venerdì 25 novembre 2011

Raffica di postini (e VII)

[486]
Purtroppo le varie forme di potere non sembrano interessate alla sopravvivenza, quasi che l'estinzione non toccasse anche loro, e preferiscono continuare la loro crescita a un costo che comunque saranno i figli e i nipoti a pagare. Se vogliamo che le prospettive cambino, bisognerà prevedere, a favore dei potenti di oggi, un congruo indennizzo per i minori guadagni di domani. Prepariamoci a una tassa per Berlusconi.

[FINE RAFFICA]

lunedì 21 novembre 2011

Raffica di postini (VI)

[485]
Vari indizi, come il diffondersi, accanto all’ideologia del progresso, di una consapevolezza dei pericoli connessi con quell’ideologia, lasciano ancora aperta qualche speranza di futuro. Non è comunque questione di parole ma di come le interpretiamo. Basterebbe interpretare ‘progresso’ come ‘incremento della probabilità di sopravvivenza’ anziché come ‘crescita infinita’, e il gioco sarebbe fatto.

domenica 20 novembre 2011

Raffica di postini (V)

[484]
È difficile dubitare che è proprio l’ideologia del progresso a costituire oggi il pericolo maggiore per l’umanità, anzi per la vita tutta. Forse un progresso non ideologico, che potremmo chiamare ‘naturale’ perché scandito sul ritmo delle trasformazioni genetiche, potrebbe concederci ancora qualche millennio di sopravvivenza, noi però lo percepiremmo come regresso e lo rifiuteremmo.

sabato 19 novembre 2011

Raffica di postini (IV)

[483]
Non so se queste ovvietà ci portino molto più ‘avanti’. A me sembra che ci portino più ‘indietro’ ma spesso, per avanzare, occorre consolidare il punto da cui prendere la rincorsa.

mercoledì 16 novembre 2011

Raffica di postini (III)

[482]
Come già al suo tempo con IMC, mi scopro a toccare con mano le ovvietà che vado dicendo, ma nello stesso tempo a non sentirmene frustrato, quasi che il rientro nel flusso della condivisione sia il punto di arrivo di ogni ricerca su ciò che è più nostro.

lunedì 14 novembre 2011

Raffica di postini (II)

"Contradictory power" , di Heegung Jim
[V-481]
In principio erat contradictio”, parafrasando l’attacco del Vangelo secondo Giovanni: è singolare quanto spesso mi capita di ricorrere a questa citazione ‘storpiata’, dalla cui fusione con l’originale risulterebbe: “In principio verbum erat contradictio”, che risolverebbe tutti i problemi.

domenica 13 novembre 2011

Raffica di postini

[V-480]
Mi è difficile contenere entro concetti esprimibili a parole una consapevolezza, direi olistica, forse impenetrabile all’analisi, anche se proprio l’analisi mi appare come lo strumento più idoneo a rilevarla. L’analisi scompone, porta cioè alla luce i componenti, che però nell’esperienza si presentano come uniti.

giovedì 10 novembre 2011

Graecia capta Romam cepit

mercoledì 9 novembre 2011

La fiaba della politica (III)

[497]
III. A questo punto le cellule –siamo ritornati a loro–, anziché continuare nella rivalità su chi dovesse dominare e chi sottomettersi, inventarono le associazioni di cellule, sotto forma di organi appartenenti a unità di livello superiore, che tuttavia lo erano –cioè erano ‘superiori’– in un senso radicalmente diverso da quello oggi in uso tra gli umani, per i quali il concetto è legato a un’arbitraria graduatoria di ‘importanza’; a sua volta connessa con un differenziato trattamento economico. Così una condizione troppo favorevole alla crescita di un organo ne produce l’ipertrofia, come credo si stia capitando al cervello di homo sapiens, che oggi, attraverso la cultura, sta mettendo in forse la sua stessa sopravvivenza. Ma, mentre a livello di cellula, tessuto, organo, ipertrofia è tenuta a bada da un opportuno feedback organico, l’emancipazione della mente dalla corporeità fa si che questo non accada o accada troppo poco per le prestazioni immateriali del cervello.

Il pericolo è reale e imminente. Come chiudere la nostra ‘fiaba politica’ della politica?

