lunedì 31 marzo 2014

Tratta VI.2 – Consolidarle con del cemento



[Dialogante 2]            Visto che il progetto ci cui ci siamo proposti di parlare riguarda le tratte, come si fa a costruirle sulle sabbie mobili?
[Dialogante 1]            Si prova a consolidarle con del cemento.
[Dialogante 2]            Ma se i terreni da congiungere sono mobili, le tratte si discosteranno in poco tempo.
[Dialogante 1]            Si cementificherà anche il terreno intorno.
[Dialogante 2]            Per quanti chilometri?
[Dialogante 1]            Non dimentichiamo tuttavia che il tutto, comprese le sabbie mobili sono solo metafore e non elementi di realtà.
[Dialogante 2]            D’accordo, ma che sarebbe la nostra metafora se non rispecchiassi la caratteristica fondamentale di cui è appunto, metafora, cioè l’instabilità.
[Dialogante 1]            Giusto. Bisognerebbe allora che le tratte compensassero in qualche modo la instabilità del terreno su cui poggiano.
[Dialogante 2]            Per esempio attraverso giunti mobili o materiali elastici.
[Dialogante 1]            E a che cosa corrisponderebbero, fuor di metafora, questi materiali?
[Dialogante 2]            A quelle che abbiamo chiamato ‘ideologie morbide’, contrapposte alle ideologie ‘dure’ che non si adattano ai cambiamenti culturali.
[Dialogante 1]            Penso inoltre che, qualora i terreni fossero di natura diversa, fossero cioè sensibilmente diverse le culture che i ponti dovrebbero congiungere, vadano studiate anche per le culture fasi di transizione estese sia nel tempo che nello spazio (culturale) nonché metodologie che evitino discontinuità troppo accentuate.
[Dialogante 2]            Avrai certo in mente qualche modello metodologico atto a realizzare questi trapassi.
[Dialogante 1]            Ovviamente gli stessi modelli che hai in mente tu: quelli derivati da IMC, che, come sappiamo, è stata costruita proprio allo scopo di mediare tra opposti. (*)
[Dialogante 2]            Ma i modelli metodologici che ci servono sono soprattutto di tipo sociopolitico, religioso e antropologico, mentre i nostri sono prevalentemente pedagogico-didattici.
[Dialogante 1]            Anche se non approfondite nel dettaglio teorico –non siamo tuttologi– si trovano, sparse per tutti i libri delle Indagini metaculturali, sufficienti indicazioni per integrare nelle direzioni volute quanto non compresso nelle tratte.
[Dialogante 2 e Dialogante 1, a due]            Ricordiamo ancora una volta a chi è interessato al nostro lavoro che quanto qui si dice non ha carattere esaustivo, ma intende soprattutto servire da stimolo per proseguire nella ricerca di una via che ci conduca a quella ‘mutazione antropologica’ che, invocata da più parti, trova –credo– nelle Indagini metaculturali una prima formulazione.

* Vedi in proposito le Indagini metaculturali, in particolare il Volume III, L’Ipotesi Metaculturale, ma anche [17] Metaparole nel Volume V, Applicazioni comunicative.

giovedì 27 marzo 2014

Tratta VI.1 – Viviamo sulle sabbie mobili...



