[Continuo a scrivere, con calligrafia
pressoché illeggibile, questi appunti, di cui sono sempre meno convinto, per
dimostrare a me stesso di avere ancora qualcosa da dire, cosa che reputo sempre
meno probabile.]
[Dialogante 2] Ho pensato
in questi giorni di riconsiderare alla luce del concetto di ‘tratta’ alcune
tappe del percorso compiuto in questi anni da IMC, in particolare sul versante
applicativo, dalle prime riflessioni, ancora propedeutiche, di Musica-Società
alla recente (2010) Relazione d’Aiuto.
[Dialogante 1] Un ottimo
espediente per non far nulla fingendo di fare qualcosa.
[Dialogante 2] Non
esageriamo con un’autocritica non richiesta. Può darsi che il nuovo reagente,
applicato a una materia anche troppo ben conosciuta, produca qualche ‘impensata
novità’[1].
[Dialogante 1] Già il
titolo di Musica-Società, con la lineetta di congiunzione (nella edizione
Einaudi sostituita da una barretta, certo più elegante alla vista), adombra l’ideia
di tratta…
[Dialogante 2] … che certo
i primi anni Settanta non poteva avere per me il significato che ha oggi, per
quanto proprio allora quel significato si andava costituendo.
[Dialogante 1] È possibile
passare dal concetto di ‘musica’ a quello di ‘società’? c’è un ponte che le
collega, da percorrere in un senso o nell’altro?
[Dialogante 2] Il ponte è
il pensiero che regge sia l’una che l’altra, che di fatto mette in relazione
ogni cosa con ogni altra e non fa che includere la musica tra i suoi costituenti.
Non è una grande scoperta, ma vale ad affrancare la musica dal domino pressoché
esclusivo del sentimento, cui l’aveva condannata l’anima romantica. Già il
sottotitolo Inquisizioni, con il suo
rimando a Borges e alla razionalità poliziesca, sembra contenere una tratta
verso l’UCL della ragione che indaga, piuttosto che verso l’UCL del cuore che
‘sente’.
[Dialogante 1] Da qualche
ricordo, anche il testo tocca molti argomenti che con la musica hanno poco e
niente a che fare. Così per esempio la politica e la semiologia o ancora la
filosofia e la logica. I collegamenti sono più intuiti che dimostrati,
testimonio comunque di un intento unificatore che porterò in seguito a
conseguenze sia positive che negative nella nostra attività.
[Dialogante 2] Un lavoro
quasi contemporaneo (anni 70-71) porta –già nel titolo e non nel sottotitolo–
il termine Inquisizioni, solo che qui
il testo è composto di note, non di parole.
[Dialogante 1] …Ricordo
infatti benissimo che i due costituivano nella mia mente una ‘coppia’ anche se nessun dato esteriore sembrava
accomunarli…
[Dialogante 2] … se non il
fatto che in tutte e due è evidente il gusto per la citazione, anche questa una
sorta di ‘ponte’ che ricava il suo significato congiuntamente dall’oggetto
citato e dall’azione del citare.
[Dialogante 1] Se non
sbaglio, il gusto della citazione era assai diffuso tra i compositori di
allora, basti ricordare la Sinfonia
di Berio (1966) con incorporato un intero tempo della Terza di Mahler.
[Dialogante 2] Ma né di
questa né di altri citazioni di questi anni ero direttamente al corrente, come
dal resto avevo scarsi rapporti con i miei colleghi, soprattutto da quando il
mio divorzio dal mondo musicale era divenuto definitivo (fine anni Sessanta)
[Dialogante 1] E così davo
delle mie citazioni un’interpretazione alquanto diversa: non tanto un oggetto
compositivo da presentare in concerto quanto una sorta di saggio critico su
un’opera o un autore – espresso in un linguaggio musicale anziché letterario.
Così per esempio le Cinque Bagatelle (1970), scritte per l’anniversario della morte
di Beethoven, presentano una serie di progressivi allontanamenti dai prototipi beethoveniani
in direzione della nostra contemporaneità. Ancora una volta il concetto di
‘tratta’ pervade l’azione compositiva odierna, duplicando ricorsivamente quelle
già presenti nell’originale.
