giovedì 19 aprile 2012

Incessante alternarsi...



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Non ho, nel precedente postino, neppure accennato al punto dove volevo arrivare. E perché non l’ho fatto? Perché sto scrivendo ‘postini’ e ai postini non è dato di raggiungere la propria meta.

Riprendo ora dal punto che mi ha fatto deviare. Supponiamo che un dato momento (storico), le convergenze più o meno casuali, inducano le menti a pensare allo stesso modo. Se questo si avverasse, l’UCL risultante sarebbe di una noia insopportabile, e la specie umana avrebbe reagito. E lo ha fatto, nello stile inventivo che le è proprio. Inventando cioè la variazione, la variante. Per ora e nell’ambito generico in cui ci stiamo muovendo, possiamo considerare i due termini come equivalenti, se non come sinonimi. Vedremo in seguito almeno un ambito in cui non lo sono, anzi quasi si oppongono.

La variante, la variazione presuppongono –così vuole la semantica– una configurazione di base, da cui altri sarebbero derivate. Condizione essenziale –per quanto a volte direttora– è (sarebbe) la riconoscibilità di questa parentela, riconoscibilità affidata ai più diversi portatori. Il criterio principe in base al quale giudicare di questa riconoscibilità è la somiglianza (o similitudine). Si potrebbe anche dire il contrario: che la somiglianza si basa sulla riconoscibilità, ma la cosa non cambierebbe. (Spesso le definizioni sono simmetriche, e allora è poco importante stabilire chi definisce chi). Più interessante ricercare come avviene il riconoscimento, che cosa determina una somiglianza, addirittura un’identità. All’epoca di Musica prima (anni Settanta) distinguevo tra somiglianza ‘geometrica’ e somiglianza ‘gestaltica’, la prima razionalizzabile mediante semplici operazioni geometriche (sovrapposizione, proiezione, misurazione…), la seconda affidata alla irrazionalità intuitiva, come quando diciamo che due fratelli si somigliano anche se uno è biondo, l’altro bruno, uno è più alto, hanno gli occhi di colore differente e così via (oggi mi limiterei a dire –wittgensteianamente– che si ‘somigliano’ in quanto abbiamo a disposizione questa parola e sappiamo quando e come usarla). Non è ovviamente una spiegazione ma ci serve per liberarci di un problema scomodo. Ritornando alla variazione (variante, variabilità…), sappiamo di che si tratta e sappiamo anche servirci di questo espediente per evitare la monotonia della ripetizione. La ripetizione è necessariamente monotona? necessariamente ‘noiosa’?

Dipende da come la viviamo (per esempio l’incessante alternarsi di giorno e notte ci è gradita nonostante sia monotona). Perché non sia ‘noiosa’, basta che la identità si coniughi con il suo contrario, la diversità, generando appunto la variazione.

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