale non ci sono
che le ipotesi che sorreggono i ponti.
[Dialogante 1] Ipotesi, per
giunta, certo meno solide di un pilone di ponte.
[Dialogante 2] Ma sono
l’unica cosa che abbiamo e della loro ‘realtà’ conviene contentarsi.
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