[Dialogante 2]            Testo molto precario e instabile.
[Dialogante 1]            Una condizione molto in accordo con i tempi.
[Dialogante 2]            Già, ma ne vorremmo uscire da questi tempi…
[Dialogante 1]            Per ritrovarci dove? In tempi che ritenevamo più stabili e ci hanno regalato guerre a non finire? Meglio la precarietà, che ci costringe a inventare i modi per sopravvivere!
[Dialogante 2]            Vivere di fantasia… Ma non tutti ne sono capaci o hanno voglia di farlo. Molti preferirebbero un po’ meno fantasia e un po’ più di progettabilità, tanto da sapere oggi ciò che presumibilmente accadrà domani.
[Dialogante 1]            Hai pronunciato la parola ‘fantasia’. Ricordo che piaceva a Petrassi, che la usava spesso quando voleva lodare una composizione che mostrava assieme varietà e rigore. Spesso però ci si contenta della sola varietà.
[Dialogante 2]            Il fatto è che della varietà ci si rende conto abbastanza presto, mentre il rigore ha bisogno di  verifiche.
[Dialogante 1]            Verifiche su che basi?
[Dialogante 2]            Su quelle che ci fornisce la tradizione culturale.
[Dialogante 1]            Cioè il rigore sarebbe sostanzialmente garante di conservazione, mentre la fantasia guarderebbe coraggiosamente il futuro?
[Dialogante 2]            Badiamo alle semplificazioni! Ci vuole coraggio anche per conservare, o meglio il coraggio non c’entra niente né nell’un caso né nell’altro. I casi singoli sarebbe bene non valutarli secondo criteri generali, ma secondo le loro caratteristiche individuali.
[Dialogante 1]            Ma proprio qui sta il difficile. Che senso ha una valutazione basata su criteri ricavati dall’analisi dell’oggetto da valutare?
[Dialogante 2]            Forse la cosa comincia a farsi sensata dopo qualche tempo, quando la cultura l’abbia accettata senza neppure analizzarla.
[Dialogante 1]            Sei quindi fautore dell’approccio ‘spontaneo’, preculturale?
[Dialogante 2]            Sai benissimo che un tale approccio non è possibile per IMC. Anche quello che hai chiamato ‘preculturale’ o ‘spontaneo’ non fa altro che servirsi di altri codici, pregressi o appartenenti a una cultura diversa da quella cui appartiene l’oggetto in questione.
[Dialogante 1]            La ‘fantasia’ non inventa codici?
[Dialogante 2]            Ma certo che lo fa. Così come inventa le loro applicazioni. Anzi li modifica a ogni loro applicazione.
[Dialogante 1]            Il concetto di ‘codice’ designa cioè una variabile, non un invariabile stadio finale. Panta rei…
[Dialogante 2]            Anche gli stadi finali, le ‘opere’, potrebbero ulteriormente variare, per esempio nella valutazione culturale…
[Dialogante 1]            … cioè, in quelle che più contano momento per momento.
[Dialogante 2]            Sia come sia, viviamo sulle sabbie mobili.
[Dialogante 1]            La cultura stessa non è che sabbia mobile.

martedì 25 marzo 2014

Tratta V.6 – Presunzione



[Dialogante 2]                  Che ne ricaviamo, da quanto ci siamo detto?
[Dialogante 1]                  Niente che non siano le ovvietà del relativismo.
[Dialogante 2]                  E ormai anche le correzioni apportate da IMC sono poco meno ovvie. Ci fermeremo allora a questo punto?
[Dialogante 1]                  Sarebbe già qualcosa se a questo punto fossimo arrivati tutti, o anche solo in molti. Invece la maggior parte di noi non accetta neppure il relativismo. Il freno delle culture rischia di portarci a una stasi mortale.
[Dialogante 2]                  Ma anche IMC è un’ipotesi culturale e andare oltre allo stato attuale non credo sia possibile.
[Dialogante 1]                  Possiamo però cercare di trarre tutte le conseguenze possibili da IMC, e siamo ancora lontani da questo.
[Dialogante 2]                  Pensi che anche i ponti di cui dovrebbe trattare il libro che non scriverò mai possano essere una conseguenza di IMC?
[Dialogante 1]                  Non vedo come potrebbe non esserlo poiché –sempre allo stato attuale– ogni pensiero pensabile è interno a IMC.
[Dialogante 2]                  Non potrebbe l’idea stessa di ‘tratta’ portarci in una regione nuova, esterna anche a IMC?
[Dialogante 1]                  No, non lo credo.
[Dialogante 2]                  Hai mai sentito parlare di ‘presunzione’?
[Dialogante 1]                  Che c’entra la presunzione? IMC esiste dalla notte dei tempi.
[Dialogante 2]                  È la prima volta che ti sento parlare, a proposito di IMC, di ‘esistenza’.
[Dialogante 1]                  Scusa, siccome siamo tra noi, ho preso una scorciatoia. Sai benissimo che non assegno nessun valore ontologico a IMC.
[Dialogante 2]                  Sì, ma ogni tanto facciamo bene a ricordarcelo, soprattutto se questo progetto dovesse cadere in mani diverse dalle nostre.
[Dialogante 1]                  Bene. Io sarei presuntuoso, tu invece…
[Dialogante 2]                  Ancora una volta la presunzione non c’era. Oltretutto a proposito di un testo che non vedrà mai la luce.
[Dialogante 1]                  Anche tu non consideri il termine ‘ponte’ come particolarmente originale e significativo.
[Dialogante 2]                  No, certamente, ma non si sa mai. Anche un termine come ‘ponte’ –banale se usato metaforicamente– può essere rivalutato da un uso non previsto.
[Dialogante 1]                  E, secondo te, l’uso che abbiamo in animo di fare sarebbe tale da promuoverne una rivalutazione?
[Dialogante 2]                  Cosa vuoi che ne sappia? Non solo non abbiamo il testo che potrebbe farci bene sperare, ma non ne abbiamo neppure il progetto.
[Dialogante 1]                  Potremmo però inventarci un teorema che ci garantisca.
[Dialogante 2]                  Per esempio quale?
[Dialogante 1]                  Ecco: “A qualsiasi proposizione immediatamente derivabile da IMC assegniamo arbitrariamente il valore fittizio vero”.

