sabato 20 dicembre 2014

Tratte di memoria – XXV.5 (Memorie figurali)



Fu uno shock visivo paragonabile solo a quello che accoglie il visitatore impreparato la prima volta che entra nella Cappella Sistina. Io avevo già subito quello shock, attenuato però dalla lunga consuetudine con i molti dettagli riprodotti ovunque, nei libri di arte e di storia, financo negli annunci pubblicitari e sui mezzi di trasporto. Non avevo però visto mai una riproduzione dell’altare di Isenheim, né conoscevo altre opere di Matthias Grünewald. Quando entrai, a Colmar, assieme alla mia prima moglie Ida, nel grande ambiente che accoglieva la gigantesca pala, restammo ambedue quasi atterriti dalla terribilità si direbbe michelangiolesca – del Cristo martoriato e crocefisso, dipinto con brutale realismo e minuziosa ricchezza di particolari, con ai piedi la grande virgola della Maddalena collo spasmo delle sue mani intrecciate e l’assurdo, didascalico gesto ostensivo del personaggio che sta lì e non partecipa. Non meno emozionanti le scene dipinte sulle ‘ali’ che ricoprivano l’immagine centrale quando l’altare restava chiuso: mi colpì in particolare l’uso del colore nell’immagine di Maria inginocchiata, degli Angeli musicanti e del Cristo risorto, come immerso nella luce di un arcobaleno glorificante. E ancora: il lacerante contrasto con il mistero dei colori spenti di una ‘sacra conversazione’ tra alberi rinsecchiti che sanno di morte pur nella energica vita dei dialoganti.
L’esperienza della Pala di Isenheim ha riecheggiato a lungo anche nella mia produzione musicale degli anni Sessanta. Ho tentato anche di riproporre gli effetti di luminescenza che si trovano numerosi nei riquadri della pala. Così l’alone variopinto che circonda alcune immagini e che ho più sopra attribuito a un ‘arcobaleno glorificante’, l’ho tradotto musicalmente sovrapponendo più contorni sonori non coincidenti di una stessa figura così da suggerire una sorta di diffrazione sonora. Questo espediente è poi degenerato in una ‘tecnica’ che mi ha perseguitato per anni – quasi non fossi io a inseguire lei, fino a condurmi alla paralisi degli ultimi anni Sessanta e alla rottura definitiva nel Sessantotto. Matthias Grünewald è stato quindi tra le cause lontane del mio tracollo di allora.

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