domenica 30 dicembre 2012

Ancora diciannove riflessioni su politica, potere, formazione (iv)


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“Ma non è dell’opposizione razionale/irrazionale che vogliamo occuparci e neppure della liceità di un pensiero autocontraddittorio. Il nostro proposito è piuttosto quello di chiarirci sul significato del termine ‘politico’ che riteniamo essere troppo spesso usato, se non a sproposito, certo con dei significati secondi, terzi… che poco hanno a che fare con quello ci piacerebbe fosse il primo…”
“E quale sarebbe?”
“ ‘Politico’, cioè attinente alla polis, alla comunità dei cittadini, in breve alla collettività, la cui ampiezza non è valutabile se non in relazione al territorio considerato. Orbene, ai tempi dell’antica Grecia questo territorio di rado eccedeva le dimensioni di quella che oggi si direbbe una provincia o una regione e quando ciò accadeva, era amministrato per un tempo limitato o in forma alquanto dissimile da una odierna comunità nazionale. Quando poi sia le dimensioni che i modi di governo di avvicinavano a quelli dell’impero romano, anche il significato di ‘politico’ si avvicinò al nostro odierno: voglio dire che il suo asse portante cessò di essere l’interesse della comunità per ridursi a quello dei gruppi di potere, talora a quello di un singolo autocrate, quale che fosse il titolo pubblico che lo giustificava. Da allora cominciò a essere considerato un ‘buon politico’ chi riusciva a far coincidere gli interessi suoi privati con quelli pubblici dei suoi amministrati, e da ultimo, quando, scomparsi gli altri, restò soltanto il suo interesse privato, questo finì per coincidere con il ‘potere assoluto’.
Oggi il discorso politico si mantiene perlopiù entro i limiti concessi dalla democrazia, sebbene questi siano alquanto incerti e pieni di falle. Inoltre la politica è ancora troppo intrisa di ideologia del potere per presentarsi come una forza libera e affidabile. Esiste, può esistere una politica siffatta?”

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