domenica 9 settembre 2012

La comoda tana della tradizione...


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La mente è capace di altre forme di pensiero che non siano logiche?
Certamente, anzi sono le forme più usate, perché ritenute più ‘libere’, meno imbrigliate da un rigorismo che sembra non lasciare spazio all’avventura, al rischio. La logica offre tuttavia garanzia di correttezza, non teme il contraddittorio, risulta vincente ogni qualvolta le riesce di costringere l’avversario sul suo terreno.
E qual è questo terreno? È un optional e possiamo rifiutarlo a priori? In altre parole: chi decide della validità del pensiero, il singolo, un convincimento sociale, un principio universale? Già a questo punto le opinioni divergono. Per alcuni, è dogmatico, non esiste neppure una divergenza possibile: le verità di ragione sono inconfutabili. Attenersi ad esse non è un optional, rifiutarsi è una ‘colpa’ che rende il colpevole alla mercé del giudice o eventualmente del suo ‘perdono’. Fides et ratio, secondo i cattolici, salvo poi declinare tutta una serie di eccezioni per cui vale solo la fides con tanti saluti per la ratio. Questa e la sua ancella aristotelica, la ‘logica’, costituiscono una società e responsabilità limitata, che tuttavia garantisce gran parte delle operazioni mentali della quotidianità; per le altre, rivolgersi altrove, non più al nostro cervello.
Per altri, logici anch’essi ma non dogmatici, la razionalità si estende molto al di là della logica aristotelica e giunge fino a investirne di nuove, che il cervello accetta, seppure con qualche titubanza, ma da cui la società nel suo insieme prende le distanze, ora rifugiandosi nella comoda tana della tradizione, ora rifiutando del tutto il pensiero logico, abbandonandosi interamente all’avventura extralogica. Altri ancora non si pongono neppure il problema, delegando il pensiero a chi, secondo loro, è in grado di gestirlo, e sono coloro che confidano comunque in un’ autorità, vera o presunta, fosse anche quella di un testo scolastico. Pensare è faticoso, e, allora, meglio servirsi di un pensiero già pensato e ben confezionato.
Me c’è anche chi si diverte a pensare, anche fuori dai sentieri battuti, ma senza rinunciare al controllo della mente. E cercherà di capire per prima cosa il funzionamento del pensiero attraverso l’appercezione, quindi per mezzo dell’analisi psicologica. Poi rivolgerà l’analisi agli stessi strumenti utilizzati, alla cultura che glieli ha fabbricati e così via. È il normale percorso che abbiamo chiamato ‘metaculturale’, e che, stando a giusta descrizione, darebbe ragione anche delle varie logiche attuali o possibili, sempre lasciando aperta la spirale del pensiero.

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