giovedì 11 ottobre 2012

IMC e democrazia


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Considerazioni cavillose del tipo qui riproposto a livello ontologico sono possibili anche in politica, in particolare entro una cornice per molti versi analoga a quella metaculturale, qui adottata: la cornice democratica. Credo sia la prima volta che mi avventuro in un parallelismo a dir poco osé, tra IMC e democrazia. Un neologismo a fronte di un modello politico plurimillenario! Al di là della dignità anagrafica, sarebbe interessante individuare convergenze, se vi sono, tra il venerando modello politico ateniese, la sua versione moderna e la neonata Ipotesi Metaculturale. Qualificando ‘neonata’ IMC si commette una vistosa scorrettezza. Nulla infatti di nuovo è possibile rintracciare in IMC né a livello etimologico né a livello di contenuto, come più volte si legge in questi postini e negli altri numerosi scritti sull’argomento. Dato per scontato che nulla di radicalmente nuovo vi sia in IMC, resta il fatto che la sua riformulazione al giorno d’oggi e soprattutto le sue conseguenze sul piano formativo e, come si vede, anche su quello culturale-politico la rendono degna di attenzione più di quanto immediatamente intuibile.
Quali sono, allora i legami tra democrazia e IMC?
Occorre prescindere da possibili rapporti diretti in quanto né i rappresentanti italiani dell’era democratica hanno mai mostrato il minimo interesse per IMC, né l’ipotesi stessa ha mai chiaramente esplicitato un legame genetico con quell’area. Alcune affinità sono tuttavia evidenti, tanto però quanto lo sono certe discrepanze, prima fra tutte la permanenza, in democrazia, di ‘valori assoluti’, per esempio la ‘democrazia’ stessa. Si obietterà che anche IMC ha di primo acchito l’aria di una proposizione assoluta se non fosse che il termine ‘ipotesi’ esclude questa interpretazione. Come detto ormai decine di volte, IMC ammette gli assoluti, purché localizzabili. Tanto poco ‘democrazia’ aspira alla localizzazione che, lì dove non c’è, si tenta di imporla con la forza. Molte sono però le convergenze che permettono di associare il pensiero metaculturale alla democrazia come suo strumento mentale privilegiato: così la frantumazione d’un potere assoluto centrale in una pluralità di ‘voci’ paritarie da integrare nell’unicità di una voce risultante ottenuta per via automatica, per mano del calcolo. Solo che, riducendosi il ‘voto’ a una minuzia puramente statistica, la componente critica, argomentativa va completamente persa, o meglio affidata a una minoranza teoricamente preparata –i ‘politici’–, ma strettamente legata a interessi economici e di potere, quindi assai poco atta a rappresentare il pensiero variegato –e irriducibile a unità– di una moltitudine. 

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