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Credo di
essere stato ingiusto nei confronti della politica italiana, definendola
‘stolta’, quasi che le altre politiche mondiali non lo fanno. Certo, la nostra
alla stoltezza del capitalismo concorrenziale aggiunge quella del suo premier,
tale da gettare il discredito su tutta la popolazione che lo tollera. Perché lo
fa, anzi perché sembra apprezzare ciò che in qualunque altro paese sarebbe
motivo di vergogna?
Siccome,
nonostante tutto, credo ancora nell’intelligenza umana, sta a me cercare di
capire che cosa spinge tanti miei conoscenti a mantenere posizioni politiche
che mi appaiono insensate e suicide.
Anzitutto
dovrò sgombrare il campo da critiche moralistiche oggi non più sentite e in
odore di ipocrisia. Riconosco per esempio che la difesa della sua libertà
sessuale condotta da Berlusconi con tenacia a parole e a fatti, lungi dal
rivolgerglisi contro, segna più di un punto a suo favore e ridicolizza in
questo i suoi oppositori, che farebbero meglio a rinunciare del tutto
all’argomento, insistendo più di quanto non facciano, sul suo disinteresse per
una politica non di facciata, non autoreferenziale, ma effettivamente
preoccupata della crisi sociale in atto. L’immagine dell’Italia nel mondo
evidentemente non lo interessa, e potremmo anche concordare con lui se dietro
questa immagine si nascondesse un pensiero critico non convenzionale, inventivo
e autenticamente innovativo. Ma di questo non c’è traccia, anzi, dietro
l’immagine usurpata di grande potenza, rispunta l’Italietta di sempre,
aggiogata al carro neocapitalistico senza neppure reggerne il passo. Certo,
Berlusconi è un ricco capitalista, ma quelli che lui governa stanno scivolando
sul pendio dell’indigenza.
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