[La risposta alla domanda finale di XXIV.4.
Potrebbe correre proprio il rischio lì segnalato, potrebbe cioè chiudere
banalmente una questione banale.
IMC è un’ipotesi banale?
Non mi sento di escluderlo del tutto,
se non fosse per il dubbio che ho sulla significatività del termine ‘banale’.
Spesso usato in senso spregiativo, i matematici ne fanno quasi un sinonimo di ‘ovvio’,
come di qualcosa che si incontra per via senza farci caso. Mentre il ‘banale’
si fa in genere notare, perché lo troviamo frammisto a ciò che banale non è o
perlomeno che noi non riteniamo tale.
Esempi di ‘banale’ che smentisce se
stesso li troviamo in abbondanza in Mahler, in Mozart e perfino in Beethoven,
mai tuttavia in Bach, che sembra refrattario al concetto. In letteratura la ‘banalità’
è legata soprattutto al contenuto, mentre nelle arti figurative è equamente
ripartita tra contenuto (significato) e forma. L’astrattismo sembrava,
attraverso l’abolizione del rimando a un ‘rappresentato’, aver aggirato il
problema, poi però si è visto che anche un semplice accostamento di colori o
una troppo prevedibile disposizione di linee poteva essere avvertito come ‘banale’.
Ovunque lo si incontri, il ‘banale’ è comunque, sia come oggetto che come
giudizio, un prodotto culturale la cui validità non supera i confini dell’UCL
che l’ha prodotto.
Veniamo ora a IMC. È o non è un’ipotesi
banale?
Scientificamente è probabile che lo
sia. Ma all’uso del metodo scientifico non è obbligatorio, anzi forse neppure
adeguato nel nostro caso. IMC è nata per l’uso quotidiano, non specialistico,
quindi nel suo ambito la banalità potrebbe addirittura non trovare posto. Un
giudizio di banalità suonerebbe supponente, pronunciato dall’alto in basso,
quindi esso stesso a suo modo ‘banale’ in quanto non commisurato al livello
comunicazionale in atto.
IMC risulta banale anche a livello del
parlare comune? A giudicare dai suoi equivalenti – ”tante teste, tanti cervelli”,
“è questione di punti di vista” e simili – si direbbe di sì ma si tratta
effettivamente di equivalenti? O non piuttosto di indebite semplificazioni,
banalizzazioni?
Le domande sono forse mal poste. Le
frasi surriportate sono preesistenti a IMC, quindi non possono essere lette come
sua semplificazione. Tutt’al più è IMC una loro formalizzazione ‘dotta’,
escogitata per trovare cittadinanza in un UCL filosofico più accreditato.
Sappiamo però che non è così, che IMC è nata in un terreno di esperienze
pratiche condotte nelle scuole primarie di paese, lontano dai centri in cui si
discute di filosofia. Se delle convergenze vi sono state (cosa peraltro
indubitabile), ciò non fa che dimostrare l’unicità progettuale – meglio
genetico-evolutiva – del cervello umano da Einstein al quasi estinto contadino
della Maremma laziale.
Forse la relativizzazione della
banalità, qui tentata, ci porta ad escluderla da un uso discriminante: ciò che
oggi giudichiamo ‘banale’ poteva non esserlo affatto pochi secoli fa, o anche,
nella contemporaneità, basta un cambiamento di UCL, perché la ‘banalità’
diventi il caso ‘interessante’ per eccellenza. Da quanto detto la domanda se
IMC è banale o forse troppo imprecisa per meritare una discussione non banale.
Proprio IMC induce peraltro a discussioni che, come questa, rischiano la
banalità e non portano a nessun risultato praticamente utilizzabile nella
quotidianità. Discussioni di questo tipo servono forse a una sorta di
ginnastica del cervello, come l’enigmistica o il gioco degli scacchi. Possono
però anche – come capita a me dagli ottanta in poi – ridursi a un vuoto
allenamento senza finalità. La teoria di IMC A. tuttavia uno strumento per
difendersi da questi assalti di pletoricità: l’arresto, il cui uso tuttavia non è regolamentato e potrebbe
giungere immotivato, solo per stanchezza. Al di là si sia o no banale, IMC non
ci preserva dalla banalità, anzi per certi versi la incentiva. Sta comunque a
noi, alla nostra mente evitarla. Perché ciò possa accadere, dobbiamo imparare a
riconoscerla anche quando ci si presenta in veste autorevole e paludata, da
professore universitario, o semplice e dimessa, da operatore metaculturale.]
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