venerdì 1 ottobre 2010

Definizione 1 di IMC


Ed eccoci di nuovo a IMC, all’Ipotesi Metaculturale. Ma ora, per rispetto verso coloro che non la conoscono, mi tocca ripetere una delle definizioni (perché, come vedremo in seguito, ve ne sono più di una). Scelgo quella più utilizzata, anche se meno precisa:

Definizione 1.

Ogni nostro atto o pensiero, se non altro in quanto possibile oggetto di comunicazione, ha in sé una componente culturale che va relativizzata alla cultura che l’ha prodotta.

Questo che vuol dire?

Che qualsiasi cosa diciamo, facciamo o pensiamo a che fare con una qualche cultura, cioè con un accordo sociale, valido all’interno di quella cultura ma non sappiamo se anche altrove. Quindi non vi sono valori assoluti, validi in tutte le culture?

Sia che rispondiamo sì o che rispondiamo di no, la nostra risposta suona come assoluta. Come mai?

Semplicemente perché l’abbiamo inserita in un sistema logico binario, a due sole uscite, o sì o no. Basta che l’inseriamo in un sistema a più uscite –‘forse’, ‘chissà’, ‘dipende’ …– che l’assoluto scompare. Alcuni saranno contenti di questa sparizione, altri no. Per evitare che si arrivi allo scontro tra i e i no, occorrerebbe un sistema che rassegnasse a ciascuno dei due termini un ambito di validità entro il quale essa possa considerarsi assoluta.

In altre parole un sistema del genere permetterebbe gli assoluti, purché localizzabili nell’Universo degli Universi Culturali Locali.

Ma noi lo conosciamo un universo del genere, o per lo meno sappiamo come costruirlo: per mezzo di IMC! Facendo cioè l’ipotesi di un universo che non si identifichi con nessuno degli UCL (Universi Culturali Locali) ma tutti li comprenda entro un ‘superuniverso’ che abbiamo chiamato UMC (Universo Metaculturale).

Dovrebbe essere chiaro che a nessuno degli UCL e nemmeno a UMC va attribuita un’esistenza reale, né ipotetica, ma solo metodologica, avente come fine la costruzione della pace.

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