domenica 23 marzo 2014

Tratta V.5 – Una stessa famiglia



[Dialogante 2]                  Forse è il momento di aprire ancora una parentesi.
[Dialogante 1]                  Questa volta tocca a te.
[Dialogante 2]                  La dottoressa che mi fa le flebo ha un figlioletto di cinque anni, Antonio, gentile e giudizioso, cui ho mostrato alcuni coleotteri della collezione. Avendolo visto incuriosito e desideroso di saperne di più, ho pensato di regalargli una scatoletta con una dozzina di esemplari di varie specie. Lui mi ha domandato se li avevo presi tutti assieme. E io gli ho risposto che no, li avevo preso in luoghi e tempi diversi.
“Allora perché li hai messi assieme?”
“Per darli a te”.
“Se non si conoscono neppure!”
“Se è per questo, non fanno parte nemmeno di una stessa famiglia!”
“Allora questo –e accenna al più grande, un Cervo volante– non è il papà e questa –una Cetonia– la mamma?
[Dialogante 1]                  I segnali che ci vengono dalle cose li interpretiamo in base a ciò che conosciamo. Antonio non ha fatto che adottare i concetti di cui aveva competenza.
[Dialogante 2]                  E noi non facciamo lo stesso? Poi sistemiamo le cose come ci hanno detto di fare.
[Dialogante 1]                  Antonio ha la sua scienza, noi la nostra.

sabato 22 marzo 2014

Tratta V.4 – Il mercato, misura di tutte le cose…



[Dialogante 2]                  Ecco chiusa un’altra parentesi…
[Dialogante 1]                  … che questa volta è meglio collegata al tema dei ponti.
[Dialogante 2]                  Scusa, ma questo collegamento io non lo vedo.
[Dialogante 1]                  Eppure dovrebbe esser chiaro anche a un testone come te che l’universo e quindi anche noi dobbiamo la nostra esistenza a un arbitrio ammantato di necessità.
[Dialogante 2]                  Un’altra delle tue contorsioni logiche a buon mercato.
[Dialogante 1]                  Pensavi, ciò dicendo, di tirarmi una frecciata, mentre mi hai fatto un complimento. Oggi il mercato è misura di tutte le cose…
[Dialogante 2]                  … come un tempo era l’uomo.
[Dialogante 1]                  Un bel tonfo!
[Dialogante 2]                  Forse bisogna prendere le cose per come vengono, senza pretendere di giudicarle.
[Dialogante 1]                  Ma non vengono da sole. Siamo noi a trascinarle dalla parte che più ci conviene.
[Dialogante 2]                  E tu pensi che il mercato ci convenga?
[Dialogante 1]                  Il mercato ci fa crescere…
[Dialogante 2]                  … o fallire.
[Dialogante 1]                  Giusto! E io credo più probabile che ci faccia fallire. Tutti gli indizi vanno in quella direzione: la povertà aumenta, l’inquinamento pure, il pensiero regredisce, crescono le dipendenze, il nostro pianeta non ci sopporta più.
[Dialogante 2]                  Questo lo vediamo tutti…
[Dialogante 1]                  Ma per qualcuno che ci guadagna siamo disposti a chiudere gli occhi. Chissà, domani il guadagno potrebbe toccare a noi e il fallimento a qualcun altro.
[Dialoganti 1 e 2, a due]                  Bell’esempio di solidarietà!

