[Più profondo di definitivo il distacco
della religione (della nostra religione) prodotto dalla visione darwiniana
delle cose di natura. Per lo scienziato inglese il caso non è affatto escluso
dall’evoluzione, anzi ne è il vero motore, su cui interviene, in seconda
battuta, il potere ordinanze della ragione. La fides non vi gioca alcun ruolo se non come ‘fede nella ragione’, e
anche allora, una volta riconosciuta la ragione, la fede non le aggiunge nulla,
e possiamo benissimo fare a meno. Il fatto però che possiamo farne a meno
neppure le toglie qualcosa. Per alcuni la fede è un rinforzo della ragione,
utile per coloro che non intendono impegnare la ratio fine in fondo. Per altri questo rinforzo pleonastico;
comunque non vi è contraddizione. E allora, perché tante infamie, tanti
delitti, tante crudeltà per qualcosa che neppure è necessaria?
Ma, se il gioco è fatto, alcune carte
sono rimaste coperte e su queste le chiese intendono continuarlo – il gioco.
Basterebbe che le chiese accondiscendessero a dichiarare le carte rimaste
coperte un optional per i credenti
(anziché un dogma), e molti – forse tutti – i principali pretesti per i
conflitti bellici sarebbero eliminati. Resterebbero le ragioni vere, ma quelle sono troppo banale per
essere difese con il sangue.
+ + + + +
Ma stavamo parlando di coleotteri e
sarà bene che vi ritorniamo.
La divisione tradizionale (da Linneo in
poi) dell’ordine Coleoptera in due
sottordini – Adephaga, cioè
mangiatori di carne, e Polyphaga,
mangiatori di sostanze varie – è tutta in uso, anche se integrata da pochissimi
generi che non rientrano in essi. I due sotto ordini sono numericamente
alquanto diseguali, gli Adephaga
comprendono la famiglia dei Carabidae
con più di 30.000 specie (molte delle quali affari ricercate dai collezionisti
per la loro bellezza), dei Dytiscidae
e dei Gyrinidae, coleotteri
iperspecializzati per la vita acquatica più alcune interessantissime famiglie,
i cui costumi di vita hanno diversamente modellato il loro aspetto esteriore al
punto da farli assomigliare assai più alle famiglie del sottordine dei Polyphaga che a quelle degli Adephaga. Fenomeni di questo tipo, per
cui specie anche molto simili tra di loro sono filogeneticamente molto distanti
mentre specie filogeneticamente non imparentate possono avere un aspetto assai
simile, sono piuttosto frequenti in natura. Ciò dimostra quanto poco i criteri
morfologici da noi applicati nella nostra tassonomia corrispondono a quelli con
cui la natura ama diversificarsi.
Il sottordine dei Polyphaga conta circa 350.000 specie, divise in serie di famiglie,
l’ultima delle quali, la serie dei Cucujiformia
conta da sola con 207.000 specie. Il numero totale delle specie di coleotteri
tuttora esistenti sul nostro pianeta dovrebbe aggirarsi intorno al milione. È
da considerare però la perdita quotidiana di specie ad opera dell’uomo e non
tanto per la sua azione diretta quanto, indirettamente, per le distruzioni
ambientali, per l’occupazione di spazi territoriali destinati alle redditizie
ma biologicamente depauperandoti monoculture, per l’inquinamento terrestre,
idrico e atmosferico, in breve per l’antropizzazione di ogni ambito vitale.
Altre volte la vita ha conosciuto assalti ancora più duri, che l’hanno portata
sull’orlo dell’estinzione, e ogni volta ci sono voluti milioni di anni per
ristabilire condizioni di vivibilità sufficienti a continuare.
Anche a prescindere da noi stessi –
cosa assai difficile da farsi – riuscirà la vita a ricostituire se stessa fino
al punto cui era arrivata? Riuscirà a produrre degli equivalenti di Omero,
Virgilio, Dante, Eschilo, Aristotele, Newton, Einstein, Bach, Beethoven e degli
infiniti altri di cui orniamo la nostra umanità? Riuscirà a generare un altro
Buddah, un altro Gesù?
Può darsi, ma quanto ci vorrà perché
ciò avvenga? E poi, questi che conosciamo saranno perduti per sempre? E così
coloro che li hanno ammirati, amati, che senso ha dire che verranno
‘sostituiti’ da altri che ammireranno, ameranno gli equivalenti di quelli?
Esistono sostituzioni possibili, equivalenze nell’ambito del pensiero? Oppure
ogni espressione del pensiero resta un unicum
e allora ogni traccia di vita che scompare è una perdita irrecuperabile ed è
come se non fosse mai stata. Forse il ‘mai stato’ è il consuntivo di ogni
esistenza. Ma perché anticiparlo di nostra propria volontà? Lasciamo che si
consumi nel tempo che è il suo.
Consumarlo anzitempo non è solo un
furto perpetrato ai danni del possibile. È anche un atto di incommensurabile
stupidità.
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