martedì 3 aprile 2012

5f) La politica

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Nessuno chiederebbe alla politica ciò che spera di ottenere dalla religione. Ciononostante le richieste sono pesanti per ambedue: benessere in terra, felicità eterna ‘dopo’. Richieste ovviamente inesauribili sia qui che lì. Ciò che invece potremmo pretendere, almeno in una misura molto maggiore di comici hanno abituato, ambedue, sia dalla religione che dalla politica, è l’onestà. Non penso tanto all’incorruttibilità picciola quanto all’onestà sulle questioni di fondo nel rapporto con i seguaci e con gli avversari.

Se nelle religioni la veridicità dipende non solo dall’onestà dell’emittente ma anche dalle convinzioni del ricevente –che valuterà come ‘veri’ anche messaggi che per un altro sono ‘falsi’–, in politica, in una politica ‘onesta’ sarebbe auspicabile che verità e falsità fossero indipendenti sia dall’emittente che dal ricevente. Poiché tuttavia questa indipendenza presupporrebbe per il messaggio un valore assoluto che non gli compete, ogni attribuzione di valore andrebbe metaculturalmente riferita a un UCL riconosciuto e dichiarato. È già da tempo in uso, presso i politici più accorti, far precedere l’espressione di un parere, dall’espressione standardizzata “secondo me” o “secondo noi”. Questa apparente relativizzazione è essa stessa assai poco ‘onesta’, quando per esempio si accoppia a una riconosciuta ma non sempre meritata autorità. In questo senso la religione è più onesta perché non relativizza mai, ma afferma o nega assolutamente. Lo fa anche la politica, limitatamente però ai regimi dittatoriali o appoggiandosi a una qualche religione. Le democrazie hanno invece escogitato dei meccanismi –le elezioni, il vuoto, i referendum– che relativizzano a priori, e sembrano in tal modo meglio garantire i diritti di tutti. Ne nasce invece un ‘mercato della disonestà’ nel quale ogni gruppo politico tenta di accattivarsi in tutti i modi il favore dell’elettorato, anche mentendo spudoratamente o facendo promesse da marinaio.

Come difendersi dalla dittatura? Con le rivoluzioni.

Come difendersi dalle insidie della democrazia? Coltivando l’autonomia del pensiero.

E come difendono se stesse le dittature? Con la repressione.

E la democrazia come difende se stessa?

Limitando l’autonomia del pensiero, cioè ancora una volta con la repressione, seppure contenuta in forme più blande, più nascoste. In definitiva, sempre con la disonestà.

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