venerdì 21 marzo 2014

Tratta V.3 – La logica vive di…



[Dialogante 2]                  Ecco ora possiamo rientrare nel nostro argomento.
[Dialogante 1]                  Cioè le tratte, le congiungenti, quali che siano le distanze da coprire. Qui farei ricorso a un postulato.
[Dialogante 2]                  E quale?
[Dialogante 1]                  Che, dati due punti in uno spazio qualsiasi, ci sono sempre infinite congiungenti, infinite tratte possibili.
[Dialogante 2]                  E questo sarebbe un ‘postulato’?
[Dialogante 1]                  Perché non dovrebbe?
[Dialogante 2]                  Perché è evidentemente un ‘teorema’, derivato per dicettazione da Def. 3 di IMC e come sai, una proposizione derivata da un’altra non è per definizione un postulato ma, appunto, un teorema, questo almeno secondo la nomenclatura della logica classica, di cui anche qui ci stiamo avvalendo.
[Dialogante 1]                  Permettimi una piccola deroga da questa logica: “È sempre possibile trasformare un ‘teorema’ in un ‘postulato’ con un taglio alla dimostrazione subito dietro l’enunciato.”
[Dialogante 2]                  Mi sembra che la logica te l’arrangi come ti pare.
[Dialogante 1]                  Non ‘come mi pare’, ma secondo necessità.
[Dialogante 2]                  E quale sarebbe questa necessità?
[Dialogante 1]                  La sopravvivenza dell’universo e quindi anche nostra.
[Dialogante 2]                  Continuo a non seguirti nei tuoi voli metalogici.
[Dialogante 1]                  Sei tu a costringermi a questi voli. Se accettassi di considerare ‘postulati’ certe proposizioni e non ‘teoremi’ bisognosi di ‘dimostrazione’, non mi troverei nella condizione di dover ricorrere a questi artifici…
[Dialogante 2]                  Certo che sei bravo a imputare a un altro le magagne tue e solo tue…
[Dialogante 1]                  Imputare a un altro? E tu saresti ‘un altro’?
[Dialogante 2]                  Scusami, talvolta mi confondo. Comunque la tua tesi sulla trasformabilità di un ‘teorema’ in un ‘postulato’ mi sembra alquanto forzata. E poi non ne vedo neppure la necessità e tantomeno il rapporto con la ‘sopravvivenza’.
[Dialogante 1]                  Certo se la cerchi nell’ambito della logica, non la troverai mai.
[Dialogante 2]                  Vorresti indurmi a qualche altra scorrettezza, come se già non ne avessimo fatte abbastanza?
[Dialogante 1]                  Ma la logica vive di scorrettezze! I logici prima le commettono, poi inventano concetti e procedure per nasconderle!
[Dialogante 2]                  Su questo possiamo essere d’accordo.
[Dialogante 1]                  Ci mancherebbe che non lo fossimo!

giovedì 20 marzo 2014

Tratta V.2 – Ogni occasione è buona…



[Dialogante 2]                  Vedo che ogni occasione è buona per divagare.
[Dialogante 1]                  Proviamo allora a rientrare.
[Dialogante 2]                  Prima però mi dovresti chiarire meglio la contraddizione in cui mi pare tu sia caduto ipotizzando una possibile (“forse”) opposizione tra ‘autonomia individuale’ e ‘individualismo’.
[Dialogante 1]                  Per ‘autonomia individuale’ intendo che l’individuo non dipenda da altri nelle sue scelte, mentre l’individualista orienta le sue scelte in modo che puntino tutte su di lui e sul suo vantaggio personale. Per esempio, le scelte possono essere a un tempo autonome e individualiste come quelle di Madre Teresa di Calcutta.

