giovedì 4 dicembre 2014

Tratta XXIV.1 – La vita l’hanno vissuta per se stessi



[Dialogante 1]  Non sarebbe male che ci fermassimo a riflettere su ciò che stiamo facendo?
[Dialogante 2]  Non un libro, come già detto in apertura, ma un certo numero di frammenti – ponti – congiungenti più o meno a caso i ‘nodi’ di una ‘rete’ che l’UCL in cui viviamo ha costruito nel nostro cervello.
[Dialogante 1]  Prima domanda:
Che parte ha avuto l’io nella costruzione di questa rete?
[Dialogante 2]  Cerco di rispondere:
Spero che la lunga consuetudine, anche operativa, con IMC ci stia concedendo un margine di autonomia del pensiero che le culture di solito non concedono.
[Dialogante 1]  Seconda domanda:
Che cosa ti ripropone con queste Tratte? Pensi che ci passerà sopra qualcun altro oltre noi?
[Dialogante 2]  Non penso che avranno un riscontro sociale immediato, come non l’hanno avuto le Indagini metaculturali in passato. Perché un riscontro ci sia è necessario che gli scritti siano almeno pubblicati, cosa che anche per questi ponti ritengo altamente improbabile, almeno me vivente.
[Dialogante 1]  Scusa se insisto. Ma allora perché continui accanitamente a scrivere?
[Dialogante 2]  Per restare un vivente.
[Dialogante 1]  Quindi il tuo impegno sociale non è autentico? Serve solo a te.
[Dialogante 2]  Che serva a me è indubbio, che serva anche ad altri è una mia speranza.
[Dialogante 1]  Terza domanda:
Ti stupiresti se un domani, anche dopo di te, il consumo arrivasse, e anche abbondante?
[Dialogante 2]  E come potrei, se non ci sarò più?
[Dialogante 1]  Dico, come Faust: “Im Vorgefühl von solchem Glück, genieß ich jetzt den höchsten Augenblick[1].
[Dialogante 2]  Non sono Faust, ne ci tengo ad esserlo. Semmai Goethe, che sapeva essere a un tempo Faust e Mefistofele. Sono stato fortunato, ma non fino a questo punto! Ora però, secondo le migliori tradizioni[2], tocca a me porre domande.
Quarta domanda:
Ha senso vivere per gli altri?
[Dialogante 1]  Mi sembra che a essere insensata è la domanda.
[Dialogante 2]  Ma allora Madre Teresa di Calcutta, Francesco d’Assisi e lo stesso Gesù Cristo?
[Dialogante 1]  Non credo abbiano vissuto per gli altri. La vita l’hanno vissuta per se stessi. È il loro io – o, se si vuole, il loro es – a essere tanto grande da comprendere anche gli altri. Comunque non è questo il caso mio. Se degli altri mi sono occupato – e anche di questo non sono sicuro – , per curiosità, per cercare di capirli come ho cercato di capire i coleotteri.
[Dialogante 2]  Quinta domanda:
L’agire umano risponde a finalità?
[Dialogante 1]  Le ‘finalità’ sono un’invenzione nostra; la vita e l’agire no.
[Dialogante 2]  La vita forse non lo è, ma le azioni sono di nostra responsabilità, le decidiamo in base alla nostra volontà.
[Dialogante 1]  Credi?
[Dialogante 2]  Mi piacerebbe crederlo.
Sesta domanda:
La vita ha un fine?
[Dialogante 1]  Non so proprio come risponderti. Non so neppure se ha una fine a prescindere dalla fine individuale. Credere in un fine, un telos, presuppone uno stile mentale che non è il mio.




[1]             Seconda Parte, Atto V, Großer Vorhof des Palasts. “Nel pregustare una fortuna così grande / adesso godo quel momento eccelso”.
[2]             Probabile allusione alla scena del Wanderer nel primo atto del Siegfried.

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