Prendendo esempio dalla nostra corporeità e inventando un feedback che tenga a freno l’emancipazione della nostra mente.

martedì 8 novembre 2011

La fiaba della politica (II)

[496]
[Torniamo alle cellulle] II. Per un’altra stranezza, le cellule che dipendevano dal lavoro delle altre venivano considerate dominanti, mentre quelle che di fatto lo erano passarono in sudditanza. Perché il loro ruolo fosse così chiaramente separato da quello delle cellule lavoratrici le dominanti si raccolsero tutte in un solo organo, il cervello che divenne così il supremo regolatore della vita. In lui si concentrò tutto il potere decisionale dell’individuo. [Stiamo nuovamente parlando di persone.] Le azioni concrete venivano ora prefigurate da azioni sono mentali che facevano risparmiare grandi quantità di tempo ed energia alle cellule lavoratrici e, per loro tramite, agli individui portatori. E così il ‘potere’ di questa centrale cellulare crebbe a dismisura, come del resto stava facendo il potere della politica nelle comunità umane. Anche queste si differenziavano in forme in qualche modo affini agli individui –tribù, nazioni, stati–, mentre i rapporti tra loro si sviluppavano secondo modalità analoghe, solo di ben altre dimensioni. Una lite, un diverbio tra individui, era ormai una guerra tra tribù, nazioni, stati con migliaia, milioni di morti, intere civiltà distrutte…

lunedì 7 novembre 2011

La fiaba della politica (in tre postini)

[495]
I. La politica nasce dalla biologia nel momento in cui una manciata di cellule decide di mettersi insieme e di condurre vita propria. Ma sono loro ad averlo deciso o una qualche attrazione fisica le ha spinte a unirsi? Fa qualche differenza? Non sappiamo. Sia come sia, a un certo punto si sono trovate assieme, e si saranno domandati se lo stare insieme implica che tutti facciano la stessa cosa. E devono essersi accorte che questo eccesso di ridondanza non giovava a nessuna. Nacque così la divisione del lavoro. A priori un lavoro valeva l’altro e non c’era ragione di litigare. Poi però si vide che conveniva non solo dividersi il lavoro, ma anche differenziarlo, cosicché alcune cellule si trovarono a compiere un lavoro più gravoso di altre. Penserete che le abbiano compensate con qualche beneficio extra. Al contrario, il loro lavoro cominciò a essere sottopagato. Col tempo infatti era invalso l’uso di compensare il lavoro con beni materiali che miglioravano la vita di quelli che lavoravano – non tutti infatti lo facevano e alcuni trovavano più comodo vivere sulle spalle altrui. Stranamente, questi ultimi erano anche più rispettati e la gente (vi sarete accorti che non restiamo più parlando di cellule, ma di persone) sembrava contenta di mantenerle col proprio lavoro…

[continua al prossimo postino]

domenica 6 novembre 2011

Questione politica?

[494]
Il funzionamento del cervello tutto è meno che lineare. È la linearità del linguaggio verbale che ce lo fa apparire tale quando proviamo a descriverlo. Adottando il modello dell’attività visiva, immagino che si disponga per così dire su più piani: come comprendiamo con un solo sguardo non solo gli oggetti a distanza focale, ma anche, seppure indistinti, quelli posti su vari piani vicini e lontani, così la mente, nel concentrarsi sul pensiero che momentaneamente la occupa, non abbandona l’universo delle esperienze iscritte nella sua memoria, dal quale trasceglie quelle da utilizzare come sfondo del pensiero presente. Nel caso della mente il processo è certamente assai più complesso, perché, laddove lo sfondo di un’immagine visiva è dato, quello di un pensiero è costruito. Ma da chi? È come se le menti fossero almeno due: l’una per immagazzinare i dati con cui costruire gli sfondi, l’altra per costruirli effettivamente, forse una terza per accogliere –o formulare– i pensieri cui quei dati fanno da sfondo… Il paragone col computer è insufficiente perché dietro il computer c’è una mente che lo manovra e dietro questa una società che la condiziona. Che il funzionamento del cervello sia questione politica?

venerdì 4 novembre 2011

Permanente speranza

[259]
Come ci si sente da vecchi?

Non direi che ci si sente. Ci si vede. Si constata.

Da dentro è come dieci, venti, settanta anni fa. L’Io è restato quello che era: un io tra i tanti. Ma là fuori è un io traballante, incerto, cui il più normale movimento costa fatica e va aiutato, l’occhio vede male, l’udito è debole, la memoria labile. Ma la cosa veramente insopportabili sono i coetanei, specchio deformante di noi stessi, poi ci accorgiamo che non è affatto deformante. Siamo proprio così, con la goccia al naso, come nelle caricature dei vecchi.

Eppure potrebbe essere –e forse è– l’età più bella, più completa perché costruita lungo tutto una vita, arricchita dall’esperienza delle migliaia di persone con cui abbiamo scambiato pensieri e affetti, più le altre migliaia di cui abbiamo letto o sentito dire. Quante cose abbiamo capito o creduto di capire, quanti punti interrogativi ci hanno mantenuto in vita con l’attesa di una risposta, e tuttora ci fanno sperare in un residuo di futuro, perché questa è la vita: permanente speranza nella risposta di domani!

giovedì 3 novembre 2011

Ne vedremo ancora…

[258]
[Nota editoriale: anche se diamo adesso alla luce questo postino, seguendo un criterio di pubblicazione consecutiva, Boris lo ha scritto nel mese di settembre 2010]

L’altra mattina, ascoltando in televisione la consueta Rassegna Stampa, ho appreso che tutti i giornali, quale che ne fosse l’indirizzo politico, aprivano trionfalmente con titoloni a tutta pagina sulla ripresa economica, finalmente avvertibile anche in Italia con l’aumento del PIL. Uno solo, credo fosse il Manifesto, segnalava che questa ripresa della produzione non si accompagnava a una ripresa dell’occupazione né a una crescita dei salari. L’aumento dei guadagni, quello sì, era però immediato. Col tempo si sarebbe visto anche il resto. Per ora non c’era che tirare un sospiro di sollievo.

Per forza –si dirà–: un aumento delle spese avrebbe cancellato i benefici della ripresa! Che quindi è stata avviata dalla compressione del costo del lavoro, cioè all’aumento della povertà. Ovviamente per chi ha poco o nulla, certo non per coloro che, licenziando e trasferendo la loro produzione in paesi con minor costo del lavoro, hanno mantenuto se non accresciuto il loro guadagno. E questo è stato possibile solo alle imprese sostenute da un grande capitale.

Non voglio dire con questo che il capitale provochi le crisi nel proprio interesse, ma credo che, finché il modello capitalistico resterà dominante, di crisi mondiali ne vedremo ancora parecchie e peggiori di questa.

mercoledì 2 novembre 2011

Dieci zoodialoghi coniugali - Lupi


[235]
Maschio alpha – Non mettetevi in testa di fare come vi pare. Qui commando io! Prendo e concedo a mio piacimento. Tu, per esempio, vieni qua. Ah, sei un maschietto… Fa lo stesso, non bado a queste differenze… Prima a me, poi tocca a te. Siamo o non siamo una famiglia? Siete tutti uguali ai miei occhi, solo io non sono uguale, se non come fareste a riconoscermi? La natura è provvida e mi ha fatto diverso da voi anche se da lontano io e voi sembriamo uguali…

Altro maschio – Ma tu sei uguale, anche se ti sei messo in testa di essere diverso.

Maschio alpha – Hai ragione, i diversi siete voi!

Gli altri maschi – Chi sarebbero i ‘diversi’? (Si avventano sul maschio alpha, riducendolo a maschio Z) E ora che facciamo? Chi ha voglia di fare il maschio alpha?

Uno i maschi – E se passassimo il ruolo a una femmina?

Una delle femmine – Per esempio a me, che sono un po’ diversa.

Tutti – Siamo tutti diversi!

L’ex maschio alpha (con un filo di voce) – e per questo siamo uguali.

martedì 1 novembre 2011

Dieci zoodialoghi coniugali (riflessione)

[234]
È opinione diffusa che l’istituto famigliare si incontri solamente presso gli uccelli e alcuni specie di mammiferi. Da ciò si deduce che questo istituto sia indice di un superiore grado evolutivo, o meglio alcune religioni è ideologie hanno preteso di trarre questa conseguenza dall’apparente somiglianza della famiglia umana con certe associazioni animali volte alla conservazione della specie. Anche ammettendo la correttezza di questa interpretazione, va osservato che:
• la famiglia è, anche per l’uomo, solo una delle forme associative “inventate” dall’evoluzione a salvaguardia della specie,
• forme che noi giudichiamo simili alla famiglia si riscontrano anche in gruppi animali tassonomicamente assai lontani dai vertebrati, per esempio tra gli insetti (scarabei con profughi, imenotteri aculeati…),
• animali a noi evolutivamente prossimi non basano le loro forme associative sulla famiglia,
• la maggior parte delle specie viventi, anche quelle sessuate, limita l’attività sessuale allo stretto atto riproduttivo,
• le analogie che talora c’è piacere riscontrare tra comportamenti umani e animali ha per lo più come discriminante la accentuata culturalità dei primi.