[Dialogante 2] Un caso a sé
è costituito dai tre Improvvisi compresi nella Schubertiade, analoghi in
apparenza alle Bagatelle (1970), ma diversi nella valutazione del tempo. Mentre
nel lavoro quasi contiguo il tempo –inteso come ‘misura del cambiamento’– può
dirsi trattato, salvo che nell’ultimo numero, tradizionalmente, negli
Improvvisi, proprio in omaggio a Schubert, il tempo è neutralizzato dalla ripetitività.
Se di un ponte si tratta, è decisamente un ‘ponte sospeso’, verso i minimalisti
americani.
[Dialogante 1] Ricordo che
anche nel successivo, lungo periodo di elaborazione della nostra proposta
didattica, prima solo musicale, poi estesa anche al grafico-pittorico, al
verbale, infine ai problemi generali dell’insegnamento, il concetto di ‘ponte’,
cioè di transizione tra stadi evolutivi diversi, è in qualche modo
rintracciabile, seppure inespresso.
[Dialogante 2] Così già in Musica
prima (Altrarea 1979[2])
il discorso didattico è impostato sull’opposizione suono – silenzio, tra cui
proprio l’atto compositivo getta per così dire un ‘ponte’, integrandoli in un
nuovo oggetto, che chiamiamo appunto musica.
[Dialogante 1] Altre
‘tratte’ si trovano descritte in Musica prima come quella che collega
il ‘parlato’ al ‘suono di altezza unificata’ (cioè al suolo intonato), o, più
tardi, la pratica dell’informale a
quella dei suoni codificati ecc.
[Dialogante 2] Ma lo studio
dei collegamenti o, se si preferisce, delle transizioni
è comune a tutte le attività umane, anzi ne costituisce il fondamento. Così il
libro sulle Esperienze grafico-pittoriche di base[3]
inizia costruendo una tratta tra
l’alfabeto (o meglio una sua realizzazione grafica, di cui i bambini si suppongono
già competenti) e il disegno.
[Dialogante 1] Nell’antologia
di elaborati che chiude il libro –antologia notevolissima per l’inventiva e
l’espressività dimostrata da ragazzi di 10-11 anni– l’approfondimento del
concetto di transizione viene realizzato, non attraverso l’esplicitazione
verbale, ma direttamente nell’azione compiuta e testimoniata dal disegno.
[Dialogante 2] Nel quinto e
sesto libro –che trattano in due versioni differenti dell’esperienza verbale di
base, il tema della tratta, non ancora –ripeto– riconosciuto nella sua
–relativa– autonomia, tiene il campo, pur mantenendosi nell’ombra.
[Dialogante 1] Al suo posto
viene ampiamente discusso il tema delle ‘relazioni’, analizzato nei suoi
molteplici tipi: relazioni topografiche, cronologiche, categoriali, funzionali ecc.[4],
[Dialogante 2] Infatti è
abbastanza evidente che, nel momento in cui istauriamo una relazione tra due
fatti è come se avessimo costruito una tratta concettuale tra essi.
[Dialogante 1] C’è da
domandarsi se la funzione principale della mente non sia proprio quella di
istituire relazioni, cioè di costruire tratte in ogni direzione.
[Dialogante 2] Ma c’è anche
da domandarsi se questa idea di congiungere punti dello spazio compositivo non
abbia il suo modello ‘reale’ nelle forze fisiche che reggono l’universo, tra
cui la forza di gravità.
[Dialogante 1] Non potremmo
allora considerare, einsteinianamente, queste forze come deformazioni del
nostro spazio mentale, la cui ‘curvatura’ farebbe nascere, appunto, quella
forza?
[Dialogante 2] Ecco una
nuova tratta tra il pensiero e
l’universo fisico. Comunque, direi di andarci piano con questi ponti. Anche se
nulla ci impedisce la loro costruzione, credo che sarebbe bene limitarla ai
casi di effettiva utilità. Il rischio di un gioco gratuito e insulso è sempre
in agguato.
[Dialogante 1] Perché parli
di ‘rischio’, addirittura di ‘agguato’?
[Dialogante 2] Proprio per
la facilità del gioco.
[Dialogante 1] E che c’è di
male in un gioco ‘facile’?
[Dialogante 2] La
svalutazione del gioco stesso. Il tempo a nostra disposizione su questa terra è
poco, troppo poco per dissiparlo senza un riscontro.
[Dialogante 1] E quale
potrebbe essere un riscontro accettabile?
[Dialogante 2] Una pozzanghera
per una lucertola assetata.
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