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Quindi, la parola d’ordine
dovrebbe essere ‘compromesso’ coûte que
coûte, per non rendere effettivo il conflitto. ‘Modulazione’ non equivale
tuttavia a compromesso, non almeno entro IMC. Non si tratta di concessioni
fatte all’avversario perché lui ne faccia altrettante a noi (magari con un
piccolo margine a nostro favore). È piuttosto una comune disponibilità a
rivedere l’intera immagine dell’oggetto in un’ottica nuova, che rende
compresenti più di un punto di vista. Modulazioni del genere –che, anziché
‘culturali’ amo chiamare metaculturali– non sono vere in ambito scientifico,
dove anzi quasi mai una teoria ne sceglie un’altra per incompatibilità, ma
assai spesso ne ridefinisce, magari riducendolo, l’ambito di validità. Non
ripeterò qui il notissimo esempio della doppia interpretazione della luce come fenomeno
ondulatorio o corpuscolare. Anche nel caso delle espressioni artistiche,
l’ambiguità di certe opere, non solo recenti, esige degli approcci bi-,
addirittura poli-valenti, per cui appare oggi insignificante –si direbbe politicamente insignificante–
l’attribuzione a questa o a quella corrente stilistica. Klee: figurativo o
astratto? L’ultimo Webern: dodecafonico o neoclassico? Romanzi di Eco: storici
o inventati?
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