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Non me la sento di
sottoscrivere il precedente postino.
E perché?
Perché ritengo la politica
una cosa seria, da trattarsi altrimenti che con sofismi e giochi di parole.
E i politici di professione
come la trattano?
Troppo spesso come un fatto
personale, di prestigio e di autoaffermazione. O come una questione di ragione
o torto, di giusto o errato, secondo una visione dicotomica del tutto
inadeguata alla complessità dei casi reali. Il vero interesse di chi esercita
la politica professionalmente è la conquista del potere, la vittoria
sull’avversario, anche se ciò comporta evidenti danni per ambedue i
contendenti. La politica viene assimilata a una guerra, e spesso è proprio la
guerra che ne consegue, esterna o interna. Non a caso si parla di ‘lotta
politica’, ‘vincitori e vinti’, quasi che non fosse possibile intendere la
politica come ‘via comune verso una comune meta di benessere compatibile’, dove
il ‘compatibile’ va esteso, oltre i confini dell’umano, alla biosfera tutta.
Una visione del genere non esclude diversità e conflitti, ma, più che di
prevalenza degli uni sugli altri dovrebbe occuparsi della reciproca
modulazione, perché è poco probabile che le ragioni si trovino tutte dalla
stessa parte.
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