giovedì 13 marzo 2014

Tratta V.1 – Identificazione con il 'tutto'



[Dialogante 1]                  Alcuni anni fa ho scritto una storiella di fantasia che ho incluso poi tra le parabole*, nella quale proponevo un’immagine dell’io stratificata, a partire da un’oscura appercezione quale può averla un neonato, attraverso molteplici stadi di crescente consapevolezza, fino a uno stadio finale di coscienza cosmica, quasi di identificazione con il ‘tutto’.
[Dialogante 2]                  Lo ricordo benissimo.
[Dialogante 1]                  Intendevo in tal modo costruire un ponte tra l’io individuale e il mondo senza mai abbandonare la soggettività, anzi estendendola fino a inglobare il non io dei filosofi idealisti.
[Dialogante 2]                  E a quale scopo?
[Dialogante 1]                  Una volta raggiunto il tutto nell’io, ambedue perdono il loro valore.
[Dialogante 2]                  E perché mai?
[Dialogante 1]                  Perché questo ‘valore’ è dato solo dall’opposizione io/mondo. Una volta caduta questa opposizione, cade l’idea stessa di ‘valore’ e non possiamo più servircene né come arma di offesa né come arma di difesa.
[Dialogante 2]                  In altre parole un passo verso la pace o, se preferisci, verso un’effettiva democrazia.
[Dialogante 1]                  Puoi metterla così, anche se siamo tanto lontani da questa ‘effettiva democrazia’ che finiamo per vederla consumarsi prima ancora di averla vista realizzarsi.
[Dialogante 2]                  forse se fossi un po’ meno massimalista…
[Dialogante 1]                  Val la pena di ‘essere’ qualcosa se non in termini massimali?
[Dialogante 2]                  Tanto ci pensa il mondo a ridimensionarci.
[Dialogante 1]                  E il mondo siamo noi…

*Ich hoch sechs (Io alla sesta)

giovedì 6 marzo 2014

Tratta IV.6 – Autonomia individuale




[Dialogante 2]                  A volte mi sembra che ad aver ragione, o meglio, a voler aver ragione sia solo tu.
[Dialogante 1]                  Dipende dall’enfasi che talvolta metto nelle mia argomentazioni, quando poi la detesto negli altri e mi vergogno quando la osservo in me stesso. L’enfasi sostituisce le buone ragioni e, se per avventura ci sono, le annulla. Invero sono in molti a non credere più nel modello sociale oggi dominante, e con argomenti assai più forti dei miei perché fondati sull’osservazione e la ricerca, mentre io mi baso su ciò che leggo su giornali e riviste più ragionamenti di banale buon senso, alla portata di tutti, che, se non vengono fatti, è solo perché non corrispondono alle cose come vorremmo che fossero. Tra chi mi promette la luna e chi mi vuole convincere che non è mia neppure la terra dove cammino, dò più volentieri ascolto al primo, soprattutto se mi parla con la dovuta enfasi. So che mi sta ingannando e che ad aver ragione è molto probabilmente l’altro, ma… le sue parole sono così rassicuranti e, almeno fino a domattina conviene prenderle per buone.
[Dialogante 2]                  Allora secondo te la gente non sa pensare, è stupida?
[Dialogante 1]                  Non credo che sia stupida; si rifiuta di pensare. Perché pensare stanca e lasciare che qualcun altro pensi al posto nostro ci risparmia questa fatica. Ricordo che, quando ero piccolo, ci insegnavano che a pensare per tutti era solo il Duce perché così aveva voluto la Storia, e non si poteva andare contro la Storia. Più tardi, con qualche ragione in più, ci hanno voluto convincere che la Storia stava da un’altra parte. A esserne esclusa era sempre l’autonomia individuale.
[Dialogante 2]                  Non ti facevo così strenuo difensore dell’individualismo.
[Dialogante 1]                  E non lo sono infatti.  Non intendo affatto l’autonomia individuale come sinonimo di individualismo. Forse addirittura i due termini possono considerarsi opposti l’uno dell’altro.
[Dialogante 2]                  Questa proprio non la capisco.
[Dialogante 1]                  Abbi pazienza. Cercherò di spiegartelo nel prossimo ‘ponte’.