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Considerazioni cavillose del
tipo qui riproposto a livello ontologico sono possibili anche in politica, in
particolare entro una cornice per molti versi analoga a quella metaculturale,
qui adottata: la cornice democratica. Credo sia la prima volta che mi avventuro
in un parallelismo a dir poco osé,
tra IMC e democrazia. Un neologismo a fronte di un modello politico
plurimillenario! Al di là della dignità anagrafica, sarebbe interessante
individuare convergenze, se vi sono, tra il venerando modello politico
ateniese, la sua versione moderna e la neonata Ipotesi Metaculturale.
Qualificando ‘neonata’ IMC si commette una vistosa scorrettezza. Nulla infatti
di nuovo è possibile rintracciare in IMC né a livello etimologico né a livello
di contenuto, come più volte si legge in questi postini e negli altri numerosi
scritti sull’argomento. Dato per scontato che nulla di radicalmente nuovo vi
sia in IMC, resta il fatto che la sua riformulazione al giorno d’oggi e
soprattutto le sue conseguenze sul piano formativo e, come si vede, anche su
quello culturale-politico la rendono degna di attenzione più di quanto
immediatamente intuibile.
Quali sono, allora i legami
tra democrazia e IMC?
Occorre prescindere da possibili
rapporti diretti in quanto né i rappresentanti italiani dell’era democratica
hanno mai mostrato il minimo interesse per IMC, né l’ipotesi stessa ha mai
chiaramente esplicitato un legame genetico con quell’area. Alcune affinità sono
tuttavia evidenti, tanto però quanto lo sono certe discrepanze, prima fra tutte
la permanenza, in democrazia, di ‘valori assoluti’, per esempio la ‘democrazia’
stessa. Si obietterà che anche IMC ha di primo acchito l’aria di una
proposizione assoluta se non fosse che il termine ‘ipotesi’ esclude questa
interpretazione. Come detto ormai decine di volte, IMC ammette gli assoluti,
purché localizzabili. Tanto poco ‘democrazia’ aspira alla localizzazione che,
lì dove non c’è, si tenta di imporla con la forza. Molte sono però le convergenze
che permettono di associare il pensiero metaculturale alla democrazia come suo
strumento mentale privilegiato: così la frantumazione d’un potere assoluto
centrale in una pluralità di ‘voci’ paritarie da integrare nell’unicità di una
voce risultante ottenuta per via automatica, per mano del calcolo. Solo che,
riducendosi il ‘voto’ a una minuzia puramente statistica, la componente
critica, argomentativa va completamente persa, o meglio affidata a una
minoranza teoricamente preparata –i ‘politici’–, ma strettamente legata a
interessi economici e di potere, quindi assai poco atta a rappresentare il
pensiero variegato –e irriducibile a unità– di una moltitudine.
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