sabato 10 maggio 2014

Tratta XI.1 – Non è stato un lavoro facile…



[Dialoganti 1 e 2, a due]  … Non abbiamo particolare interesse per gli scritti autobiografici. Allora perché abbiamo scritto “Il rifiutato”, chiaramente autobiografico, anche se non riferito a noi?
[Dialogante 2, solo]  … Anzitutto perché non lo abbiamo scritto noi, ma solo reso in un italiano possibile un testo pressoché incomprensibile consegnato da un giovane autore polacco perché lo correggessimo.
[Dialogante 1, solo]  Non è stato un lavoro facile, perché ci siamo impegnati a non alterare il contenuto del testo e, sin dove possibile, neppure il carattere espressivo.
[Dialogante 2]  È stata un’esperienza alquanto singolare e per la qualità dello scritto, e per l’insolito contenuto. Si trattava infatti di ‘un uomo in corpo di donna’, come si definiva l’autore stesso, e come tale rifiutato da tutti, a cominciare dalla madre. Il rifiuto si estendeva poi alla società tutta, essendo lui un emigrato irregolare non riconosciuto neppure dalla Chiesa, per la quale la sua aspirazione a essere considerato di sesso maschile era considerata ‘contro natura’.
[Dialogante 1]  Siamo così venuti a contatto con problemi psicologici di grande delicatezza e drammaticità a un tempo, che mai avremmo pensato di incontrare. È stata per noi una notevole esperienza che ha messo a dura prova le nostre capacità di condivisione.
[Dialogante 2]  È vero peraltro che alcuni anni prima ci eravamo cimentati senza alcuna preparazione in un libro di sedicente psicologia, più che altro per mettere alla prova il nostro cervello in un campo che non ci era congeniale.
[Dialogante 1]  Il ragionamento che ci ha spinto a questa follia era il seguente:
“Un cervello ce l’abbiamo tutti e la sua conformazione dovrebbe suppergiù essere la stessa per tutti, e così anche il funzionamento dovrebbe essere simile. L’argomento è il cervello stesso, di cui non possiamo che avere una buona competenza. Perché non dovremmo utilizzarlo per capire quale è questo funzionamento?”

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