[Dialogante 2] Sicché anche
IMC, come la morale dei moralisti, non fa che richiamarsi alle nostre
responsabilità, simili in questo ai retori della politica, che continuamente
dichiarano ed esortano ad assumersi ciascuno le proprie responsabilità, senza
che nessuno sappia che cosa questo voglia dire.
[Dialogante 1] Se una certa
somiglianza c’è, è però vero che IMC, a differenza dei politici, non solo cerca
di dare un fondamento a questa responsabilità, ma fornisce su richiesta anche
gli strumenti necessari.
[Dialogante 2] In altre
parole IMC gioca a carte scoperte, cosa che ben raramente fanno i politici.
[Dialogante 1] Perché dici
che IMC gioca ‘a carte scoperte’?
[Dialogante 2] Perché
analizza sé stessa nel momento che si esprime.
[Dialogante 1] Che vuoi
dire?
[Dialogante 2] Che le sue
espressioni conseguono sempre a una catabasi
metaculturale composta da
infiniti passi…
[Dialogante 1] … di cui
però solo alcuni – fino all’arresto – effettivamente compiuti…
[Dialogante 2] … ma con l’apertura
potenziale a compierne degli altri, per quanti ne servano.
[Dialogante 1] La catabasi metaculturale non arriva quindi
mai a delle espressioni definitive.
[Dialogante 2] Si tratta di
interpretare convenientemente la parola ‘definitiva’ in rapporto alla nostra
finitezza.
[Dialogante 1] E quale
sarebbe una tale interpretazione?
[Dialogante 2] Una,
appunto, che assegni un limite provvisorio alla ‘catabasi’, cioè alla discesa
lungo l’infinita catena delle cause.
[Dialogante 1] Qualcosa che
mi ricorda Aristotele e Tommasso. Non del tutto estraneo, quindi, alla
filosofia ‘classica’…
[Dialogante 2] … se non
forse per l’arresto…
[Dialogante 1] … che
tuttavia, penso, neppure quei due pensatori così poco ‘relativisti’ avrebbero
rifiutato.