mercoledì 21 maggio 2014

Tratta XI.5 – Voler razionalizzare ogni esperienza



[Dialogante 2]  Ancora una volta una semplificazione indebita. Da un punto di vista fisico la musica sarà pure l’arte dei rapporti di tempo, come Stockhausen ha brillantemente dimostrato in un famoso saggio del 1956[1] (dove peraltro la cosa che resta inanalizzata è proprio il concetto di ‘tempo’, restato fermo ad Agostino, tutt’al più a Kant), ma il tempo non può certo ridursi al numero (e lo stesso Stockhausen lo ammette), e così anche la musica non può ridursi al ritmo, come accade in molta musica (leggera) di oggi. Del resto al numero è stato assegnato un ruolo forse eccessivo nella comprensione del mondo, tanto è vero che per sostenerlo la matematica ha dovuto moltiplicare all’infinito i suoi strumenti di analisi in modo di coprire con i diversi tipi di numero (razionali, irrazionali, reali, irreali, complessi ecc.) tutti gli spazi che man mano si sono aperti. E anche il tempo si dimostra analizzabile secondo diverse modalità, molte delle quali non riconducibili all’idea di numero, per esempio le modalità esperienziali, tra cui la memoria, la durata biologica, l’intensità emotiva ed espressiva. È la cultura occidentale a voler razionalizzare ogni esperienza su base numerica, e così ha fatto anche con la musica. Per fortuna questa razionalizzazione, nella stragrande maggioranza dei casi resta sulla carta mentre nella realtà suona la musica viva delle emozioni dell’esecutore cui si aggiungono, ancora più irregolari, quelle dell’ascoltatore. Fanno eccezione le musiche ‘tecnologiche’, nelle quali le scelte esecutive sono domandate all’ottusità delle macchine. Non basta che le scelte di programmazione restino in mano umana, la perdita di responsabilità in tutte le fasi produttive che riguardano l’esecuzione dei programmi risulta alla lunga intollerabile, quando non annulli del tutto l’interesse per ciò che si ascolta.
Ma, si domanderà, la razionalità di per se stessa non può rimpiazzare l’interesse per l’imprevedibilità dell’arbitrio e del caso?
Certamente, ma occorre modificare le aspettative della mente.



[1]             Wie die Zeit vergeht (come passa il tempo), vol. 3 di Die Reihe (Texte 1, 99–139).

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