mercoledì 19 dicembre 2012

E che ne facciamo della libertà?


[493]
Se anche decidiamo quindi, come la maggioranza di noi ha già fatto, per la competizione, diamole delle regole fisse e un tribunale internazionale con pieni poteri repressivi per garantirne l’applicazione: di fatto, una dittatura del potere giudiziario. E che ne facciamo della libertà?

Per parte mia non me ne preoccupo troppo perché, per quanto sia anch’io affascinato dalla parola, me ne sfugge il concetto. Non è tanto alla perdita di una libertà, invero più gridata che convinta, cui intendo riferirmi, quanto al modello di sviluppo al quale affidare il nostro futuro, sempreché la cosa ci interessi. Il modello concorrenziale adottato dalla specie umana e, con forti limitazioni, anche da molte altre, si basa essenzialmente sull’eliminazione del concorrente, ma per simmetria, altrettanto sull’eliminazione nostra. Non vedo comunque una ragione che in questo gioco debba favorire la nostra specie rispetto ad altre. Oggi vediamo, è vero, l’estinguersi di un gran numero di specie animali e vegetali –il più delle volte ad opera dell’uomo– mentre la specie nostra cresce a dismisura, ma le sue probabilità di sopravvivenza, secondo attendibili studi, sono in sensibile calo. E non solo per i guasti ecologici da noi prodotti, ma anche per la meccanica interna del modello concorrenziale, sempre meno garantito nei confronti di un finale catastrofico.

Nessun commento: