lunedì 13 novembre 2017

Tratta IL.4 – … stavamo parlando di coleotteri…


[Più profondo di definitivo il distacco della religione (della nostra religione) prodotto dalla visione darwiniana delle cose di natura. Per lo scienziato inglese il caso non è affatto escluso dall’evoluzione, anzi ne è il vero motore, su cui interviene, in seconda battuta, il potere ordinanze della ragione. La fides non vi gioca alcun ruolo se non come ‘fede nella ragione’, e anche allora, una volta riconosciuta la ragione, la fede non le aggiunge nulla, e possiamo benissimo fare a meno. Il fatto però che possiamo farne a meno neppure le toglie qualcosa. Per alcuni la fede è un rinforzo della ragione, utile per coloro che non intendono impegnare la ratio fine in fondo. Per altri questo rinforzo pleonastico; comunque non vi è contraddizione. E allora, perché tante infamie, tanti delitti, tante crudeltà per qualcosa che neppure è necessaria?
Ma, se il gioco è fatto, alcune carte sono rimaste coperte e su queste le chiese intendono continuarlo – il gioco. Basterebbe che le chiese accondiscendessero a dichiarare le carte rimaste coperte un optional per i credenti (anziché un dogma), e molti – forse tutti – i principali pretesti per i conflitti bellici sarebbero eliminati. Resterebbero le ragioni vere, ma quelle sono troppo banale per essere difese con il sangue.

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Ma stavamo parlando di coleotteri e sarà bene che vi ritorniamo.
La divisione tradizionale (da Linneo in poi) dell’ordine Coleoptera in due sottordini – Adephaga, cioè mangiatori di carne, e Polyphaga, mangiatori di sostanze varie – è tutta in uso, anche se integrata da pochissimi generi che non rientrano in essi. I due sotto ordini sono numericamente alquanto diseguali, gli Adephaga comprendono la famiglia dei Carabidae con più di 30.000 specie (molte delle quali affari ricercate dai collezionisti per la loro bellezza), dei Dytiscidae e dei Gyrinidae, coleotteri iperspecializzati per la vita acquatica più alcune interessantissime famiglie, i cui costumi di vita hanno diversamente modellato il loro aspetto esteriore al punto da farli assomigliare assai più alle famiglie del sottordine dei Polyphaga che a quelle degli Adephaga. Fenomeni di questo tipo, per cui specie anche molto simili tra di loro sono filogeneticamente molto distanti mentre specie filogeneticamente non imparentate possono avere un aspetto assai simile, sono piuttosto frequenti in natura. Ciò dimostra quanto poco i criteri morfologici da noi applicati nella nostra tassonomia corrispondono a quelli con cui la natura ama diversificarsi.
Il sottordine dei Polyphaga conta circa 350.000 specie, divise in serie di famiglie, l’ultima delle quali, la serie dei Cucujiformia conta da sola con 207.000 specie. Il numero totale delle specie di coleotteri tuttora esistenti sul nostro pianeta dovrebbe aggirarsi intorno al milione. È da considerare però la perdita quotidiana di specie ad opera dell’uomo e non tanto per la sua azione diretta quanto, indirettamente, per le distruzioni ambientali, per l’occupazione di spazi territoriali destinati alle redditizie ma biologicamente depauperandoti monoculture, per l’inquinamento terrestre, idrico e atmosferico, in breve per l’antropizzazione di ogni ambito vitale. Altre volte la vita ha conosciuto assalti ancora più duri, che l’hanno portata sull’orlo dell’estinzione, e ogni volta ci sono voluti milioni di anni per ristabilire condizioni di vivibilità sufficienti a continuare.
Anche a prescindere da noi stessi – cosa assai difficile da farsi – riuscirà la vita a ricostituire se stessa fino al punto cui era arrivata? Riuscirà a produrre degli equivalenti di Omero, Virgilio, Dante, Eschilo, Aristotele, Newton, Einstein, Bach, Beethoven e degli infiniti altri di cui orniamo la nostra umanità? Riuscirà a generare un altro Buddah, un altro Gesù?
Può darsi, ma quanto ci vorrà perché ciò avvenga? E poi, questi che conosciamo saranno perduti per sempre? E così coloro che li hanno ammirati, amati, che senso ha dire che verranno ‘sostituiti’ da altri che ammireranno, ameranno gli equivalenti di quelli? Esistono sostituzioni possibili, equivalenze nell’ambito del pensiero? Oppure ogni espressione del pensiero resta un unicum e allora ogni traccia di vita che scompare è una perdita irrecuperabile ed è come se non fosse mai stata. Forse il ‘mai stato’ è il consuntivo di ogni esistenza. Ma perché anticiparlo di nostra propria volontà? Lasciamo che si consumi nel tempo che è il suo.

Consumarlo anzitempo non è solo un furto perpetrato ai danni del possibile. È anche un atto di incommensurabile stupidità.

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