[La ‘scrittura’
bachiana come metafora del pensiero umano. Non per il contenuto di questo
pensiero ma per il suo modo di funzionare. Ascoltando quella musica si ha
l’impressione di percepire sensorialmente il lavoro che il pensiero compie
nella sua normale attività: cessando nelle riserve mentali, trovando,
collegando, distinguendo, inventando, ordinando, scomponendo, ricombinando,
attribuendo o sottraendo significati ecc. La musica, e quella di Bach in
particolare, non tanto genera pensiero quanto è pensiero essa stessa,
cristallizzato nei rapporti di struttura fissati dalla grafia. Ma dalla
fissazione grafica si dipartono infiniti rimandi a cui Bach invita
l’ascoltatore attraverso la densità referenziale del suo messaggio. E qui non
si può fare a meno di considerare l’enorme patrimonio di conoscenze musicali,
filosofiche, teologiche posseduto da Bach e quotidianamente messo a frutto nel
suo lavoro – compositivo nel senso più ampio. Così, a volerci attenere alle sole
competenze musicali, Bach aveva a sua completa disposizione la grammatica
contrappuntistica ereditata dai secoli precedenti (scuole fiamminga e romana),
le ricerche armoniche (cromatismo) del Cinque-Seicento, le tradizioni
strumentali italiani (Frescobaldi, Corelli, Vivaldi), francesi (Couperin), tedesco-settentrionali
(Buxtehude), inglesi (i virginalisti, Purcell); inoltre il teatro da Monteverdi in poi, l’arcaizzante
recitativo di Schütz (Bach non ha mai scritto per teatro ma le sue Cantate e Passioni dimostrano anche in questo campo la sua profonda
conoscenza). Probabilmente la storia della musica non ha da registrare alcun
altro caso di così esaustiva competenza musicale. La singolarità bachiana
consiste però soprattutto nella compressione di tutto questo ‘sapere’ nell’atto
della parole musicale, che quindi,
proprio grazie a tale concentrazione, raggiunge una ‘universalità’ non
ideologica ma effettiva testimoniante dalle infinite contaminazioni,
ibridazioni che si osservano con i più diversi stili e linguaggi, compresi vari
momenti della musica di consumo.
Questa ‘universalità’ di Bach, che
preferisco chiamare ‘apertura una lettura non culturalmente condizionata’, è
ciò che suggerisce la lettura della sua musica come ‘metafora del pensiero
umano’.]