giovedì 2 novembre 2017

Tratta XLVII (Falene) .5 – [Interrompo le Empusa fasciata]


[Interrompo questa sequenza sui Lepidotteri per riferire di una singolare cattura fatta da alcuni ragazzi e portatemi in visione entrò uno spazioso contenitore trasparente parzialmente riempito di foglie e rametti: evidentemente quei ragazzi erano interessati alle cose di natura.
Prima ancora di vederla avevo capito di che cosa si trattava. Che poteva essere un animaletto tanto strano da suscitare l’interesse di ragazzi abituati alla vita in campagna? Evidentemente un’Empusa.
Ed era veramente un’Empusa fasciata quella che avevo sott’occhi, e per giunta allo stadio ninfale. Dico ‘per giunta’ perché in questo stadio l’empusa ha effettivamente un aspetto surreale. Più simile a un vegetale rinsecchito che a un insetto, si dondolava sulle quattro lunghe zampe posteriori, mentre le due anteriori erano disposte – ripiegate su se stesse come un coltello a serramanico – lungo lo stretto torace. Fino qui l’avresti detta una mantide, solo che al posto dell’addome aveva una sorte di informe escrescenza accartocciata che in nulla assomigliava a un normale addome di mantide. E poi c’era la testa che si riconosceva come testa solo in base alla sua posizione in cima al torace. Due strani cornetti facevano pensare a una sorta di diavoletto delle erbe, impressione accresciuta da quelli che sembravano i resti di una mosca o altro insetto ancora incastrati tra le lame – o meglio i denti – del coltello a serramanico. Nell’insieme, un animale per noi graziosissimo, per un insetto suo pari certo terrificante (non so se gli insetti provino qualcosa come il terrore). Avevo visto una volta sola una empusa allo stadio ninfale, mai a quello di insetto perfetto, ma la conoscevo da illustrazioni e soprattutto dal capitolo che il Fabre le dedica nei suoi Souvenirs entomologiques.
Quel giorno ci siamo divertiti a osservare lo strano insetto facendolo camminare sulle dita con quel suo passo incerto e grottesco da Monsieur Hulot [1]. I ragazzi si sono poi detti disposti ad allevarlo dentro quel contenitore, fornendogli regolarmente prede vive e osservando gli stadi successivi del suo sviluppo.]



[1]      Protagonista di una ben nota serie di film degli anni Cinquanta e Sessanta, impersonato dall’attore comico francese Jacques Tati.

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