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Se questa domanda mi
fosse stata posta fino a ieri, la mia risposta sarebbe stata senza esitazione: collaborazione. Oggi la risposta resta
la stessa con in più un’esitazione. Dovuta a che?
Da un lato c’è
l’autorità di Darwin che, anche a voler disconoscere il principio di autorità,
un certo peso ce l’ha, e non indifferente. C’è poi il peso della società
industrializzata; quasi unanime nella sua scelta per la competizione. E,
ancora, l’ideologia del ‘progresso’, del ‘sempre di più’, della ‘crescita
illimitata’, l’istinto –se vogliamo chiamarlo così- del dominio, della
sopraffazione.
Dall’altro lato c’è
poco più che l’ideologia della fratellanza universale con sporadiche emergenze
di vantaggi locali; vien fatto di pensare a un’associazione di beneficienza. Ma
allora perché esito ancora ad allinearmi decisamente con i fautori della
competizione?
Proprio perché
riconosco le ragioni vincenti della competizione e ne temo le conseguenze su di
un pianeta piccolo come il nostro e una specie aggressiva come la nostra.
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