[Dialogante 2 (solo)] C’è però
un’altra via di uscita ed è quella enunciata a chiusura della tratta
precedente, solo che va integrata sostituendo al giudizio (logico) la pratica
operativa.
[Dialogante 1] E quale
sarebbe?
[Dialogante 2 (solo)] Al solito,
fare finta di non capire. Voglio dire che non ci interessa tanto la
verificabilità logica dell’Ipotesi quanto all’utilità pratica della sua
applicazione. È cosa che abbiamo detto e ripetuto centinaia di volte…
[Dialogante 1] … ma è come
se sperassimo sempre di dimostrarla per via teorica, mentre riusciamo tutt’al
più a dimostrare l’indimostrabilità…
[Dialogante 2] … da cui non dovrebbe essere difficile,
per semplice inversione, dimostrare la sua dimostrabilità e di qui passare alla
sua effettiva dimostrazione.
[Dialogante 1] Vedo che
anche tu ricadi sempre nella medesima trappola.
[Dialogante 2] … la
trappola che chiamerei ‘del giocatore senza più speranze’.
[Dialogante 1] È la
definitiva abdicazione del pensiero all’azione.
[Dialogante 2] Abdicazione
che mi auguro momentanea.
[Dialogante 1] Che cosa hai
contro l’azione?
[Dialogante 2] Assolutamente
nulla. Tanto più che non riesco a pensare l’azione sganciata dal pensiero.
[Dialogante 1] Quindi
secondo te il pensabile è anche fattibile?
[Dialogante 2] Piuttosto:
il fattibile è necessariamente pensabile!
[Dialogante 1] Ma non
necessariamente pensato. Si possono compiere azioni senza averle previamente
pensate.
[Dialogante 2] Forse non
coscientemente riflesse, mi sembra però difficile credere che il pensiero non
abbia parte nel dar forma a un’azione.
[Dialogante 1] Le azioni
hanno una forma?
[Dialogante 2] Una forma
nel tempo, nella successione dei microeventi.
[Dialogante 1] Come in un
brano musicale.
[Dialogante 2] Non per
nulla la musica è per eccellenza l’arte di articolare i rapporti di tempo.
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