Isabella Sforza e Federico da Montefeltro
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Accatastando postini su
postini, mi ritrovo spesso a riprendere argomenti già trattati in precedenza
magari da tutt’altro punto di vista e pensando a considerazioni in apparenza
opposte. Talora l’opposizione è però reale e sono i casi, più interessanti, di
effettiva autocontraddizione, e allora questa è indizio di un più o meno
radicale cambiamento di pensiero, indotto da esperienze o letture intervenute
nel frattempo, o anche da sopraggiunte nuove riflessioni. In generale tuttavia
l’opposizione è appunto solo apparente: così quando a breve distanza di tempo
ho parlato della politica come di una specifica disciplina analoga alla storia
e alla geografia, o come una sorta di transdisciplina, trasversale a un certo
numero di esse. Considero infatti le transdiscipline come aventi un doppio
statuto, disciplinare l’uno in quanto proprio di una determinata disciplina,
transdisciplinare l’altro in quanto in comune con altre. Per esempio molte
musiche recenti esibiscono strutture grammaticali endomusicali e al tempo
stesso strutture regolate da rapporti matematici. Così anche la pittura di
Piero della Francesca ubbidisce a criteri rinascimentali che interpretano la
verosimiglianza in termini di proporzioni numeriche.
In questo senso la
ripetitività, indubbiamente criticabile in questi postini, in altri casi
potrebbe addirittura essere un fattore costitutivo caratterizzante una particolare
forma pittorica, espressa in maniera straordinariamente convincente nelle due
teorie parallele di vergini e martiri lungo la navata centrale di S. Apollinare
in Classe a Ravenna.
Più in generale si può
avanzare l’ipotesi che ogni espressione artistica di una certa complessità sia
analizzabile secondo vari sistemi parametrici. E le conseguenti valutazioni non
possono che essere diverse, perfino opposte. Al conservatorio parlavo in questi
casi di servizio a due padroni!
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