martedì 28 novembre 2017

Tratta L.1 – … siano ancora lontani…


[Mi è capitato ormai varie volte di ripetere un’osservazione pur nella sua ovvietà, credo meriti l’attenzione di psicologi e comportamentalisti più di quanto gli sia stata dedicata negli ultimi anni. Nonostante i molti studi sulla produzione bachiana e sulla logica compositiva che ne sta alla base, sembra che siano ancora lontani, non dico dall’averne inteso il meccanismo mentale, ma dall’aver saputo dare un fondamento analitico allo ‘stile di pensiero’ che in quella straordinaria opera fonde senza residui immediatezza inventiva e complessità di elaborazione tecnica.
Bach stesso doveva essere ben consapevole dell’unicità del suo idioletto, quando delle tre cantorie che per contratto doveva rifornire di composizioni per la città di Lipsia, riserbò alle sue personale cura quella della chiesa di San Tommaso, la tecnicamente più agguerrita delle tre, cui affidava le cantate di sua propria composizione, le “di gran lunga più intricate e complesse” tra quelle eseguite a Lipsia.
È difficile dire quanto i contemporanei si accorgessero della eccezionalità di ciò che il Cantor veniva loro proponendo. Certamente qualcuno vi sarà stato nel importante centro commerciale – e non certo incolto – che si sia accorto di ciò che gli succedeva intorno oltre alle consuete compravendite. Il mondo musicale di fine Settecento comunque non ignorò Bach come dimostrano tutti e tre i grandi classici, anche se il fattore ‘moda’ impedì un effettivo ritorno a lui quali si ebbe poi nell’era dello storicismo romantico. La popolarità di Bach ha avuto inizio dal resto con uno stravolgimento totale e della sua musica e del suo messaggio culturale, che solo in tempi recentissimi ha ceduto il posto a una comprensione meglio garantita da una lettura più attenta e meno ideologizzata dei testi. Sarebbe in ogni caso avventato sostenere che oggi, finalmente, Bach lo abbiamo capito.]

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