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Estate
1990. Eravamo in visita, Thomas tredicenne ed io, dai miei cugini vicino
Düsseldorf, quando, pochi giorni prima della data di rientro, vengo colto da
una lombalgia che mi impedisce qualsiasi movimento implicante un cambiamento di
posizione della schiena. A nulla valgono gocce e pastiglie, lana e panni caldi,
a nulla le iniezioni fatte al pronto soccorso: avrei dovuto guidare in quelle
condizioni fino a Cantalupo (circa 1300 km).
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Eccomi
infatti, piegato - con qualche aiuto esterno- sul volante, in viaggio verso
Roma. Finché non devo raddrizzarmi le cose vanno abbastanza bene. Raggiunto il
Gottardo, dico a Thomas: “E se, anziché il traforo, facessimo il passo? A 2000
metri ci dovrebbe essere il Carabus silvestris!”. Detto fatto: siamo saliti
al passo, dove spirava un vento gelido, fastidioso. Sono riuscito a scendere,
non so come, dalla macchina e, sempre chinato, mi sono messo a sollevare grossi
sassi. Avevo indosso una camicia estiva, un po’ corta, che mi lasciava a nudo
una buona parte della schiena. Trovammo effettivamente un certo numero di Carabus silvestris in una piccola conca, ancora innevata. Dopo una buona
mezz’oretta siamo rimontati in macchina. Abbiamo pernottato a Bellinzona. Della
lombaggine avevo perso perfino il ricordo.
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