mercoledì 6 ottobre 2010

Le difficoltà di dire SÌ a qualcosa


Nel postini di ieri ho parlato di un Fini, il cui errore politico consisterebbe nell’aver “male interpretato” le spinte autonomisti che oggi assediano da ogni parte il ‘mondialismo’ che sia il grande capitale sia i suoi detrattori vedono come unica soluzione al problema della sopravvivenza.

In che senso Fini sarebbe in ‘errore’ nel proporre un ritorno ai nazionalismi e, soprattutto, esiste una terza via che non veda nel futuro un ritorno prurificato al passato, ma neppure si culli nel sogno di un welfare capitalistico finanziato dalla fame nel mondo?

Sarebbe bello saper rispondere così, su due piedi, a quesiti di questa portata. Al solito, è abbastanza facile dire NO a Fini e a Berlusconi così come altri dicono NO a Bersani, a Di Pietro o a chi volete voi. Le difficoltà cominciando quando si vuole dire SÌ a qualcosa. Il NO regge per generazioni, il sì si logora ai primi ostacoli e affonda in genere in breve tempo, a meno che non indossi una camicia di assolutismo, nero o rosso o bruno che sia. È possibile una stabilità democratica? Gli Stati Uniti sembrerebbero dare una risposta positiva, ma a costi non per tutti tollerabili; enormi dislivelli sociali, razzismo, bigottismo religioso e politico, prepotenza internazionale e così via. Eppure gli Stati Uniti restano tuttora un modello di cui tener conto, quello sovietico essendosi autodistrutto prima del tempo senza lasciare eredi, a meno di non voler considerare tale la Cina, che oggi dovrebbe cominciare ad aver paura di sé stessa e del suo esplosivo sviluppo.

Un modello gli Stati Uniti?
E quale altro sennò?
Forse l’India di cui so poco e niente?
O l’Unione Europea, troppo collusa con il capitale americano?

Credo che il modello di cui abbiamo bisogno tocca costruircelo da noi, ma non ragionando, o meglio non ragionando unicamente al livello dei politici di professione, ma ascoltando ciò che hanno da dire coloro che con la politica di vertice non hanno mai avuto a che fare, dal contadino all’operaio, dallo studente al rocchettaro, dall’imprenditrici alla casalinga, all’insegnante elementare. Come arrivare a un dialogo politico generalizzato, a una democrazia partecipativa?
Anzitutto non demonizzando la politica come nei film americani, ma praticandola fin dai banchi di scuola. Poi studiando dei modelli comunicazionali allargati nell’era di internet e dei blog non dovrebbe essere così impossibile!

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