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“Ma non è
dell’opposizione razionale/irrazionale che vogliamo occuparci e neppure della
liceità di un pensiero autocontraddittorio. Il nostro proposito è piuttosto
quello di chiarirci sul significato del termine ‘politico’ che riteniamo essere
troppo spesso usato, se non a sproposito, certo con dei significati secondi,
terzi… che poco hanno a che fare con quello ci piacerebbe fosse il primo…”
“E quale sarebbe?”
“ ‘Politico’, cioè
attinente alla polis, alla comunità
dei cittadini, in breve alla collettività, la cui ampiezza non è valutabile se
non in relazione al territorio considerato. Orbene, ai tempi dell’antica Grecia
questo territorio di rado eccedeva le dimensioni di quella che oggi si direbbe
una provincia o una regione e quando ciò accadeva, era amministrato per un
tempo limitato o in forma alquanto dissimile da una odierna comunità nazionale.
Quando poi sia le dimensioni che i modi di governo di avvicinavano a quelli
dell’impero romano, anche il significato di ‘politico’ si avvicinò al nostro
odierno: voglio dire che il suo asse portante cessò di essere l’interesse della
comunità per ridursi a quello dei gruppi di potere, talora a quello di un
singolo autocrate, quale che fosse il titolo pubblico che lo giustificava. Da
allora cominciò a essere considerato un ‘buon politico’ chi riusciva a far
coincidere gli interessi suoi privati con quelli pubblici dei suoi
amministrati, e da ultimo, quando, scomparsi gli altri, restò soltanto il suo
interesse privato, questo finì per coincidere con il ‘potere assoluto’.
Oggi il discorso politico si mantiene perlopiù entro i limiti concessi
dalla democrazia, sebbene questi siano alquanto incerti e pieni di falle.
Inoltre la politica è ancora troppo intrisa di ideologia del potere per
presentarsi come una forza libera e affidabile. Esiste, può esistere una
politica siffatta?”
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