[Dialogante 1] Come sai,
“Dal sapere al pensare” è stato per qualche tempo uno slogan del nostro Centro[1].
[Dialogante 2] Nel ‘sapere’
abbiamo visto il momento conservatore, addirittura paralizzante dell’attività
mentale (come se un’attività potesse essere paralizzante) certo esagerando
polemicamente la funzione di ‘stoccaggio dell’informazione’ esercitata dal
sapere nelle culture umane.
[Dialogante 1] Il sapere ha
però –e sai anche questo– molte altre funzioni indispensabili alla società,
come la messa a disposizione, di tutti coloro che ne hanno bisogno, delle
innumerevoli soluzioni trovate nei secoli dagli umani per risolvere i problemi
della sopravvivenza.
[Dialogante 2] Una funzione
pratica, quindi, non solo conoscitiva. La conservazione per affrontare il
futuro, non solo per celebrare il passato.
[Dialogante 1] Ci è
sembrato doveroso correggere in questo modo l’impressione di svalutazione del
sapere, prodotto dallo scritto in questione…
[Dialogante 2] … quando,
almeno per l’ufficialità musicale, passiamo (io passo) per un reazionario
inguaribile. Da quando tuttavia ho definitivamente abbandonato l’attività
compositiva, la cosa ha cessato di riguardarmi e potrei anche concordare con
quelli che la pensano così.
[Dialogante 1] Tanto più
che le stesse valutazioni in termini di avanguardia e retroguardia hanno perso
molto del loro significato culturale e sarebbe ridicolo chi volesse giudicare
una canzone di Sanremo con il metro delle Variazioni
op. 31 di Schönberg o del Canto
sospeso di Nono.
[Dialogante 2] Un momento!
Perché sarebbe ridicolo? Forse ci conviene aprire una parentesi.
[1] Il
Centro di ricerca e sperimentazione
Metaculturale (CMC), cui si deve la prima pubblicazione del libro Dal
sapere al pensare (2003) – Vedere Volume IV, Riflessioni sociopolitiche,
delle Indagini metaculturali.
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